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Fede e letteratura

Le poesie di santa Teresa d’Avila, inni di lode a Dio

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Tra i numerosi scritti della grande riformatrice del Carmelo, rientrano anche molte poesie. Si possono suddividere in tre gruppi, da quelle dette “mistiche” a quelle che celebrano eventi interni alla sua comunità religiosa.

Ecclesia 15_10_2024

È un monumento della fede, una donna dalle mille sfaccettature, una religiosa che rimarrà per sempre nella storia della Chiesa e dell’agiografia: è santa Teresa d’Avila (1515-1582), di cui oggi ricorre la memoria liturgica. Certamente, le sue opere maggiormente conosciute sono quelle di carattere spirituale. Prima fra tutte, il famoso Castello interiore, frutto maturo dell’ultimo periodo della vita: l’opera riflette lo stadio definitivo della sua evoluzione spirituale e completa il contenuto delle opere precedenti, la Vita e il Cammino di perfezione. Queste, sono pagine di una bellezza inaudita: profonde sotto tutti gli aspetti, a livello umano e spirituale; a livello teologico e storico. Ma fra i frutti letterari di santa Teresa d’Avila c’è stato spazio anche per la poesia.

La poesia, molto spesso, nasce da una ferita nel cuore che si tramuta in parole che trapassano l’anima, elevandola, spingendola verso lidi che trascendono l’umano, e quelle parole vengono definite “versi”. La composizione armoniosa di questi e fra questi, alla fine, riesce a offrire al lettore una vasta gamma di colori e sentimenti. Una parola, un verso, una figura retorica, riescono quasi a oltrepassare l’umano: «Il poeta comincia dove finisce l’uomo», così sentenziava José Ortega y Gasset.

Santa Teresa d’Avila, Dottore della Chiesa, ha incarnato tutto questo mondo nelle sue poesie. Santa Teresa è ascesa a Dio, così come è discesa nelle profondità della poesia, senza però mai sentirsi scrittrice di versi. Non ha mai pensato che la sua produzione poetica potesse essere annoverata come tale: «Mio Dio, che è mai un’anima in questo stato! Vorrebbe cambiarsi in tante lingue per lodare il suo Dio, ed esce in mille santi spropositi!», così scrive nella sua Vita. Gli «spropositi» a cui fa riferimento santa Teresa altro non sono che proprio le poesie da lei scritte.

L’opera poetica della santa spagnola può essere suddivisa in tre gruppi. Troviamo, prima di tutto, le poesie dette “mistiche”: è il suo dialogo interiore con Dio; è quel viaggio all’interno del Castello interiore realizzato in versi. Poi ci sono i poemi che hanno come oggetto le feste liturgiche quali il Natale, l’Epifania, o l’Esaltazione della Santa Croce. Il terzo gruppo, infine, sono quelle pagine che celebrano avvenimenti interni alla comunità religiosa carmelitana. Se ci si addentra in queste particolari pagine, a prima lettura, potrebbero sembrare il frutto di una costruzione artificiosa. Nulla di tutto questo. La sua è una poesia spontanea, che non cade mai – come precisa Italo Alighiero Chiusano nella sua brillante e accurata introduzione alla Vita (Rizzoli, 1962) – «nel sentimentalismo di nessun genere né tono. Glielo impediva, come perfettamente dice Ramón Menéndez Pidal (uno dei più grandi filologi spagnoli del Novecento, nda), “il suo senso oraziano della concretezza che in Teresa diventa esperienza di ciò che è personalmente vissuto”. Questo spiega come mai, già a ridosso di un'età come quella barocca, in cui anche la letteratura spagnola di maggior levatura assumerà gonfiezze monumentali o lambiccati preziosismi, lo stile della santa si conservi così castizo, così puro, genuino, senza ricciolamenti né volute. Teresa non è mai il letterato che va in cerca di una lustra verbale o stilistica ma l'anima appassionata, l'artista gagliarda che forza il linguaggio pur di esprimere l'inesprimibile che le preme dentro».

I poemi mistici hanno la forza di versificare l’anelito della santa verso Dio. È il caso dell’affascinante poema dal titolo Davanti alla bellezza di Dio: «O bellezza ben più eccelsa/ di qualunque altra bellezza!/ (...) Sì nera ingratitudine/ m’ange e mi strugge il cuore: moriam per Lui d’amore!». Molte poesie mistiche non possono che rifarsi, poi, al dialogo tra innamorata e innamorato, tema assai caro tra l’altro all’Ordine carmelitano stesso (basterebbe pensare a san Giovanni della Croce, fra tutti): in un Colloquio amoroso, scritto da santa Teresa, troviamo versi come questi: «Se l’amor, Signor, che mi portate/ è pari a quello che vi porto anch’io/ perché m’indugio? perché mai, Signore,/ v’indugiate pur Voi?». Vive in questo poema tutta la tenerezza del duetto tra amanti: Teresa attende Dio e il Signore attende lei.

La produzione poetica riguardo le feste liturgiche ha il merito di aver introdotto nei monasteri carmelitani il ricorso alla bellezza poetica come componente festiva della vita religiosa. Immancabile è il riferimento alla Croce di Cristo che santa Teresa canta in diversi componimenti da condividere con le proprie consorelle. È il caso di En la Cruz está la vida (Nella Croce risiede la vita), composta per le religiose del monastero di Soria in Spagna, in occasione della festa dell’Esaltazione della Santa Croce. Sono versi dalla cadenza spiccata, data dal numero delle sillabe e dalla rima; un ritmo fresco, poco costruito, reso ancor più vivo dall'interpretazione improvvisata delle consorelle: «Dopo che il Salvatore/ salì sulla Croce/ noi lì troviamo gloria e onore./ E nel patire il dolore/ scopriamo così vita e consolazione». Anche il Santo Natale diviene motivo di composizione. In questa sua vasta produzione “natalizia”, molto spesso, la santa fa riferimento ai pastori della grotta di Betlemme. Testimonianza di ciò, sono le poesie: Pastores que veláis (Pastori che vegliate), oppure Al nacimiento de Jesús (Per la nascita di Gesù); e, infine, la tenera En la noche de Navidad (Nella notte di Natale).

L’entrata di una nuova sorella nel Carmelo, per santa Teresa, era una grande festa, da celebrare. Una festa che non poteva che ricordare quella nuziale: il rito, dunque, doveva essere accompagnato da musiche e canti, da versi e lodi. Nascono così alcuni poemetti occasionali che riescono a dipingere la vita nei monasteri del Carmelo. Santa Teresa ci dona alcuni fotogrammi nel suo poemetto scritto in onore della nuova consorella Isabel de los Angeles: «Il leggiadro vostro velo/ dice a voi di stare in veglia/ di montar la sentinella, fino a che lo Sposo venga./ Nella vostra mano accesa/ sempre abbiate una candela;/ sotto il velo state in veglia».