“Legge non abortista”: così il Giovanni Paolo II scivola sulla 194
La trasmissione promossa dall'Istituto Giovanni Paolo II per la Giornata per la Vita ha presentato la legge 194 come una legge buona, portatrice di diritti aggirando i tanti inganni che invece promuove. In particolare problematici gli interventi del teologo Pier Davide Guenzi e del giornalista Arnaldo Casali nel corso dei quali è perfino emerso che «La 194 non è una legge che considera l’aborto un diritto civile».
In Italia sono vigenti due leggi 194: la «194» e la 194 bis». La prima è quella varata nel 1978 dal Parlamento italiano. La seconda è andata a costruirsi negli ultimi tempi ed è stata varata da molti cattolici. La prima è reale, la seconda immaginaria e afferma esattamente il contrario di ciò che dice in realtà la 194.
Una prova esemplare della esistenza della «194 bis» ci è stata fornita domenica scorsa dalla puntata dal titolo «Libertà è vita», che riprende il titolo della 43esima Giornata per la vita celebrata nello stesso giorno, puntata del programma «Adesso in onda GP2» trasmesso sui canali istituzionali Facebook, Youtube del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze su matrimonio e famiglia e sul sito del medesimo Istituto (la puntata può essere rivista qui). Dunque ciò che si è detto in quella puntata impegna lo stesso Istituto.
La tematica messa sotto la lente di ingrandimento era l’aborto, con tanto di testimonianza di una donna, Loredana Franza, la cui madre era stata tentata dal dubbio di abortire. A questa testimonianza la Bussola ha dedicato un apposito articolo. Qui, invece, noi ci soffermeremo sulle affermazioni relative alla 194, affermazioni a dir poco coraggiose, fatte dal presentatore Arnaldo Casali e dall’ospite, il sacerdote Pier Davide Guenzi, ordinario di Teologia morale del matrimonio e della famiglia al Giovanni Paolo II.
UNA LEGGE CIVILE?
Come premessa sottolineiamo il fatto che in un’ora di intervista è mancata una condanna esplicita dell’aborto e della 194, anzi questa, come vedremo, è stata incensata. Casali afferma: «La 194 non è una legge che considera l’aborto un diritto civile. […] La 194 non sancisce il diritto ad abortire. La legge 194 non è una legge abortista».
Gli fa eco Guenzi: «Lo spirito della legge, giustamente, non è quello di autorizzare entro limiti chiaramente fissati, entro perimetri precisi la possibilità di ricorrere alla interruzione volontaria della gravidanza». Possiamo rispondere che invece la 194 qualifica la pratica abortiva come diritto almeno per due motivi.
Primo: prevede il dovere in capo alle strutture ospedaliere e affini di procurare l’aborto se richiesto dalla donna. E laddove c’è un obbligo giuridico vuol dire che da qualche parte in capo a qualcuno – in questo caso la donna – esiste la titolarità di un diritto.
Secondo motivo: negli anni ormai non si contano più le cause civili per risarcimento danni per nascita indesiderata. Il risarcimento viene chiesto e, il più delle volte, ottenuto perché è stato leso il diritto della donna di essere informata sullo stato di salute del nascituro, impedendo alla stessa di poter abortire. Quindi il diritto all’informazione clinica poggia sul diritto all’aborto. Ergo la 194 è una legge abortista.
AUTODETERMINAZIONE DELLA DONNA
Casali così continua: la 194 «non è assolutamente una legge che considera l’aborto un’espressione di autodeterminazione della donna», bensì «una legge che sostiene che l’aborto sia un atto estremo per situazioni estreme, per situazioni particolarmente drammatiche, non può essere una delle due opzioni da scegliere. […] È una legge che considera l’aborto un rimedio estremo ad una situazione estrema, non una delle due opzioni. ’Sono incinta. Che faccio? Lo tengo o non lo tengo?’ Invece la 194 dice: ’Tu lo tieni’».
Parimenti Guenzi dichiara che erroneamente «la legge è stata interpretata nella logica del diritto di autodeterminazione della donna». In breve parrebbe che la 194 spinga in tutti i modi perché la madre tenga il bambino e consenta l’aborto solo in casi limite. È esattamente il contrario. Secondo l’art. 4 della 194 si può abortire quando si verificano «circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito».
Qualche esempio di lesione della salute psicologica indicata dalla 194 e legittimante l’aborto: problemi economici (non si ha un lavoro oppure lo si ha, ma il reddito non è giudicato sufficiente), il marito o fidanzato hanno lasciato la donna, i genitori e/o il padre del bambino sono contrari al prosieguo della gravidanza, la presenza di altri figli, si crede di essere troppo giovani o troppo vecchie per diventare madre, si giudica il momento non opportuno per mettere al mondo un figlio, il nascituro ha qualche patologia anche lieve o c’è solo il sospetto che il bambino sia malato.
Tralasciando il fatto che questi motivi possono essere solo asseriti (ad esclusione naturalmente dello stato di salute del feto), dato che non si esige che siano provati, evidenziamo che tutte le circostanze appena indicate non sono eccezionali, ma ordinarie. E siamo nel cuore della 194, esattamente nel dettato dell’art. 4 della 194 (senza tener conto che si può abortire anche dopo il 90° giorno). Dunque, dato che si può abortire sempre e non solo in casi eccezionali, cosa è che fa la differenza tra la scelta di abortire o di non abortire? La decisione della donna. Ergo uno dei cardini della legge è proprio il principio di autodeterminazione della donna, principio invece non riconosciuto come fondante questa normativa dal duo Casali-Guenzi.
Successivamente si tira fuori il frusto argomento che la 194 prevede strade alternative alla scelta abortiva. Una risposta articolata meriterebbe più spazio perché occorrerebbe analizzare bene l’articolato della 194, ma in sintesi possiamo così rispondere. Il personale obiettore ex lege 194 è estromesso da tutto l’iter abortivo e quindi le donne che vogliono abortire chi incontreranno, ad esempio, nei consultori? Ovviamente personale medico abortista. E volete che quest’ultimo si sforzi per persuadere la donna a tenere il bambino? Inoltre i doveri di attivazione in capo ai consultori per stornare la donna dalla decisione di abortire o sono di facile soddisfazione e non incidenti (vedi l’informativa sui diritti della gestante), o sono generici e quindi anche in questo caso facilmente attuabili («contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza»: basta una parola amica detta alla donna per soddisfare questo onere), o sono opzionali. Ma soprattutto sono in primo luogo obblighi non verificabili: operatore e donna che decide di abortire vogliono entrambi la stessa cosa, ossia l’aborto. E quindi perché la donna dovrebbe denunciare l’operatore se non ha provato a convincerla a tenere il bambino? In secondo luogo per buonissima parte di questi doveri non è prevista sanzione alcuna: è un dovere senza pena, non è un dovere.
LA LEGGE DICE: TU ABORTISCI
Proseguiamo. Sia il conduttore che l’intervistato affermano che la vera ratio della 194 sarebbe la tutela della vita perché è questo che si legge nel titolo della legge - «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza» - e nell’art. 1: «Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite».
Risposta a flash. Primo: nel titolo della legge compare anche l’aborto. Secondo: la legge tutela la maternità come «procreazione cosciente e responsabile». Responsabilità, secondo la legge, è anche decidere di abortire. Terzo: la legge «tutela la vita umana dal suo inizio», ma, mancando l’indicazione nella legge di quando inizia la vita umana, manca anche la tutela della stessa. Quarto ed è l’aspetto più importante: il titolo della 194 e l’art. 1 sono specchietti per le allodole. La 194 nel primo articolo ci dice che tutela la vita e poi negli altri 21 articoli (ad eccezione del 9 che riguarda l’obiezione di coscienza) ti dice come uccidere tuo figlio in modo legale. È come avere una bottiglia che riporta in etichetta la parola «Barolo» e poi dentro c’è solo veleno.
Detto in altri termini: facciamo finta che esista una legge dal titolo «Norme per la tutela del popolo italiano e sull'interruzione volontaria della vita altrui di persona italiana». Chi avrebbe il coraggio di affermare che questa sarebbe una legge a favore del popolo italiano? Quindi la 194 non è una legge che dice alla donna, come crede il conduttore, «Tu lo tieni», ma che dice alla donna in tutti i modi possibili «Tu abortisci».
LA SOLITA RETORICA
La convinzione che lo spirito della legge 194 sia pro-life spinge Guenzi ad affermazioni davvero strabilianti: la 194 «ha degli obiettivi più ampi. […] L’obiettivo della legge è quello di diffondere in modo più ampio la cultura della procreazione responsabile». La 194 quindi sarebbe una legge a favore della vita. La mente vacilla. Dunque i 6 milioni e più di aborti commessi dal 1978 ad oggi sarebbero frutto di un mero errore materiale di applicazione della legge, un disdicevole refuso. La solita retorica che vede la 194 come una buona legge applicata male.
LA CLANDESTINITÀ
Purtroppo non è finita qui. Sempre Guenzi afferma: «Lo Stato italiano è intervenuto con questa legge soprattutto per offrire una tutela sanitaria adeguata alle donne e dunque per spezzare le forme clandestine di aborto in assenza di sicurezza». La frase non ha un contenuto meramente descrittivo, ma ci pare un contenuto valutativo di apprezzamento (infatti né prima né dopo questa frase ci sono censure a riguardo tale tesi). Nostra replica: l’assassinio prenatale dovrebbe essere sempre vietato e non legittimato solo perché avviene in clandestinità. A seguire questa logica, tutti i reati dovrebbero essere legittimati perché, da che mondo è mondo, avvengono sempre in clandestinità. Di certo un rapinatore non avvisa il giorno prima i carabinieri che l’indomani avrebbe l’intenzione di svaligiare una banca. Inoltre chi decide di sopprimere il figlio nel proprio grembo si deve assumere tutti i rischi di questa decisione, rischi benedetti perché potrebbero stornare la donna da simile decisione. Non si può dunque dire: «Fai il male e fallo in sicurezza».
CONTRACCEZIONE E PIÙ ABORTI
Arriviamo alla XIV stazione: si parla del calo di aborti dal 1982 ad oggi registrati dal Ministero della Salute. Il merito? Della contraccezione. Ancora Guenzi: «La diffusione di un maggiore esercizio della sessualità responsabile sotto il profilo, appunto, contraccettivo, indubbiamente ha rappresentato un cambiamento significativo della cultura italiana» che, così fa intendere il Nostro, ha inciso sul numero di aborti. Da una parte quindi veniamo a sapere che la contraccezione sarebbe espressione di una «sessualità responsabile». Su altro fronte l’affermazione che la contraccezione contribuisce al calo degli aborti è da rigettare. In realtà è vero l’opposto: la contraccezione spesso incentiva la pratica abortiva non solo perché la contraccezione è un allenamento a dire «No» alla vita[1], ma anche per un altro motivo legato alla fallacia dei metodi contraccettivi. Infatti nessuna pratica contraccettiva è «sicura» al 100%. Laddove fallisce si ricorre non di rado all’aborto e gli aborti spesso aumentano con la contraccezione perché chi ne fa uso ha più rapporti sessuali (è il fenomeno noto come risk compensation) e maggiori rapporti fanno aumentare i casi di fallimento della contraccezione stessa e quindi di aborti[2].
Senza poi contare che alcune metodiche contraccettive esplicano anche un effetto abortivo che però non verrà mai contabilizzato dal Ministero della Salute[3].
In realtà gli aborti registrati dal Ministero sono diminuiti soprattutto per due motivi. Primo: incremento della sterilità di coppia. Meno concepimenti uguale a meno nascite, ma anche a meno aborti. Secondo: migrazione abortiva, dall’aborto chirurgico all’aborto chimico, in specie pillola del giorno dopo e pillola dei cinque giorni dopo. Tutti questi aborti sono cripto-aborti e quindi non finiscono nelle tabelle ufficiali del Ministero. C’è invece da sospettare che il numero complessivo di aborti sia in aumento.
Conclusione: se fosse stato solo per l’Istituto Giovanni Paolo II, che ad oggi non ha preso le distanze da questa intervista, la scorsa Giornata per la vita sarebbe stata una giornata da dimenticare.
[1] Cfr. W. Pòltawska, Rivoluzione sessuale e mentalità contraccettiva, in AA.VV., Contraccezione e aborto, Gribaudi, Milano 2004, pp. 138-140; V. Rasch - L.B. Knudsen - H. Wielandt, Pregnancy planning and acceptance among Danish pregnant women, in Acta Obstetricia et Gynecologica Scandinavica, 2001 Nov. 80 [11], pp. 1030-1035.
[2] Sulla ininfluenza della contraccezione in merito al calo degli aborti e soprattutto sulla correlazione tra aumento della contraccezione e aumento di aborti cfr. R. Puccetti, I veleni della contraccezione, ESD, Bologna 2013, pp. 358-361; R. Puccetti - G. Carbone - V. Baldini, Pillole che uccidono, ESD, Bologna 2012, pp. 133-142; R. Puccetti - M.L. Di Pietro - V. Costigliola - L. Frigerio, Prevenzione dell’aborto in occidente: quanto conta la contraccezione?, in Italian Journal of Gynaecology & Obstetrics, 2009, 21 [3], pp. 164-178; R. Puccetti, Does contraception prevent abortion? An empirical analysis, in Studia Bioethica, 2008, 1 [2-3], pp. 133-141; Editorial, Women cannot control fertility through contraception alone, says British Pregnancy Advisory Service, in The Farmaceyutical Journal,11 Jul. 2017; Rédaction, Etats Unis: la contraception favorise l’avortement, in Trans vie-mag, 1996 Nov. 30, 99, 3; V. Rasch, Contraceptive failure-results from a study conducted among women with accepted and unaccepted pregnancies in Denmark, in Contraception, 2002 Aug., 66 [2], pp. 109-116; J.L. Duenas - I . Lete - R. Bermejo - A. Arabat - E. Perez-Campos - J. Martinez-Samean - I. Serrano - J.L. Doval - C. Coll, Trends in the use of contraceptive methods and voluntary interruption of pregnancy in the Spanish population during 1997-2007, in Contraception, 2011, 83 [1], pp 82-87; D. Paton, Underage conceptions and abortion in England and Wales 1969-2009: the role of public policy, in Education and Health, 2012, 30 [2], pp. 22-24; D. Paton - L. Whright, The effect of spending cuts on teen pregnancy, in Journal of Health Economics, Jul. 2017, 5, pp. 135-146; E. S. Williams, Pregnant teenagers and contraception. Contraceptive failure be a major factor in teenage pregnancy, in British Medical Journal, 1995 Sept. 23, 311 [7008], pp. 806-807; C. Marston - J. Cleland, Relationship between contraception and abortion: a review of the evidence, in International Family Planning Perspectives, 2003, Mar. 29 [1]: 6-13; E.G. Raymond - J. Trussell - C.B. Polis, Population effect of increased access to emergency contraceptive pills: a systematic review, in Obstetrical & Gynecological Survey, [Jan. 2007], 109 [1], pp. 181-188; C.B. Polis - K. Schaffer - K. Blanchard - A. Glasier - C.C. Harper - D.A. Grimes, Advance provision of emergency contraception for pregnancy prevention, in Cochrane Database of Systematic Review, [Apr. 2007], 2, CD005497; S. Girma - D. Paton, The impact of emergency birth control on teen pregnancy and STIs, in Journal of Health Economics, [Mar. 2011], 30 [2], pp. 373-380; D. Kirby, The impact of programs to increase contraceptive use among adult women: a review of experimental and quasi-experimental studies, in Perspectives on Sexual and Reproductive Health, 2008, 40 [1], pp. 34-41; T. Scandroglio, voce La contraccezione combatte la piaga dell’aborto, in T. Scandroglio, Dizionario elementare dei luoghi comuni, IDA, Milano, 2019.
[3] Cfr. M.L. Di Pietro - R. Minacori, Sull’abortività della pillola estroprogestinica e di altri “contraccettivi”, Medicina e Morale, 1996, 5, p. 879; B. Bayle, L’activitè antinidatorie des contraceptifs oraux, in Contracept. Fertil. Steril., 6 [1994], 22, pp. 391-395; B. Bayle, Antinidatory activity of oral contraceptives, in Contraception, fertilité, sexualité, [Jun. 1994], 22 [6], pp. 391-395; J.A. Spinnato, Mechanism of action of intrauterine contraceptive devices and its relation to informed consent, in American Journal of Obstetrics and Gynecology, 176 [March 1997], 3, p. 503; M. E. Ortiz - H.B. Croxatto - C. W. Bardin, Mechanisms of Action of Intrauterine Devices, in Obstetrical and Gynecological Survey, 1996 [51], 12, Supplement, p. S47; J.B. Stanford - R.T. Mikolajczyk, Mechanisms of action of intrauterine devices: update and estimation of postfertilization effects, in American Journal of Obstetrics & Gynecology, 2002, 187 [6], pp. 1699-1708; Eshre Capri Workshop Group, Intrauterine devices and intrauterine systems, in Human Reproduction Update, 2008, 14 [3], pp. 197-208.