L'esame di Maturità dimentica i ragazzi
A parte il ritorno della poesia, le tracce per la prova di italiano alla Maturità sono state una volta ancora molto deludenti. Concepite da super-esperti che vogliono esperti, ma che non hanno a cuore la necessità dei ragazzi di esprimersi.
Alla prima prova scritta (Italiano) degli Esami di Stato 2014 si assiste al ritorno al classico e alla poesia nell’analisi di testo. Questa, direi, è la vera (forse unica) nota positiva di quest’anno.
Dopo dieci anni viene riproposta una poesia di Quasimodo. Nel 2002 era «Uomo del mio tempo», più comprensibile per un ragazzo, quest’anno è stata scelta «Ride la gazza, nera sugli aranci», tratta dalla raccolta Ed è subito sera. Ripeto che la vera nota positiva è il ritorno della poesia di un classico. Per il resto, però, non capisco questa ostinazione del Ministero che in poco più di tre lustri ha riproposto per ben dieci volte solo quattro autori (tre volte Ungaretti, tre Montale, due Saba, due Quasimodo).
È davvero così povero il nostro Novecento letterario? Certo che no. Bisognerebbe solo riaprire il canone del secolo scorso, far conoscere e far scoprire ai lettori e ai ragazzi una storia letteraria ricchissima e che comprende, tra gli altri, scrittori come Guido Gozzano, Federico Tozzi, Grazia Deledda, Ada Negri, Cesare Pavese, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Giovannino Guareschi, Italo Calvino, Pier Paolo Pasolini, Clemente Rebora, Dino Buzzati, Carlo Emilio Gadda, Carlo Betocchi, Giovanni Testori, Mario Luzi, Alda Merini. L’elenco potrebbe continuare.
Ma mi chiedo io, poi, che fine abbiano fatto due monumenti come Giovanni Pascoli e Gabriele D’Annunzio. È davvero possibile che colui che ha segnato più di ogni altro scrittore il Novecento, intendo proprio D’Annunzio (questo è un giudizio non solo mio, ma di tanti poeti del Novecento, su tutti Montale), non sia mai stato proposto per l’analisi di testo agli studenti come se colpito dall’ostracismo? Una simile posizione può essere dovuta solo a motivazioni ideologiche o da ignoranza sulla cultura del Novecento, non ci sono alternative.
Ora, dopo aver discusso dell’autore proposto per l’analisi, vorrei ragionare un poco sulle domande che accompagnavano la poesia. Queste dovrebbero avere la funzione di provocare la sensibilità degli studenti, in realtà non mi sembrano assolvere bene questo compito (considerazione che, purtroppo, annoto tutti gli anni) per la loro monotonia e ripetitività. Che dire poi della prima domanda: riassumi il contenuto del testo. La poesia non è un brano narrativo, non si riassume, si spiega (dal latino explicare, ovvero, con un’immagine forte e concreta, è come se io prendessi un foglio accartocciato e lo stendessi cosicché si possa capire meglio quanto vi è scritto). Qualcuno lo vorrà dire, una buona volta, a quelli del Ministero (ogniqualvolta sottopongono agli studenti una poesia chiedono loro di riassumerla) che le poesie non sono fatte per essere sintetizzate, sono già spesso ermetiche, criptiche, contengono tanti significati nascosti, quindi si spiegano in modo che vengano sciolti i nodi e le oscurità?
Veniamo ora alle altre tracce. La nostra società, che è diventata una società di esperti, vuole proporre questo ideale anche ai ragazzi e chiede loro giudizi che soltanto professionisti del settore potrebbero esprimere. Un esempio. Leggiamo la tipologia C (Tema di Storia): «L’Europa del 1914 e l’Europa del 2014: quali le differenze? Il candidato esamini le differenze sotto almeno tre dei seguenti profili: forme istituzionali degli Stati principali; stratificazione sociale; rapporti tra cittadini e istituzioni; sistemi di alleanze; rapporti tra gli Stati europei; rapporto fra l’Europa e il resto del mondo». A parte la difficoltà oggettiva dell’argomento proposto, lo studente si avventura in un ambito suscettibile di giudizi estremamente differenti a partire da visioni politiche e ideologiche. Insomma, il ragazzo, anche non ignaro dell’argomento, potrebbe incorrere in una visione non consenziente del docente (ipotesi, credetemi, non così remota).
Per quanto riguarda la tipologia C si chiedeva una riflessione critica su questo pensiero di Renzo Piano: «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile […]. Sono proprio le periferie le città del futuro, quelle dove si concentra l’energia umana e quello che lasceremo in eredità ai nostri figli […]. Le periferie sono la grande scommessa urbana dei nostri decenni. Diventeranno o no pezzi di città?». Insomma, un anno si propone come tema di attualità una riflessione sull’artigianato, l’altro sul villaggio-paese e sul villaggio globale, oggi sulla periferia della città. Mi chiedo, come del resto tutti gli anni: chi ha scelto le tracce vuole vedere come se la possa cavare un maturando con questioni specialistiche, precise, di cui magari ha soltanto sentito parlare? Chi ha scritto le tracce ha dei figli, li conosce, li ha guardati davvero? Oppure insegna, ma allora si confronta sul serio con i suoi studenti? Perché i ragazzi non possono una volta tanto riflettere davvero sulla vita, sull’esperienza, sull’uomo?
Per concludere prendiamo in considerazione la tipologia B (saggio o articolo di giornale). L’ambito socio-economico proponeva «Le nuove responsabilità» con documenti sul cambiamento del clima, sul controllo delle nascite, sulla cittadinanza mondiale. Un argomento ecologista in cui è facile cadere in luoghi comuni e, nel contempo, in contrapposizioni ideologiche. Insomma, sconsiglierei agli studenti di affrontarlo all’Esame di Stato. L’ambito tecnico scientifico propone una volta ancora il tema della tecnologia. Cambia il titolo («Tecnologia pervasiva»), ma non la sostanza. Manca un po’ di fantasia nelle tracce.
L’ambito storico-politico propone «Violenza e non violenza nel Novecento». Belli i documenti, difficile, però, per le conoscenze di un diciottenne non cadere nello scontato, nella retorica e nella sterile rielaborazione dei documenti forniti. Bella, infine, è la traccia su «Il dono» (ambito artistico-letterario). Questa è la proposta che preferisco insieme all’analisi di testo. Queste due permettono meglio di valorizzare l’impegno, lo studio e le capacità di un ragazzo che durante l’anno ha lavorato seriamente. Certo, invece, chi non ha studiato Letteratura italiana, Storia, Arte e le altre discipline, chi non si è impegnato nel raffinare la propria sensibilità letteraria magari si è sentito libero di scegliere argomenti sconosciuti o ripetuti fino alla nausea (tecnologia pervasiva). Ho dei dubbi, però, in questo caso che la prova rappresenti effettivamente la valutazione di un percorso avvenuto.
Ma mi chiedo allora una volta ancora: perché non dare ai candidati una reale possibilità di scelta tra più prove, proponendo argomenti che effettivamente un ragazzo dovrebbe aver studiato, rielaborato, su cui dovrebbe aver riflettuto in modo da possedere un’idea sua?