L'Europarlamento dice sì all'aborto e lancia la volata in Italia per le nozze gay
Approvato il Rapporto Panzeri che introduce l'aborto tra i diritti fondamentali e l'incoraggiamento a riconoscere matrimoni o unioni civili per persone dello stesso sesso. Un assist per il PD in Italia alla viglia della discussione in Parlamento del progetto di unioni civili gay. E ancora una volta i "cattolici del PD" votano a favore di una risoluzione anti-vita e anti-famiglia.
- ECCO IL VOTO DEGLI ITALIANI
Negli anni ’90, dissolta la Democrazia Cristiana e con essa il terminale politico dei cattolici italiani, i vescovi optarono per una scelta minimalista: militate pure nel partito che volete, dissero ai politici cattolici, l’importante è che troviate l’unità quando si tratti di votare sui valori fondamentali (vita, famiglia, libertà di educazione, tanto per citare i principali). La prima parte è stata ampiamente realizzata, l’unità sulle questioni fondamentali resta una chimera.
E il voto di ieri al Parlamento Europeo, dove è stato approvato il Rapporto Panzeri sui diritti umani che invoca il diritto all’aborto e spinge i Paesi membri ad introdurre le nozze gay, ne è un illuminante e clamoroso esempio. Ancora più del voto di martedì scorso, quando ad essere approvato è stato il Rapporto Tarabella sull’uguaglianza di genere. Come abbiamo già scritto (clicca qui) i cattolici del PD – con l’esclusione di Morgano e Zoffoli – avevano allora votato a favore prendendo a pretesto la sussidiarietà che comunque il Rapporto Tarabella prevedeva (ovvero il principio per cui ogni Stato decide per sé).
Ieri non c’era neanche quella foglia di fico, e il Rapporto Panzeri è passato con 390 voti a favore, 151 contrari e 97 astensioni. Ancora una volta tra quei 390 voti a favore troviamo anche quelli dei deputati Silvia Costa, Enrico Gasbarra, David Sassoli, Patrizia Toia, che vengono considerati i cattolici del PD insieme a Luigi Morgano e Damiano Zoffoli che invece ancora una volta hanno disobbedito alle indicazioni del Partito e votato contro.
- ECCO IL VOTO DEGLI ITALIANI
A favorire ulteriormente il passaggio della risoluzione c’è anche la deriva del Partito Popolare Europeo che ancora una volta si è spaccato: pur avendo votato contro i singoli paragrafi riguardanti aborto e nozze gay, sul voto finale sono passati da una posizione contraria una settimana fa alla libertà di voto fino all’altro ieri e infine al voto favorevole all’ultimo minuto. Gli italiani del PPE (Forza Italia e NCD), contrari al Rapporto, hanno però fatto mancare all’ultimo il loro peso (e diversi voti) perché diversi esponenti sono tornati a Roma per incarichi di partito.
Eppure il voto di ieri era davvero importante perché ha rappresentato una svolta nell’indirizzo politico europeo: il paragrafo 136 infatti «riconosce il diritto inalienabile di donne e ragazze all’integrità del corpo e a prendere autonomamente decisioni quali, tra le altre, il diritto ad accedere volontariamente alla pianificazione familiare e all’aborto sicuro e legale». È la prima volta che un documento approvato dal Parlamento Europeo introduce l’aborto tra i diritti fondamentali.
È vero che non si tratta di una risoluzione vincolante, per cui gli Stati non devono necessariamente adeguare le loro legislazioni in merito, ma è chiaro che si tratta di una pressione politica molto forte che, ad esempio, servirà per ulteriori attacchi alla possibilità di obiezione di coscienza per il personale sanitario, un istituto già pesantemente sotto assedio. L’approvazione di documenti molto spinti a livello internazionale dà infatti un forte impulso alle lobby locali per ottenere certi risultati politici invocando le decisioni dell’Unione Europea o dell’ONU.
Da notare che anche solo relativamente al paragrafo 136 Costa, Sassoli e Gasbarra hanno votato a favore, mentre la Toia – almeno in questo caso – ha votato contro insieme a Morgano e Zoffoli. Sempre la Toia si è invece soltanto astenuta sull’altro paragrafo controverso, quello che spinge al riconoscimento delle nozze gay. Prendendo atto che c’è un crescente numero di paesi nel mondo che ha legalizzato i matrimoni o le unioni civili fra persone dello stesso sesso (in realtà sono appena 17, non un granché su circa 200 Stati), «incoraggia le istituzioni della UE e gli Stati membri a contribuire alla riflessione sul riconoscimento del matrimonio fra persone dello stesso sesso o delle unioni civili fra persone dello stesso sesso come questione politica, sociale, umana e di diritti civili».
La conseguenza di questo voto potrebbe essere quasi immediata in Italia, visto che è in dirittura d’arrivo la discussione in Parlamento proprio sulle unioni civili, che il Partito Democratico vorrebbe rendere del tutto simili al matrimonio. Il voto di Strasburgo darà ulteriore forza a chi spinge per tale provvedimento. E visto l’indirizzo preso a Strasburgo possiamo facilmente immaginare che per sbarrare la strada a questo progetto non si potrà certo contare sui famosi «cattolici del PD» e sull’unità intorno ai valori fondamentali.