L’enciclica antimoderna di Pio XII mai pubblicata
Papa Pacelli lavorò a una nuova enciclica che avrebbe dovuto riprendere e completare le condanne contenute nella Humani generis del 1950, ma non riuscì a pubblicarla per il sopraggiungere della morte.
L’Abbé Claude Barthe pubblica nel suo blog Res Novae un importante articolo su una bozza di enciclica a contenuto antimoderno prevista da Pio XII ma poi interrotta a seguito della morte del Pontefice. La cosa è emersa dopo l’apertura nel 2020 degli Archivi vaticani fino al 1958. In quegli archivi si scoprirono testi e schemi di una nuova enciclica che avrebbe dovuto riprendere e completare le condanne contenute nella Humani generis del 1950. Barthe informa che due ricercatori, suor Sabine Schratz OP e Daniele Premoli, si sono dedicati allo studio di questo progetto e già nel 2024 hanno pubblicato nel Journal of Modern and Contemporary Christianity un articolo dal titolo: “L’Enciclica Pascendi dei tempi moderni. Il progetto per l’ultima enciclica di Pio XII (1956-58)”. Il progetto iniziale, poi non andato in porto, avrebbe voluto commemorare nel 1957 i 50 anni dell’enciclica Pascendi Dominici gregis di san Pio X.
Don Barthe ricostruisce la situazione teologica di quei tempi, ricorda le questioni aperte dalla Nouvelle theologie, le discussioni in seno all’assemblea dei vescovi francesi del 1957 e la polarizzazione in due schieramenti: da un lato un “progressismo” dalle diverse sfumature e dall’altro gli “integralisti”. Secondo Barthe si trattava di una situazione simile a quella del Concilio e del post-Concilio. Il clero francese che apparteneva alla seconda di queste ali, pur essendo in minoranza in Francia, era collegato agli esponenti dei teologi romani molto vicini al papa: «Ovvero i domenicani Réginald Garrigou-Lagrange, Marie-Rosaire Gagnebet, Luigi Ciappi, i gesuiti quali il moralista Franz Hürth, Sébastien Tromp, il francescano Ermenegildo Lio, il religioso stigmatino Cornelio Fabro, il carmelitano Philippe de la Trinité e sacerdoti secolari come Pietro Parente, Pietro Palazzini, Dino Staffa e Antonio Piolanti».
In questo contesto, nel 1956, emerse l’idea della nuova enciclica di condanna della Nouvelle theologie della quale don Barthe illustra le varie fasi, fino allo schema dal titolo assai significativo Cultum Regi Regum (Culto del Re dei re) che egli sintetizza così: «Il progetto aveva assunto la forma di una prosecuzione e di un approfondimento dell’Humani generis. Il testo affrontava tutti gli ambiti della vita ecclesiale, morale e sociale, esponendo, cinquant’anni dopo Pascendi, “l’eresia globale della modernità”, ovvero l’accettazione di una frattura tra la società e Dio».
Pio XII avrebbe voluto chiudere il suo pontificato con un’opera testamentaria che riprendesse la Pascendi di san Pio X e che chiudesse definitivamente la porta al modernismo, ma non fece a tempo.


