Le vuote acrobazie linguistiche di Paglia
In una intervista ad Avvenire, il presidente della Pontificia Accademia per la Vita (PAV), oltre ad aggiustare il tiro sul caso Charlie, fa una disperata autodifesa delle sue scelte alla PAV, arrivando a mentire sul caso Biggar e glissando sulle altre nomine più che discutibili. Una conferma che con monsignor Paglia la cultura della vita registra un grave cedimento.
Le nuove rivelazioni su un altro membro di fresca nomina della Pontificia Accademia per la Vita (PAV), pubblicate oggi dalla Nuova Bussola Quotidiana, sono la migliore risposta all’intervista di Avvenire a monsignor Vincenzo Paglia, che dell’Accademia per la Vita è presidente. Nell’intervista monsignor Paglia cerca anzitutto di rimettersi in linea con il comunicato di papa Francesco sul caso Charlie, ma su questi tentativi acrobatici stendiamo un velo pietoso (per rendersi conto della fumosità e ambiguità delle sue affermazioni sul caso Charlie, basta fare un confronto con le chiare proposizioni del cardinale Elio Sgreccia, suo predecessore alla PAV).
Ci soffermiamo invece sulle risposte che monsignor Paglia dà alle domande sulle discusse nomine alla PAV (ovviamente le domande sono fatte apposta per consentire a monsignor Paglia di controbattere alle accuse che da settimane piovono sul suo capo).
Anzitutto la questione del filosofo anglicano Nigel Biggar, già pronunciatosi a favore dell’aborto. Accuse respinte da Paglia, secondo cui invece «Biggar non solo è contrario all’aborto, ma mi ha confermato che combatterà contro questo tipo di cultura negativa in linea con la dottrina cattolica sul fine vita». E qui ci si chiede: ma l’accusa è sull’aborto, cosa c’entra il fine vita? Ma poi eccolo riferirsi al famoso dialogo del 2011 tra Biggar e Peter Singer, il filosofo animalista che teorizza anche l’infanticidio. Dice Paglia: «Sia prima, sia dopo la frase in cui sembra aprire all’aborto, in realtà si esprime “per tracciare una linea in maniera molto più conservativa” (sono proprio le sue parole) a difesa della vita. Certo, è stato facile leggere in modo malevolo un ragionamento complesso come quello da lui proposto».
Ah certo, questi cattivi che approfittano della complessità delle cose per interpretare in modo malevolo. E allora rileggiamo la famosa frase di Biggar: «Quindi, sarei disposto a disegnare la linea per l’aborto a 18 settimane dopo la concezione, che è approssimativamente quando inizialmente c’è qualche evidenza di attività cerebrale e quindi di coscienza. Per quanto riguarda il mantenimento di un forte impegno sociale per preservare la vita umana in forme ostacolate e per non diventare troppo casuali ad uccidere la vita umana, dobbiamo tirare la linea in modo molto più conservativo». Più conservativo ovviamente rispetto all’infanticidio. Quindi permettere l’aborto fino a 18 settimane è uno strenuo impegno a difesa della vita, secondo Paglia, e malevoli noi che diciamo che il professor Biggar è a favore dell’aborto. Non solo, nel suo mescolare parole e concetti per confondere le idee a chi lo ascolta, monsignor Paglia glissa sulle altre uscite del professor Biggar, rivelate dalla NBQ, che confermano le sue idee a favore dell’aborto e anche dell’eutanasia. Presentare il professor Biggar come strenuo difensore della vita significa dunque mentire sapendo di mentire.
Quando poi a monsignor Paglia Avvenire offre l’assist per rispondere alle perplessità su altre nomine alla PAV, il presidente dell’Accademia risponde chiamando in causa papa Francesco che «ha voluto che tra gli accademici ci fossero anche persone di altre tradizioni cristiane e di altre religioni perché spera in una grande intesa trasversale per riaffermare il valore della vita e della dignità di ogni persona». E ovviamente non poteva mancare un riferimento a muri e ponti: «Di fronte alle grandi frontiere dell’umano non c’è bisogno di alzare steccati, ma di cercare ovunque alleati convinti che siano anche scienziati preparati». Belle parole, ma nessuno ha polemizzato sulla appartenenza religiosa dei membri: il problema è invece che diversi dei nuovi membri non affermano affatto il valore della vita o, per meglio dire, hanno un concetto diverso della vita, almeno per quel che riguarda i momenti dell’inizio e della fine. Il caso di Katarina Le Blanc, svelato dalla NBQ, ne è un esempio clamoroso, ma lo scandalo non si ferma qui.
Quanto alla PAV, poi, bisogna ricordare che la più che discutibile scelta dei nuovi membri si aggiunge alla vergognosa epurazione di scienziati dedicati alla vita che pure hanno dato lustro all’Accademia voluta da san Giovanni Paolo II. E che la ricerca di alleati nella difesa della vita al di fuori della Chiesa cattolica abbia un’ambiguità all’origine lo dimostra il fatto che con i nuovi Statuti i membri della PAV non devono più sottoscrivere l’«Attestazione dei servitori della vita», obbligatoria fino a pochi mesi fa.
Tutto dunque è più fluido, più ambiguo, sotto la direzione di monsignor Paglia, di sicuro un grave cedimento nella battaglia per la cultura della vita.