"L'eldorado è in Africa": gli appelli inascoltati dei vescovi
Mentre al di qua del Mediterraneo si continuano a sostenere i doveri e i benefici dell’accoglienza, incentivando l’emigrazione clandestina, sulla sponda africana, tutte le conferenze episcopali e alcuni governi sono impegnati a prevenire e scongiurare l’emigrazione illegale. Perché "la cultura del'emigrazione deve finire". Un fatto che in Italia non è mai stato considerato.
Dal 1° gennaio al 7 aprile 2017 gli sbarchi in Europa sono stati 32.352, oltre l’82% dei quali sulle coste italiane: 26.657 in tutto, 35,74% in più che nello stesso periodo del 2016. Nove dei dieci maggiori paesi di provenienza dei nuovi arrivati sono africani: per un totale di 17.311 persone, quasi l’86%.
Tuttavia ancora si parla di accoglienza, illimitata, di ponti e niente muri. Il 18 febbraio a Barcellona si è svolta una manifestazione organizzata dall’associazione “Casa nostra casa vostra” per affermare il diritto di tutti a essere accolti e ospitati in Europa, anche e soprattutto di chi entra illegalmente, e per contestare la distinzione tra emigrante e profugo. Il 21 febbraio, partecipando a un forum intitolato “Migrazioni e pace”, il Papa ha riassunto il suo pensiero con quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Le migrazioni – ha spiegato – non sono un fenomeno nuovo, “nel corso della storia hanno contribuito all’incontro tra i popoli e alla nascita di nuove civiltà”.
Se dunque al di qua del Mediterraneo si continuano a sostenere i doveri e i benefici dell’accoglienza, di fatto incentivando l’emigrazione, anche quella clandestina, non così sull’altra sponda, in Africa, dove invece tutte le conferenze episcopali e ormai persino alcuni governi sono impegnati a prevenire l’emigrazione, a scoraggiarla. È il caso della Costa d’Avorio, ad esempio, quarto paese per numero di emigranti, 2.618, arrivati in Italia nei primi tre mesi del 2017. La Commissione episcopale per gli emigranti, l’apostolato del mare e il turismo ha avviato, in collaborazione con il governo ivoriano, delle iniziative di sensibilizzazione rivolte soprattutto ai giovani, che costituiscono la maggioranza degli emigranti illegali, con l’obiettivo di dissuaderli dal partire informandoli sui rischi a cui vanno incontro. A tal fine Padre Célestin Ikomba, segretario generale della Commissione, si incontra periodicamente con le “Commissioni giovani” delle parrocchie: “L’intenzione – spiega – è che le parrocchie, che sono frequentate da molti giovani, diventino luoghi in cui è possibile ottenere informazioni attendibili sui pericoli dell’emigrazione illegale”.
Anche il governo ha creato un organismo incaricato a sua volta di fornire informazioni e di prendersi cura degli emigranti che rientrano in Costa d’Avorio non essendo riusciti per qualche motivo a raggiungere l’Europa: ad esempio, perché arrestati in Libia e rimpatriati, come è il caso dei 151 ragazzi arrivati ad Abidjan il 21 marzo. Il Centro d’accoglienza, informazione, orientamento e accompagnamento degli emigranti, tra l’altro, ha da poco iniziato una serie di incontri in tutto il paese nel corso dei quali vengono fornite testimonianze di emigranti clandestini, realizzate anche proiettando dei filmati sulle condizioni estremamente difficili e pericolose dei viaggi. “Coinvolgiamo in questi incontri dei sacerdoti, degli imam e dei capi tradizionali – spiega Cynthia Ekra, il direttore del centro – vogliamo che i giovani capiscano che l’Eldorado non è l’Europa, l’Eldorado può essere qui”.
“Il mio Eldorado è il Mali” è anche il titolo della campagna contro l’emigrazione clandestina avviata in Mali nel 2014 per mettere in guardia la popolazione sul rischio di lasciare il paese ricorrendo ai trafficanti di uomini. L’obiettivo del governo inoltre è far capire che anche l’emigrazione regolare non è la soluzione ai problemi economici e sociali del paese: “Per quanto le rimesse svolgano un ruolo molto importante nell’economia nazionale – ha spiegato il Ministro dei Maliani all’estero Aderahamane Sylla durante la cerimonia di presentazione della campagna – tuttavia non rappresentano una soluzione, la cultura dell’emigrazione deve finire. I cittadini del Mali devono fare di più per lo sviluppo del loro paese”. “Il mio Eldorado è il Mali. Stop all’emigrazione irregolare” è la scritta che campeggia sui grandi manifesti disseminati nelle strade della capitale Bamako che mostrano una barca di emigranti in navigazione.
È urgente, necessario informare: dei pericoli che gli emigranti illegali corrono affidandosi alle organizzazioni dei trafficanti, delle condizioni in cui sono costretti a viaggiare; e poi della mancanza di prospettive, una volta giunti a destinazione, perché pochi troveranno un lavoro regolare e gli altri dovranno ripiegare su lavori mal pagati, precari, in nero, illegali o sperare nell’assistenza pubblica e privata per sopravvivere. Questo aspetto, questo strumento nel contrasto dell’emigrazione illegale in Italia è stato finora poco considerato.
L’Unione Europea si è impegnata ad aiutare finanziariamente il Mali a creare posti di lavoro e a rafforzare i controlli alle frontiere. L’accordo prevede anche la collaborazione del governo di Bamako per il rimpatrio degli emigranti maliani irregolari. Il Collectif Bi-Ton, una rete di circa 40 associazioni con oltre 60.000 iscritti, protesta sostenendo che la diaspora maliana offre al paese un grande apporto finanziario, tecnologico e intellettuale che in questo modo andrà perduto. Pertanto vuole che il governo rompa l’accordo con l’Ue. Non la penserebbe così se sapesse che cosa vuol dire servirsi dei trafficanti per emigrare illegalmente e se fosse informata sulle reali opportunità di integrazione economica in Italia e nel resto d’Europa.