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POTERE FORTE

Le toghe contro la Meloni. La magistratura riparte all'attacco

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Con una sentenza immediatamente impugnata dal governo, una giudice di Catania ha di fatto azzerato il decreto Cutro sull'immigrazione. La sinistra parlamentare è divisa e impotente? Ci pensa la magistratura a fare opposizione, tornando a fare politica.

Politica 04_10_2023
Manifestazione dei centri sociali di Torino contro la Meloni

Considerata l’inconsistenza e l’evanescenza dei partiti di opposizione, il Governo Meloni può essere insidiato solo da forze esterne. Ne sono ben consapevoli i suoi detrattori, che di tanto in tanto provano a minarne la stabilità ricorrendo a strategie fin troppo prevedibili.

Il premier è saldamente al comando, anche per l’appoggio incondizionato degli Stati Uniti e non corre particolari rischi in Europa perché i francesi e i tedeschi non sono più così tanto forti come un tempo. Ecco quindi che solo un’offensiva giudiziaria per far esplodere la mina vagante dell’immigrazione potrebbe essere in grado di destabilizzare il quadro istituzionale e sollecitare un cambiamento, magari con la formazione di un governo tecnico. Non può leggersi altrimenti l’iniziativa, quanto meno sorprendente, di Iolanda Apostolico, giudice di Catania, che non ha convalidato il trattenimento di tre tunisini richiedenti asilo fermati al Cpr di Pozzallo. La sentenza di fatto ha negato la conformità alla Costituzione delle norme varate dal Governo in tema di immigrazione che prevedono la procedura accelerata di frontiera. In questo modo, dichiarando illegittimo il fermo disposto dal questore di Ragusa che imponeva che i richiedenti asilo venissero trattenuti in strutture apposite, il giudice ha azzerato il decreto Cutro, sostenendo che fosse contrario alle normative europee e alla Costituzione.

L'immediata conseguenza è stata l'evacuazione del Centro di trattenimento per rifugiati richiedenti asilo nell'area industriale di Modica-Pozzallo (RG), inaugurato solo una settimana fa, e la liberazione dei richiedenti asilo che ora possono andarsene.

Il giudice civile del Tribunale di Catania, travolto dalle critiche, ha chiarito fin da subito che il suo provvedimento è impugnabile con ricorso per Cassazione e non deve essere lei a difenderlo. Non ha smesso di usare il suo profilo social, invece, il compagno Massimo Mingrino, catanese, funzionario al palazzo di giustizia di Catania, che non risparmia critiche alla politica sull’immigrazione degli ultimi anni e che, dopo la mancata convalida del fermo di Carola Rackete, comandante della Sea Watch arrestata dopo aver forzato il blocco della guardia di finanza a Lampedusa, scriveva: “Bye bye Salvini, il giudice ha studiato le carte, ha verificato i fatti ed ha accertato che la legge non è stata violata. Se tu studiassi (si, vabbè...) ti risparmieresti questi fervorini mediatici”. Nessun dubbio, quindi, sul suo orientamento politico.

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, al termine del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica a Imperia, ha annunciato che il Governo impugnerà la sentenza del giudice di Catania. “Siamo convinti, io personalmente, dalla lettura dell’atto e dalla decisione del giudice, che ci siano gli estremi e le condizioni per impugnarlo, e questo lo dichiaro in maniera del tutto serena - ha aggiunto Piantedosi -. Siamo convinti che abbiamo ragioni da sostenere in un grado di giudizio successivo”. La sentenza, comunque, “non frena la nostra iniziativa – ha aggiunto il ministro -. Si tratta di persone che cercheremo di rimpatriare attraverso le leggi nazionali ed europee, il trattenimento è solo uno degli strumenti in più per gestire questo tipo di procedure, quindi andremo sicuramente avanti”.

Anche il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nemmeno 24 ore dopo aver accusato la giudice Apostolico di voler “favorire l’immigrazione illegale”, è tornata sul caso, provando a frenare, per non raccogliere le provocazioni del braccio armato delle toghe. “Non c’è nessuno scontro con la magistratura, lo voglio ribadire anche questa volta. Semplicemente la magistratura è libera di disapplicare una legge del governo e il governo è libero di dire che non è d’accordo, perché a me la motivazione con la quale si rimette in libertà un immigrato irregolare, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dicendo che le sue caratteristiche fisiche sarebbero quelle che i cercatori d’oro in Tunisia considerano buone per il loro interesse mi pare francamente molto particolare”, ha dichiarato il premier.

Queste dichiarazioni hanno fatto scattare l’iniziativa dei consiglieri togati del Consiglio superiore della magistratura (Csm) che hanno avviato una raccolta firme per l’apertura di una pratica a tutela della collega legittimamente criticata. Nella richiesta si legge che “un provvedimento giudiziario in materia di protezione internazionale, emesso da un magistrato della sezione specializzata in materia di immigrazione del Tribunale di Catania, è oggetto fin da ieri di dichiarazioni da parte di esponenti della maggioranza parlamentare e dell’esecutivo che, in modi e contenuti, si traducono in autentici attacchi all’autonomia della magistratura”.

La richiesta però non ha trovato l'unanimità. Ad essa ha deciso di non aderire Magistratura Indipendente, creando una spaccatura non esattamente irrilevante, visto che l'attacco dell'organo di autogoverno dei magistrati nei confronti del centrodestra voleva essere il più veemente possibile.

Ciliegina sulla torta: ieri a Torino il premier è stato contestato dai centri sociali e dalla galassia antifascista composta da No Tav, Potere al Popolo, Cambiare Rotta e il centro sociale Askatasuna, che sono scesi in piazza per sottolineare nuovamente che la Meloni nel capoluogo piemontese non è la benvenuta. È evidente che le decisioni spericolate di certi magistrati finiscono per fomentare questo tipo di proteste violente, che minano profondamente la convivenza civile e i valori democratici, alimentando il disprezzo verso le istituzioni.

Fanno dunque sorridere le ennesime rivendicazioni di autonomia da parte di quell’ala della magistratura che fa da sempre politica militante, tradendo un odio viscerale verso il centrodestra, anche se legittimamente al governo per volontà degli elettori.