Le verità apparenti del ministro Orlando
Il ministro per la Giustizia, Andrea Orlando, interviene a gamba tesa sulle legge in discussione al Senato sulle unioni civili. Lo fa in un’intervista a Repubblica, dove dice che è l’Europa a imporci le “nozze” gay, che lui è favorevole alle adozioni per le coppie omosessuali, ma che in ogni caso nella legge Cirinnà le unioni gay non vengono equiparate al matrimonio tra uomo e donna. Una serie di falsità, spacciate per evidenze.
Il ministro per la Giustizia Andrea Orlando ieri [giov 29] è stato intervistato da Repubblica. La materia del contendere sono ancora una volta le unioni civili. Il ministro sul punto così si esprime: «L'Italia ha un obbligo giuridico a intervenire su questo tema sulla base di una sentenza della Corte di Strasburgo del 21 luglio 2015. In cui si dice chiaro e tondo che l'attuale assetto normativo non tutela i diritti di una parte dei cittadini italiani. Da qui si deve partire».
E bene partiamo da qui. Innanzitutto ricordiamo che la Corte Europea dei diritti dell’uomo non è organo dell’Unione europea, ma organo giurisdizionale internazionale costituito al fine di fare rispettare dagli Stati firmatari, tra cui l’Italia, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Quindi le sue sentenze sono vincolanti per gli Stati che hanno siglato questa convenzione, ma non sono sentenze pronunciate «in nome dell’Unione europea». In quella sentenza citata da Orlando (Oliari and others v. Italy) i giudici di Strasburgo impongono all’Italia di riconoscere le unioni omosessuali. Questo diritto viene fatto partorire a forza dal famigerato art. 8 della Convenzione, articolo che tutela il «rispetto della vita privata e familiare». Tale disposizione è stata usata negli anni per far passare aborto, gender, fecondazione artificiale, contraccezione e molto altro. É la lampada di Aladino: basta sfregarla e soddisfa tutti i tuoi desideri, intesi come espressione intangibile della tua vita privata e familiare.
Il problema che hanno dovuto superare i giudici stava nel fatto che la Corte non può dettar legge in ogni ambito della vita civile di un Paese. Altrimenti la sovranità nazionale che fine fa? Di certo il riconoscimento delle unioni gay rientra nell’ambito di discrezionalità di ogni Stato e la Corte Europea non ci può mettere becco. Questo lo avevano capito anche i giudici che per scavalcare l’ostacolo hanno fatto ricorso al concetto di «consenso europeo» sulla materia. Ma a parte il fatto che se il mio vicino di casa sbaglia non vedo perché dovrei sbagliare anch’io, in realtà tale consenso sulle unioni civili non esiste. Infatti, solo 24 stati su 47 prevedono qualche forma di riconoscimento delle convivenze omosessuali. E così, rovesciando la prospettiva, potremmo dire che metà Europa è concorde nel non riconoscere le unioni civili. Insomma, la Corte Europea si appella alla tutela della vita privata di due gay, ma ficca il naso nella vita privata di un’intera nazione e questo non può farlo, nemmeno se tutti gli Stati europei avessero aperto le porte alle unioni civili.
Questa materia è, infatti, di spettanza di ogni singolo Stato. Ce lo dicono, per analogia, l’art. 12 proprio della Convenzione europea e l’art. 9 della Carta di Nizza: sul matrimonio possono dettar legge solo gli Stati. E dunque per contiguità di materia potremmo concludere che tale competenza esclusiva degli ordinamenti giuridici nazionali è spendibile anche nella disciplina di tutte le altre relazioni di convivenza. Questo snodo concettuale ci permette di analizzare meglio un’altra affermazione del Ministro Orlando che è assolutamente erronea: «Dev' essere molto chiaro il fatto che unioni civili e matrimoni sono due cose oggettivamente diverse».
Falso e lo abbiamo ripetuto da queste colonne più volte. Per amor di sintesi ricordiamo solo due dati: i diritti e doveri di chi contrae un’unione civile sono identici a quelli previsti per le coppie sposate. L’art. 3 del disegno di legge Cirinnà è, a parte il dovere di collaborazione, esattamente la fotocopia dell’art. 143 del Codice civile. Inoltre l’art. 4 della Cirinnà così recita: «Le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso». Cambia il nome, ma sempre di matrimonio si tratta. La sostanza giuridica è la medesima.
Ed è matrimonio anche per lo stesso ministro che, infatti, non vede perché negare alle coppie omosessuali anche la possibilità di adottare figli come avviene per le coppie coniugate: «Sicuramente trovo ragionevole che quando uno dei due partner ha un figlio da un precedente matrimonio, il bambino possa diventare figlio della coppia». Poi Orlando viene sollecitato a dire la sua sulla recente sentenza del Consiglio di Stato che ha dichiarato inesistenti le trascrizioni di “matrimoni” gay avvenuti all’estero nei registri comunali italiani. «Il Consiglio di Stato», spiega il ministro, «si è limitato a sottolineare un dato di fatto, un vuoto normativo c' è e va colmato. Presumo fosse chiaro anche ai sindaci che avevano fatto la registrazione che quella poteva essere più una provocazione che una soluzione al problema che può venire soltanto dal Parlamento».
A parte il fatto che da nessuna parte nella sentenza troviamo un invito dei giudici al Parlamento affinché legiferi in materia, ciò che poi stupisce è il ricorso, per l’ennesima volta, della figura ormai molto retorica della “lacuna normativa”. Non vi sono lacune normative nel nostro ordinamento sui “matrimoni” gay per il semplice fatto che i “matrimoni” omosessuali da noi non sono riconosciuti. Infatti, secondo l’art. 29 della Costituzione l’unico matrimonio esistente per lo Stato italiano è quello contratto da un uomo e da una donna. Non è una dimenticanza, è una volontà precisa quella di escludere dal vincolo di coniugio le persone omosessuali. È come dire che c’è un vuoto normativo in materia di matrimonio perché non si permette al signor Rossi di sposare il proprio cane. Semplicemente lo Stato rifiuta tale vincolo e quindi non lo riconosce.
Ma c’è un passaggio successivo che vogliamo sottoporre all’attenzione del ministro della Giustizia. La Corte dei Conti ha confermato, dopo un’infinità di precedenti giurisprudenziali, che le “nozze” gay sono illegittime sul suolo italiano perché incostituzionali. Dato che abbiamo provato che le unioni civili omosessuali configurano giuridicamente un vero e proprio matrimonio, discende per logica che anche le unioni civili sono illegittime. E il Guardasigilli Orlando, insieme al garante della Costituzione che è il Presidente della Repubblica, dovrebbe impedire il varo di questo disegno di legge e non avvallarlo.