Le suore martiri e le voci dei cristiani perseguitati
Si tingerà di rosso anche per le suore di Aden questa sera la Fontana di Trevi. La manifestazione in favore dei cristiani perseguitati promossa a Roma dall'Aiuto alla Chiesa che Soffre tornerà oggi a fare memoria anche di sister Anselm, sister Margherite, sister Reginette e sister Judit uccise dall'Isis. Oltre alle suore, altre testimonianze ricorderanno gli studenti cristiani del massacro di Garissa, il ministro pakistano Shahbaz Bhatti e don Andrea Santoro ucciso in Turchia.
Si tingerà di rosso anche per le suore di Aden questa sera la Fontana di Trevi. A ormai qualche settimana di distanza dalla loro barbara uccisione nello Yemen, la manifestazione in favore dei cristiani perseguitati promossa a Roma dall'Aiuto alla Chiesa che Soffre tornerà oggi a fare memoria anche di sister Anselm, sister Margherite, sister Reginette e sister Judit, le Missionarie della Carità col grembiule sopra il sari orrendamente insanguinato dai miliziani dell'Isis.
L'Acs lo farà per non piegarsi alla memoria breve di chi ha archivia molto in fretta le vite donate per stare accanto agli anziani e agli ammalati nel cuore di una guerra feroce. Ma lo farà anche per un motivo più elementare: perché il loro martirio non è affatto finito. Quella tragedia figlia dell'odio jihadista continua, infatti, nell'angoscia per la sorte di padre Tom Uzhunnalil, il salesiano indiano, unico sacerdote cattolico rimasto ad Aden, di cui da quel giorno non si hanno più notizie.
Sister Sally - la religiosa miracolosamente sfuggita al massacro nascondendosi nella cella frigorifera della casa delle Missionarie della Carità - oggi si trova al sicuro, fuori dallo Yemen. Ma nel suo memoriale su quanto accaduto - vero e proprio martirologio dei nostri tempi - ha raccontato di aver visto padre Tom nella cappella quando stavano arrivando i jihadisti. Stava consumando le particole del tabernacolo, ricorda: un gesto per evitare almeno per l'Eucaristia la profanazione che poi puntuale sarebbe arrivata. Ma sister Sally ricorda anche che padre Tom era perfettamente consapevole del destino che li attendeva; era lui a raccomandare alle suore di stare pronte al martirio che sarebbe potuto arrivare in qualsiasi momento. Per questo il suo consumare il Pane eucaristico, ultima istantanea che abbiamo di questo sacerdote, ha certamente anche un altro significato: il salesiano indiano ha cercato in quel viatico la forza per il viaggio verso l'ignoto insieme agli uomini vestiti di nero.
Nessuno sa fino a dove l'Eucaristia l'abbia accompagnato. Fin dal primo giorno le autorità indiane hanno promesso alla famiglia in Kerala di mobilitarsi per la sua liberazione; e ancora l'altro giorno una delegazione della Conferenza episcopale indiana, in un incontro con il premier Narendra Modi, ha ringraziato per l'impegno dimostrato dal ministro degli Esteri. Quello delle autorità indiane, che nello Yemen non hanno più neppure una rappresentanza diplomatica, non è un compito facile nel contesto di oggi, dove una fragile tregua dopo tredici mesi ha fermato le ostilità, ma ampie zone del Sud rimangono esposte alle incursioni delle formazioni jihadiste.
Tra l'altro nello Yemen oggi il terrore si nutre anche di episodi di sciacallaggio: alla fine di marzo, per esempio, era stata fatta circolare sui social network la notizia secondo cui l'Isis avrebbe crocifisso platealmente padre Tom il giorno del Venerdì Santo. I salesiani e la Conferenza episcopale indiana avevano subito dichiarato che non si trattava di una minaccia credibile. E i fatti hanno dato loro ragione. Intanto, però, il terrore di un orrore ancora più sanguinoso aveva già viaggiato da un capo all'altro del mondo, sortendo probabilmente il suo effetto.
Il martirio delle suore nello Yemen continua però anche in un altro senso: quello dei frutti delle loro vite donate. Per chi non crede, certo, si tratta solo di una coincidenza; ma sta di fatto che pochi giorni dopo la loro sepoltura delle Missionarie della Carità in questa terra martoriata, si è materializzato abbastanza a sorpresa un barlume di negoziato tra il governo sostenuto dai sauditi e i ribelli houthi. Certo, in mezzo c'è stato anche un altro orrore terribile: il bombardamento della coalizione saudita sul mercato di al Khamis, con oltre cento morti lasciati sul terreno.
Però il 10 aprile è arrivato il cessate il fuoco e in Kuwait sono partiti dei negoziati con la mediazione dell'Onu con l'obiettivo di porre fine a una guerra che in appena tredici mesi ha fatto più di settemila morti. Oltre ad aprire le porte di Aden alle scorribande delle milizie legate all'Isis. Resta lungo e pieno di incognite il futuro dello Yemen. Però in Cielo adesso c'è qualcuno che continua a guardare con amore questa terra. Anche per questo i martiri non andrebbero mai dimenticati. E le luci di questa sera a Fontana di Trevi sono quanto mai preziose.