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CONTRO L'ABORTO

L'Europa in marcia, per la vita

A partire dalla vita nascente,
i movimenti pro-life combattono
anche contro l'eutanasia e ogni
forma di manipolazione dell'uomo.

Attualità 12_01_2012
March for life In tutta Europa è un continuo fiorire di marce per la vita. Questo tipo d’iniziativa non ha preso piede solo in Italia, ma in molti altri stati d’oltralpe. L’ultima in ordine di tempo si è svolta a Budapest il 28 dicembre scorso: un migliaio di persone sotto il Palazzo della Presidenza della Repubblica per chiedere una moratoria all’aborto di stato e per lanciare una raccolta firme da consegnare al Parlamento Europeo affinchè si riconosca il diritto alla vita per ogni essere umano sin dal suo concepimento.

In Olanda invece, all’Aia, il 10 dicembre scorso 1.500 persone hanno partecipato ad una marcia
organizzata da tre associazioni protestanti. Anche la comunità ebraica ha fatto la sua parte: alle 13 è stato suonato lo shofar, il corno di montone della tradizione ebraica, in ricordo di tutti i bambini non nati. Bert Dorenbos, l’ex direttore del canale evangelico della televisione olandese ha affermato: “Non vogliamo delle restrizioni alla legge, vogliamo l’abolizione totale dell’aborto in Olanda”.

Il 17 settembre scorso a Berlino si è svolta la Marsch für das Leben
organizzata dal Bundesverband Lebensrecht, una federazione di 14 associazioni tra loro a volte assai dissimili per estrazione culturale e religiosa. La marcia è stata appoggiata anche da alcuni politici locali. Pure in questo caso l’intento era quello da una parte di far pressione sul Parlamento perché cambiasse l’attuale normativa che legalizza l’aborto e dall’altra di attirare l’attenzione della gente sulle nuove e pericolose derive culturali di stampo eutanasico. L’iniziativa tedesca trova un’eco, per affinità di intenti, in quella svizzera chiamata Marsch für s'Läbe, caratterizzata dalla presenza di numerosissimi manifesti in cui un feto chiede: “Per favore, fatemi vivere“.

Particolarmente interessante è stata poi la quinta edizione del Rally for Life svoltosi a Dublino: seimila persone che reggevano striscioni e cartelli i quali recitavano lo slogan della manifestazione: “Conserviamo l’Irlanda libera dall’aborto”. Infatti, insieme a Malta, nella patria di Joyce l’aborto è ancora illegale, sebbene da febbraio 2011 sia in vendita la pillola del giorno dopo che, lo ricordiamo, può avere effetti abortivi. La manifestazione, anch’essa a scadenza annuale, è stata promossa da Youth Defence, Precious Life e Life Institute, insieme ad altri gruppi pro-life. La marcia ha avuto una connotazione fortemente e giustamente politica: in prima fila campeggiavano cartelli in cui si chiedeva al neo-eletto primo Ministro Enda Kelly di mantenere fede alle promesse fatte in tema di bioetica durante la campagna elettorale, promesse chieste durante tutto il 2011 da 30 diverse realtà associative. Una nota a margine: da noi sarebbe impensabile trovare cartelli simili dato che i nostri politici su tutto si sbilanciano fuorchè sui temi della vita, lasciando queste delicate materie al cosiddetto “voto di coscienza”.

Più che una marcia per la vita è stata una sollevazione di massa quella che si è innescata il 28 marzo scorso in ottanta – dicesi ottanta – città spagnole: 150mila persone hanno protestato contro la neo legge Zapatero che allarga ancor di più le maglie dell’aborto procurato.

Assai significativo poi l’impegno dell’associazione Pro Vita di Bucarest. E’ forse il caso più rappresentativo di associazione pro-life di chiara matrice religiosa (sono ortodossi). Il loro statuto fonda teologicamente la battaglia per la vita e l’associazione si segnala per una quantità e qualità di iniziative davvero lodevoli.

Ovviamente anche in Italia le marce per la vita sono seguitissime
: ricordiamo quella romana del 25 maggio scorso, quella di Desenzano e quella, assai importante, che si svolgerà sempre a Roma il prossimo 13 Maggio, organizzata dal Movimento Europeo Difesa vita (Mevd) e dall'associazione Famiglia Domani.

Oltre alle marce nazionali esistono poi quelle che potremmo definire “internazionali”.
E’ il caso di quella parigina, organizzata dal collettivo En Marche Pour la Vie che raggruppa una quindicina di associazioni.  Cade nel mese di gennaio e quest’anno arriverà alla sua ottava edizione. Nelle scorse edizioni erano presenti le delegazioni dei seguenti paesi: Austria, Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Romania, Spagna, Slovacchia. Per l’Italia c’erano alcuni rappresentanti del Movimento per la Vita e dell’associazione Voglio Vivere.

Poi c’è il caso della March for Life che si terrà a Bruxelles il prossimo 25 marzo
e che chiamerà a raccolta realtà associative pro-life di tutta Europa. L’iniziativa è organizzata, come si legge sul loro sito, da “un collettivo di studenti e di giovani professionisti” che “chiedono il diritto alla vita in ogni istante” della vita dell’uomo. Liesbeth Ronsmans, uno dei leader della marcia, afferma: “E’ importante ricevere sostegno da altri paesi, in modo da imparare il più possibile gli uni dagli altri ed è davvero motivante quando i vari paesi lavorano con zelo su questi progetti. […] Come reagire, come organizzarsi: per questo è così fondamentale creare dei network internazionali”.

Le marce per la vita europee hanno alcuni minimi comun denominatori. Innanzitutto a differenza di quelle made in USA sono meno aggressive, cioè mettono l’accento più sull’aspetto costruens che su quello destruens. Ridotto ai minimi termini potremmo dire che sono più per la vita che contro l’aborto. L’indignazione – sentimento giustificatissimo in questo caso – è sostituito dalla gioiosa speranza e fiducia per la vita. Forse sono meno radicali nei toni e nelle richieste e quindi più concilianti rispetto a quelle organizzate oltreoceano.

In secondo luogo, seppur teniamo fermo il punto precedente, queste marce sono l’occasione
per spronare i politici sensibili a queste tematiche a darsi da fare per cambiare le normative abortiste. Fa eccezione, ci pare di constatare, la realtà italiana dove aleggia un ingiustificato timore di non turbare le acque della politica su questo fronte.

In terzo luogo le marce per la vita del Vecchio continente hanno un respiro più ampio
di quelle del Nuovo continente: si mette a tema non solo il problema dell’aborto, ma anche l’eutanasia, la manipolazione degli embrioni, la ricerca sulle staminali, etc.

Infine forse uno degli aspetti più importanti di tali iniziative risiede nel fatto
che le marce per la vita costituiscono un elemento aggregante non solo tra differenti associazioni, che così si trovano a collaborare insieme, ma anche tra varie confessioni religiose e tra credenti e non credenti. Come abbiamo visto le marce sono organizzate da realtà associative appartenenti a fedi differenti che però convergono all’unisono sul tema della difesa della vita. Lo stesso si può dire per quei gruppi dichiaratamente non confessionali: un caso tipico lo abbiamo in casa nostra. Sulla carta il Movimento per la Vita italiano è realtà squisitamente laica (nella realtà dei fatti invece la quasi totalità dei suoi membri è cattolica). Questo con il duplice intento di non confessionalizzare la battaglia per la vita e di permettere anche ai non credenti di condividere i fini proposti dal Movimento. Il fatto che l’impegno per la vita veda coagularsi attorno ad esso persone di differente orientamento religioso o persino atee non deve stupire perché tutti i temi di bioetica sono di per sé trasversali dato che interrogano l’uomo in quanto uomo.

A tal proposito Benedetto XVI, nel discorso tenuto a Colonia il 19 Agosto 2005 rivolto ai rappresentanti delle Chiese protestanti e ortodosse, così si espresse: “Bisogna inoltre riconoscere con gratitudine i risultati costituiti dalle varie comuni prese di posizione su importanti argomenti quali le fondamentali questioni sulla difesa della vita e sulla promozione della giustizia e della pace”. La vita come collante ecumenico.

E in merito al dialogo con i non credenti lo scorso 26 Marzo il Papa
rivolgendosi in un video-messaggio ai giovani sul sagrato della basilica di Notre-Dame a Parigi in occasione di un incontro svoltosi all’interno del progetto “Il Cortile dei Gentili” affermò che la strada principale di collaborazione tra chi crede e chi in ricerca è quella che passa dal rispetto della vita dell’uomo: “Il primo degli atteggiamenti da assumere o delle azioni che potete compiere insieme è rispettare, aiutare ed amare ogni essere umano”. La vita dell’uomo come terreno di comune impegno per il credente e il non credente.