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LA CRISI

L'europeismo di facciata dei burocrati Ue

I fatti di queste ore dimostrano però che la coscienza solidarista, base fondamentale e imprescindibile del vincolo di appartenenza a un’Unione di Stati, si scioglie come neve al sole tutte le volte in cui ad avere bisogno non sono la Germania e la Francia ma altri Stati come l’Italia.

Politica 14_03_2020

Chi l’avrebbe mai detto che tutte le forze politiche italiane si sarebbero ricompattate nelle critiche all’Unione europea? Eppure è quello che è successo nelle ultime ore. Con accenti e sfumature diverse, tutti i partiti di governo e di opposizione hanno preso le distanze dalla discutibile uscita di Christine Lagarde, Presidente della Banca centrale europea (Bce) a proposito dello spread (vedi altro articolo). Una sortita inopportuna, che ha fatto colare a picco le Borse e seminato il panico su tutti i mercati finanziari.

Ieri, però, Piazza Affari è tornata a respirare e il Ftse Mib ha chiuso l’ultima seduta della settimana con un progresso di oltre 7 punti percentuali. Sono infatti arrivati i chiarimenti della Bce sulla disponibilità ad acquistare Btp e a sostenere i governi più colpiti dall’emergenza Covid-19, anche attraverso la sospensione delle regole del patto di stabilità.

La giornata del 12 marzo è però stata la più nera della storia della Borsa di Milano, tanto da provocare la reazione del solitamente composto Sergio Mattarella, che ha reagito alle parole della Lagarde invocando un’Europa “solidale” e che “non crei ostacoli all’Italia”. Nel sottolineare che la nostra esperienza di contrasto del virus potrebbe tornare utile anche agli altri Stati del Vecchio Continente, il Capo dello Stato ha lasciato trapelare irritazione per la scarsa collaborazione dimostrata in queste ore dall’Unione europea nei confronti del nostro Paese.

Oggi è arrivata anche la reazione sdegnata di David Sassoli, Presidente del Parlamento europeo: «Un brutto risveglio stamattina. Abbiamo visto le reazioni a quest’uscita della Presidente della Bce che mettono molta preoccupazione». Poi ha aggiunto che «le istituzioni comunitarie stanno cercando una risposta comune, e naturalmente la prima risposta è sostenere i Paesi in difficoltà».

Ma sarebbe sbagliato circoscrivere quanto accaduto a un’uscita infelice di chi, a Francoforte, ha preso mesi fa il posto di Mario Draghi. Si tratta, in realtà, della riprova di quanto l’ideale europeista si dimostri astratto e sterile di fronte alle concrete emergenze come quella che stiamo vivendo.

La campagna elettorale per le elezioni europee del 26 maggio 2019 era stata dominata dal contrasto tra europeisti e sovranisti e i timori che vincessero questi ultimi erano motivati proprio dal sospetto che essi volessero riportare le lancette dell’orologio al secondo dopoguerra, agli Stati nazionali, smantellando ogni vincolo europeista.

Il verdetto delle urne è stato chiaro, nel segno della continuità con la gestione uscente, e dunque sono rimasti al timone dell’Unione i sostenitori dell’unità tra gli Stati, contro ogni forma di populismo e di sovranismo.

I fatti di queste ore dimostrano però che la coscienza solidarista, base fondamentale e imprescindibile del vincolo di appartenenza a un’Unione di Stati, si scioglie come neve al sole tutte le volte in cui ad avere bisogno non sono la Germania e la Francia ma altri Stati come l’Italia.

Non dimentichiamo che all’epoca del governo Berlusconi, nell’estate 2011, partì proprio dalla Germania l’attacco all’establishment del nostro Paese, culminato nell’esplosione dello spread e nella formazione del governo tecnico a guida Mario Monti. Le cancellerie europee hanno sempre preteso, quindi, di orientare le vicende politiche nazionali italiane, con l’occhio della speculazione e con le logiche convenientistiche che ben conosciamo.

Ora, però, si mostrano tiepide di fronte ai bisogni impellenti e oggettivi di una nazione, quella italiana, provata più del previsto dall’emergenza sanitaria e costretta a un fermo pressoché totale per ragioni di salute pubblica. L’Unione europea si sta mostrando dunque fragilissima e incapace di scelte unitarie, quando invece ce ne sarebbe un gran bisogno, visto e considerato che il contagio sta lentamente e inesorabilmente raggiungendo tutti gli Stati europei.

Anche gli atteggiamenti di ostilità nei confronti degli italiani da parte di autorità e forze dell’ordine di altre nazioni, vedi l’Austria, smentiscono categoricamente la speranza di una risposta unitaria dell’Unione europea all’assalto potente e penetrante del coronavirus.

Qualcuno addirittura sospetta che dietro l’espansione del virus ci sia la longa manus di chi, oltre Oceano, punta proprio a sgretolare definitivamente l’Unione europea, per costruire un nuovo ordine mondiale fondato su altri blocchi di Stati. E’ ancora presto per intravvedere l’approdo di questa fase storica di profondo cambiamento degli assetti geopolitici, ma evidentemente qualcosa di devastante in Europa sta accadendo e la freddezza dei nostri partner europei di fronte al Belpaese in ginocchio non può che farci amaramente riflettere.