Libero in Pakistan un cristiano accusato di blasfemia
Era stato arrestato nel 2023 dopo essere stato denunciato per aver condiviso su una rete social un brano di una lettera di san Paolo
Era bastata la condivisione su una rete social di un brano di San Paolo per essere accusato di blasfemia e rischiare una condanna al carcere o alla pena di morte. Harron Shehzad, un cristiano pakistano, come altri connazionali prima di lui ha dovuto affrontare il carcere e anni di angoscia prima di essere finalmente prosciolto lo scorso 8 novembre. Nel giugno del 2023 Harron era stato denunciato da un musulmano residente nel suo stesso villaggio, Chak 49, per aver condiviso, peraltro senza alcun commento, un post che riproduceva un brano tratto dalla prima lettera di san Paolo ai Corinzi (1 Cor 10, 18-22): “Guardate l'Israele secondo la carne: quelli che mangiano le vittime sacrificali non sono forse in comunione con l'altare? Che cosa dunque intendo dire? Che la carne sacrificata agli idoli vale qualcosa? O che un idolo vale qualcosa? No, ma dico che quei sacrifici sono offerti ai demòni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demòni; non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni. O vogliamo provocare la gelosia del Signore? Siamo forse più forti di lui?”. Il brano è stato interpretato come un insulto a una delle principali feste islamiche, Eid al-Ada, la Festa del sacrificio, durante la quale i musulmani sacrificano degli animali per ricordare il sacrificio di Abramo. Diffusasi la notizia dell’affronto alla loro fede, molti musulmani avevano reagito, tensioni e violenze avevano costretto decine di famiglie cristiane a fuggire. Harron era stato arrestato, aveva ottenuto la libertà su cauzione che però gli era stata quasi subito revocata sotto la pressione di centinaia di musulmani accorsi presso la sede del tribunale giudicante. Grazie al ricorso dei legali offerti al poveretto dall’associazione The Voice Society, che per tutto il tempo ha anche provveduto alla sua sicurezza e a quella dei suoi famigliari, nel novembre del 2023 la libertà su cauzione era stata finalmente concessa. Ma l’incubo è finito soltanto nei giorni scorsi, con la piena assoluzione. “Questa vittoria legale – ha commentato Aneeqa Maria Anthony, l’avvocato che lo ha assistito fin dall’inizio – rappresenta un significativo momento di giustizia, ottenuto in un contesto di pressioni e intimidazioni. Vorrei sottolineare l'estrema vulnerabilità delle minoranze religiose. Oggi Haroon è libero ma temiamo per la sua vita, potrebbe essere vittima di un attacco extragiudiziale. Sono ancora tante e profonde le sfide che affrontiamo per ottenere in questo paese una vera giustizia e parità di diritti nella società pakistana”.

