Leone XIV da Mattarella, un'occasione mancata
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Motivo dell'incontro ufficiale di un Papa con un Presidente della Repubblica è parlare della collaborazione tra Chiesa e Stato, ma ognuno nel suo ruolo. Nell'incontro di ieri al Quirinale però, nel bel discorso di Leone XIV, mancava qualsiasi riferimento alla religione che è il proprio della Chiesa.

Ieri papa Leone XIV ha incontrato in visita ufficiale al Quirinale il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Questi incontri ufficiali tra un Pontefice e un Presidente della Repubblica sono occasione per parlare della collaborazione tra Chiesa e Stato e ribadirne la necessità e l’utilità. Non si tratta solo di evidenziare lo stato concreto di questi rapporti, le convergenze di vedute su questo o quest’altro tema di attualità, dalle immigrazioni alla pace per esempio, ma anche per mostrare la specificità dell’apporto che i due soggetti danno alla collaborazione stessa.
La Chiesa, infatti, collabora come Chiesa e lo Stato collabora come Stato. In altre parole, oltre agli argomenti di comune interesse, dovrebbe farsi vedere anche i punti di vista diversi da cui quegli argomenti vengono visti. Nel caso della Chiesa il punto di vista principale dovrebbe essere quello religioso oltre, naturalmente a quello morale. Questo perché la Chiesa, che pure ha un compito di difesa, garanzia e conservazione anche della morale naturale, ha per missione una salvezza ben più ampia della semplice giustizia umana. Il suo sguardo non si allontana con ciò dalla realtà umana concretissima, ma vi penetra maggiormente proprio perché non vi si limita, ma assume uno sguardo di maggiore respiro. Quando la Chiesa non si riferisce solo alla sapienza umana ma anche a quella sapienza che viene da Lassù, dà il proprio contributo anche alla sapienza umana e perfino politica. Per questo è giusto e opportuno che essa parli allo Stato, come capita in questi incontri di altissimo livello, e che lo faccia da Chiesa.
Lo Stato, dal canto suo, deve fare lo Stato, ossia parlare del bene comune e, alla luce dei principi della morale politica, indicare cosa la ragione politica dice di fare nelle situazioni del momento che interpellano la comunità nazionale. Però non dovrebbe ascoltare solo la propria voce, ma anche quella religiosa e morale insieme della Chiesa. Il Presidente della Repubblica deve fare il Presidente della Repubblica e non il Papa. Ciò non toglie però che egli si dimostri interessato, non solo personalmente ma anche istituzionalmente, alla voce della Chiesa, da intendersi come un sostegno a rafforzare la ragione politica che gli è propria e un invito ad approfondirla e ad ampliare il suo orizzonte. Non sarebbe opportuno che l’ambiente cosiddetto laico in cui avviene un incontro di vertice tra Chiesa e Stato – in questo caso il palazzo del Quirinale - impedisse alla Chiesa di pronunciare parole proprie della Chiesa, ossia religione e morali, sia che questo divieto venisse dallo Stato sia che venisse dalla stessa Chiesa. Il rispetto e la collaborazione reciproci richiedono che i due soggetti non si collochino sullo stesso piano, ma rimangano ognuno al proprio livello.
Se si esaminano i due discorsi di Leone XIV e del Presidente Mattarella pronunciati ieri si ha l’impressione che tutti e due abbiano voluto adoperare uno stesso linguaggio e bisogna riconoscere che questa è una tendenza che ormai si segnala da tempo.
Papa Leone ha ringraziato lo Stato italiano per i tanti aiuti forniti alla Chiesa, soprattutto per il Giubileo; si è riferito alle tradizioni religiose degli italiani e alla lunga storia della fede cristiana nel Paese, ha anche ricordato che tra qualche anno si celebrerà il centenario dei Patti Lateranensi (1929-2029) che hanno permesso alla Chiesa cattolica e allo Stato italiano di «collaborare per il bene comune a servizio della persona umana, la cui dignità inviolabile deve sempre stare al primo posto nei processi decisionali»; come è naturale, si è riferito anche all’obiettivo della pace; si è diffuso sulla questione ambientale ed ecologica secondo la linea tracciata da Francesco; ha chiesto di lavorare a favore della natalità e ha riaffermato il principio «del rispetto e della tutela della vita, in tutte le sue fasi, dal concepimento all’età avanzata, fino al momento della morte». Infine, non poteva mancare l’accenno all’accoglienza dei migranti.
Si è trattato di un bel discorso nel quale sono stati indicati molti punti di collaborazione, anche se generici. C’è stato anche il coraggioso accenno al tema della difesa della vita, proprio mentre vaga per il Parlamento italiano un disegno di legge sul suicidio assistito. Papa Leone ha altrettanto coraggiosamente chiesto di «difendere la memoria che ci ha preceduto» e di «far tesoro delle tradizioni». Quest’ultima sottolineatura oggi può risultare controcorrente in molte questioni.
Nonostante tutto ciò, però, si rimane colpiti dalla completa assenza nel discorso di Leone XIV di ogni anche minimo riferimento alla religione, per la quale egli è Primate d’Italia. Lo stesso discorso avrebbe potuto venire pronunciato da un’autorità laica. In fondo lo avrebbe potuto anche leggere il presidente Mattarella. La cosa può suscitare la falsa impressione che il piano sul quale la Chiesa italiana si impegna sia quello della giustizia e della solidarietà umane e che essa possa essere utile alla nazione solo occupandosi di quelle dimensioni della vita comunitaria. Certamente non era questa l’intenzione del Papa però, nell’anno centenario della Quas primas di Pio XI sulla Regalità sociale di Cristo, almeno una benedizione finale in nome di nostro Signore ci sarebbe stata bene.