IRLANDA
Le vie tecnologiche del Signore sono infinite
I vescovi irlandesi lanciano un'applicazione per smart-phone che consente ai giovani di scoprire la bellezza di una vita sui passi di Cristo.
Attualità
15_11_2011
“Vocare” in latino significa “chiamare”. Ora quando noi diciamo ad esempio ad un amico: “Ti chiamo domani”, è chiaro che intendiamo informarlo che domani gli telefoneremo. E allora perché stupirsi che una chiamata vocazionale possa giungere al destinatario tramite cellulare?
Forse a questo ha pensato la Conferenza Episcopale d'Irlanda quando ha messo a punto la Vocations App per gli smart-phone. L’applicazione presentata nelle scorse settimane da mons.Donal McKeown, vescovo ausiliare della Diocesi di Down e Connor, presidente della Commissione della Conferenza Episcopale per le Vocazioni. In cosa consiste questa applicazione scaricabile dall’Apple Store? L’intento è quello di “aiutare le generazioni attuali e future che vogliono indagare e trovare informazioni sulle vocazioni al sacerdozio diocesano in Irlanda”, ha precisato la Conferenza Episcopale in una nota. Nell’applicazione si trovano informazioni sulle Diocesi d’Irlanda, contatti utili, ma soprattutto risposte alle domande più frequenti quali: “Che cosa fa un sacerdote ogni giorno?”, “Quanto tempo deve studiare?”.
C’è poi un test per vedere quanto sei vocazionabile e un prezioso “contatore di preghiere” al fine di offrire le proprie orazioni per questa intenzione. Telethon giustamente contabilizza euro per la ricerca, la chiesa d’Irlanda vuole mettere nel registratore di cassa una moneta ben più preziosa per lo spirito: le nostre preghiere. Qualcuno di certo storcerà il naso di fronte a questa trovata made in Ireland. I puristi punteranno il dito contro gli alti prelati rei di aver desacralizzato il cammino di discernimento vocazionale, di aver svalutato questo momento così delicato e personale equiparandolo alle previsioni del tempo scaricabili anch’esse sugli smart-phone. Ma forse le cose non stanno proprio così. Intanto questo strumento non ha ovviamente la pretesa di verificare in modo esaustivo se una persona ha la vocazione oppure no. E’ solo un gancio iniziale: accende la curiosità dei giovani, quei giovani che quando vogliono trovare qualche informazione si buttano in automatico sul pc o sulla connessione internet del proprio telefonino. L’App vuole solo traghettare il ragazzo che si fa delle domande sul suo futuro dal cellulare al colloquio intimo e personale con un sacerdote preparato in materia.
I nativi digitali – così vengono chiamati dai sociologi i ragazzi nati quando internet e cellulare già esistevano – vivono e rappresentano la loro esistenza tramite il virtuale. Si conoscono non più in piazza ma tramite Facebook, studiano non più sulle enciclopedie – sui mitici I Quindici – ma grazie alla rete, piangono, ridono, litigano non più per telefono – quello grigio con ghiera tanto per intenderci – ma per mezzo di sms, non si mandano più cartoline dal mare ma postano foto, non si scambiano più le audiocassette per scambiarsi emozioni sonore, ma si inviano file musicale via e-mail. Insomma ciò che agita il loro cuore riceve subito una codificazione digitale. E dunque perché non assegnare anche alle sane inquietudini vocazionali questa veste virtuale? Se la Chiesa decidesse di non entrare in questo loro mondo, non potrebbe più comunicare con loro, sarebbe afona. Da sempre la Chiesa è missionaria e quindi va laddove c’è da convertire e chiamare, anche se il luogo oggi può essere solo virtuale.
Inoltre questo strumento applicativo per gli smart-phone è la prova che la Chiesa vive nel suo tempo e non demonizza la tecnologia ma la usa per i suoi scopi. Così come faceva il suo Fondatore. Gesù nei trent’anni e più di vita nascosta faceva il carpentiere. Quotidianamente maneggiava la tecnologia del tempo: martelli, seghe, scalpelli, levigatrici, etc. Non scelse di fare un lavoro da colletto bianco: l’esattore delle tasse, il giudice, il ministro del tempio. La tecnologia era il suo pane quotidiano. Quando nel Vangelo manda a chiamare qualcuno, questi ci va correndo. Oggi userebbe il cellulare perché più efficace e Gesù di certo non si scandalizzerebbe, ma ne sarebbe compiaciuto. Egli chiama in tutti i modi, anzi nei modi migliori perché la sua chiamata alla santità, e in particolare alla vita sacerdotale, possa raggiungere il maggior numero di persone possibile e nel modo più veloce.
Ci ha detto di andare ai quattro angoli del mondo ad evangelizzare: oggi il web chiude nello spazio rettangolare di uno schermo da computer l’intero orbe terracqueo. Perché dunque non usarlo? In una parabola comandò così: “andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. In tasca grazie al telefonino abbiamo tutti i crocicchi di tutte le strade del pianeta. Con il cellulare quindi non solo possiamo chiamare tutti, ma ovviamente possiamo essere chiamati da tutti, Dio compreso, che usa della nostra capacità inventiva e creatività per toccare il cuore di ogni uomo. Proprio vero: le strade del Signore sono infinite. E passano anche dallo smart-phone.