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PAOLO IL CALDO

Le Regioni? Vogliono di più per sprecare di più

I giornali riportano periodicamente bellicose dichiarazioni di presidenti di Regioni che, calzati elmetto e fucile, dichiarano guerra allo Stato centrale, accusato di essere invadente, prevaricatore e maligno. E rivendicano competenze maggiori rifiutando qualsiasi provvedimento dello dallo Stato che invada il loro territorio.

Paolo il caldo 28_10_2015
Paolo Togni

Da tempo i mezzi di comunicazione vengono periodicamente agitati da bellicose dichiarazioni di presidenti di Regioni che, calzato l’elmetto e fucile in spalla, stanno partendo in guerra contro lo Stato centrale, accusato di essere invadente, prevaricatore e maligno, e gli organi che lo rappresentano. Gli argomenti della protesta sono i più vari, ma a tutti ne è sotteso uno che ne unifica la ragione: le Regioni rivendicano competenze maggiori, e strepitano contro qualsiasi provvedimento assunto dallo Stato su argomenti che, a ragione o più spesso a torto giudichino ad esse riservati.

La propensione ad accrescere le proprie competenze è tipica degli organi della Pubblica Amministrazione così come delle articolazioni politiche dello Stato: di questo vi è certezza statistica e storica; e il principio vale sia per le materie, sia per il tipo di competenze. Così le Regioni, nate per essere dotate di competenze esclusivamente legislativo-programmatorie, attraverso interventi che hanno toccato la Costituzione e il sistema ordinamentale e attraverso comportamenti non contrastati, sono divenute nei quarantacinque anni della loro vita mostruosi ircocervi che fanno programmazione, controllo e gestione; sono anche diventate i maggiori centri nazionali di malaffare e di corruzione politico-amministrativa, pozzi senza fondo nei quali si perde una buona parte della spesa pubblica. Per dirla in breve, soggetti che sarebbe cosa meritevole far sparire una volta per tutte.  

Da ultimo, il tema sul quale si sono messe in agitazione è quello delle prospezioni e delle concessioni per la ricerca e l’estrazione degli idrocarburi, che in base a norme recenti lo Stato sta ricominciando a rilasciare. Apriti cielo! Con le scuse più varie la Puglia e la Calabria, il Veneto, l’Abruzzo, e chi più ne ha più ne metta, tentano di impedire l’efficacia dei provvedimenti statali, accampando questioni di legittimità (competenza) e di merito (conoscenza del territorio e delle sue esigenze).  Bubbole, solo bubbole. L’ignoranza in campo giuridico delle Regioni e dei loro esperti è leggendaria. Posso riferire di aver visto (dopo averlo scritto) un provvedimento attaccato dalle Regioni con 176 (centosettantasei!) capi di ricorso alla Corte Costituzionale: ne sono stati respinti 172 (centosettantadue!), e i quattro accolti riguardavano punti assai poco rilevanti. I ricorsi ora minacciati sono privi di pregio dal punto di vista costituzionale, e spero che siano stati scritti abbastanza bene da resistere al contenzioso amministrativo, che li vede molto solidi nella sostanza.

Non può, comunque, trascurarsi il fatto che le attività delle quali sto parlando devono essere classificate primariamente come riferite al settore ambientale, per il quale la competenza è già integralmente ed assolutamente assegnata allo Stato, e che quindi non trova spazio la pretesa delle Regioni. Ma l’aver toccato questo argomento giustifica qualche considerazione sull’utilità della sopravvivenza dell’istituzione regionale, per l’oggi e per il domani. A voler essere concisi oggi le Regioni possono essere classificate come il più avanzato ed efficace strumento esistente per lo spreco di risorse finanziarie; e fino a qui, pazienza. Il grave è che non c’è solo spreco, ma anche malversazione, corruzione e malaffare.

Le sciagurate “Leggi Bassanini” portarono all’accumulo nelle Regioni di funzioni culturalmente non omogenee tra di loro, con la natura dell’ente e con la preparazione del personale, che ha aperto all’avidità di operatori economici disonesti e di funzionari corrotti praterie nelle quali l’assenza di conoscenza delle regole era la regola principale, solo superata dall’assenza di ogni forma di controllo. Da allora (1997) si aggravarono le già pesanti forme di irregolarità insite nell’organizzazione delle Regioni, e cominciò il banchetto degli uomini di malaffare. Renzi dice di voler fare le riforme, di voler risparmiare spesa improduttiva, e di combattere la mala amministrazione: gli si offre quindi un campo nel quale dimostrare la sua sincerità e l’efficacia dei suoi progetti.