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DICHIARAZIONI

L'Eni è una branca dell'intelligence? Lo dice Renzi

Renzi, preso dalla sua furia di esternazioni, ha dichiarato in Tv, a Otto e Mezzo che l'Eni è importante per la nostra intelligence. Se si diffondesse l'idea che i suoi uomini sono "spie", le conseguenze sarebbero gravi.

Politica 08_04_2014
Renzi a Otto e Mezzo

Alzi la mano chi non sapeva, o non immaginava, che le grandi compagnie energetiche internazionali costituiscono uno strumento di penetrazione politica, commerciale e strategica dei rispettivi Paesi cui fanno capo. Dai tempi delle “sette sorelle” ogni Paese ha utilizzato il peso delle sue grandi società energetiche attive in diverse aere del mondo per dare impulso e sostegno alla propria influenza. Oggetto di inchieste giornalistiche e a volte di interrogazioni parlamentari , questi rapporti non sono mai stati definiti in modo palese e schietto da esponenti governativi, almeno fino alle esternazioni di Matteo Renzi che venerdì sera a  “8 e mezzo” ha scatenato reazioni e polemiche parlando dell’Eni.

«Ieri a Londra mi hanno detto che potrei vendere l’Eni» ha detto il Presidente del Consiglio a Lilli Gruber. «Eh no, noi non vendiamo i nostri gioiellini. Non pensate che noi siamo terra di conquista» ha detto Renzi aggiungendo che «l’Eni è oggi un pezzo fondamentale della nostra politica energetica, della nostra politica estera e di intelligence. Cosa vuol dire intelligence? I servizi, i servizi segreti. È un pezzo fondamentale della nostra credibilità nel mondo». La palese associazione tra attività dell’ENI e servizi d’intelligence italiani è senza precedenti e l’esternazione , per così dire “dilettantesca”, non poteva non suscitare dure reazioni nell’opposizione.

«Ma si rende conto di quello che ha detto?» ha tuonato Renato Brunetta (Forza Italia). «Quella di Renzi è una frase sconcertante a livello nazionale e internazionale, fatta nei confronti di una grande multinazionale dell’energia, quotata in borsa. Siamo veramente senza parole. Come giustifica Renzi questa affermazione? Cosa voleva dire riferendosi a politica di intelligence e a servizi? Che tipo di intelligence? Che tipo di servizi? Intelligence commerciale, geopolitica, sul terrorismo? È proprio di una società quotata in borsa fare intelligence e occuparsi dei servizi? E quando l’Eni partecipa ad una gara internazionale la vince per la sua capacità tecnologica, per la sua capacità di competere o per la sua intelligence? È assolutamente inaudito, aberrante».

Brunetta teme che Renzi si sia fatto prendere la mano ipotizzando che «nell’ubriacatura di slogan e battute ha perso la percezione del peso delle proprie parole». Non fa sconti neppure l’ex sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto, coordinatore di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale, sostenendo che l’affermazione di Renzi «potrebbe essere usata da qualunque concorrente, all’estero, per bloccare contratti o gare» e ipotizzando il reato a carico del premier di rivelazione di segreti di Stato.

La gaffe di Renzi è grave per diverse ragioni anche se è scontato che l’Eni sia oggi azienda di Stato più presente nel mondo, soprattutto in aree delicate e ad alto rischio in Africa e Asia e di conseguenza rappresenti una parte consistente della nostra politica estera. Logico immaginare anche che il colosso energetico abbia rapporti con gli organismi di sicurezza dello Stato ma il tema è di quelli da mantenere nella più stretta riservatezza da parte degli organismi istituzionali. Per fare un esempio che può risultare calzante è noto che l’Italia, come altri Paesi, ha pagato riscatti per far liberare connazionali in ostaggio a pirati e terroristi ma gli organismi dello Stato lo hanno sempre negato per non indebolire la posizione dell’Italia. Così oggi rivelare che l’Eni «è un pezzo fondamentale dell’intelligence» non potrà che nuocere all’azienda, ai servizi segreti e al Paese.

Con conseguenze potenzialmente gravi se in molti Paesi si diffondesse il dubbio che gli uomini dell’Eni siano in realtà “spie”. L’uscita di Renzi potrebbe costituire un bel regalo alle compagnie energetiche internazionali rivali dell’Eni e rappresenta una gaffe inspiegabile per un premier che tra l’altro non ha finora dimostrato molta sensibilità nei confronti degli apparati militari e d’intelligence. Se così non fosse il governo avrebbe trovato il tempo di nominare il nuovo direttore dell’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna), posizione vacante dal 20 febbraio scorso, cioè dal pensionamento del generale Adriano Santini. Dopo un mese e mezzo a Forte Braschi sono ancora in attesa di un direttore al punto che il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) ha espresso a fine marzo “forti perplessità” per i ritardi dell’esecutivo. Che evidentemente, gaffe a parte, non attribuisce al dossier intelligence molta importanza nonostante i fatti di Libia e Ucraina dimostrino che questo non è certo il momento migliore per lasciare senza direttore i servizi segreti.