Le mani delle mafie sull'Italia immiserita dal lockdown
Cominciano a circolare i numeri impietosi del crollo socio-economico che investe il nostro Paese, anche a seguito delle scelte discutibili assunte da chi lo ha governato negli ultimi dodici mesi. In un'Italia sempre più povera, la mafia alligna. L'unico reato in crescita nel 2020 è quello di usura. E la malavita è pronta a spartirsi i prossimi ristori.
Oltre alla contabilità quotidiana dei contagi, dei ricoveri e dei decessi legati al Covid, cominciano a circolare i numeri impietosi del crollo socio-economico che investe il nostro Paese, anche a seguito delle scelte discutibili assunte da chi lo ha governato negli ultimi dodici mesi, sia al centro che in periferia.
Gli effetti devastanti dei lockdown sono ben peggiori di quelli che immaginavano anche i più cupi pessimisti. Secondo le stime preliminari dell'Istituto nazionale di statistica, nel 2020 le famiglie in povertà assoluta sono oltre 2 milioni, il che significa un milione di persone in più. L'incremento è spaventoso: le famiglie totalmente indigenti sono 335mila in più (+7,7%) rispetto al 2019. E il numero complessivo degli individui che fanno parte di queste famiglie e che perciò ogni giorno hanno problemi a mettere insieme il pranzo con la cena, o a soddisfare bisogni primari, sono in totale circa 5,6 milioni, il 9,4% della popolazione italiana.
Nel 2019 c’era stato un certo miglioramento nelle statistiche sul numero di famiglie e individui in povertà assoluta, ma la pandemia ha fatto ripiombare il Paese nel baratro in cui versava stabilmente dal 2015. Il valore raggiunto nel 2020 è il più elevato dal 2005. Al Nord la povertà cresce di più, ma nel Mezzogiorno resta la più alta. Non essendoci peraltro mai state negli ultimi anni serie politiche di sostegno alle famiglie, escono con le ossa rotte da questa devastazione pandemica quelle più numerose. I più colpiti sono gli occupati tra i 35 e i 44 anni e tra i 45 e i 54: l’incidenza di povertà assoluta cresce rispettivamente dall’8,3% al 10,7% e dal 6,9% al 9,9%.
Con le chiusure prolungate crollano anche i consumi e il default è la dimensione dominante nelle aziende e negli esercizi commerciali. La spesa familiare torna ai livelli del 2000. Nel 2020 la stima preliminare della spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia è stata di 2.328 euro mensili in valori correnti, in calo del 9,1% rispetto ai 2.560 euro del 2019, sostanzialmente in linea con la diminuzione generale del PIL. I consumi familiari sono calati soprattutto nel Nord Italia (-10,0%), seguito dal Centro (-8,9%) e dal Mezzogiorno (-7,3%). Tuttavia, il Centronord continua a essere la zona con maggiore capacità di spesa, nonostante il calo, poiché si spendono circa 2.500 euro mensili, a fronte dei circa 1.900 del Mezzogiorno. Diminuzioni consistenti di spesa, visto il lockdown, per servizi ricettivi e di ristorazione (-39,0%), ricreazione, spettacoli e cultura (-26,5%), trasporti (-24,6%), abbigliamento e calzature (-23,2%). La spesa per queste categorie nel 2020 vale complessivamente 967 euro al mese, ed è scesa del 19,4% rispetto ai 1.200 euro del 2019.
Il corollario inesorabile di questa crescita esponenziale delle povertà, anche in ambiti nei quali sembrava che la prosperità non dovesse mai finire, è quello dell’espansione delle mafie. Il lockdown non le ha fermate. Anzi. Le mafie sono già pronte a sfruttare da una parte la crisi economica causata dal Covid e dall'altra l'arrivo di ingenti risorse pubbliche per inquinare i mercati finanziari. A lanciare l'allarme il secondo report dell'Organismo permanente di monitoraggio e analisi sul rischio di infiltrazione nell'economia da parte della criminalità organizzata voluto dal Ministro dell'Interno.
Come si legge nel report, il rischio è rappresentato dall'acquisto di crediti deteriorati delle imprese che gravano sugli asset bancari. Particolarmente attiva la ‘ndrangheta che, disponendo di ampia liquidità, acquista posizioni e asset proprietari nelle compagini societarie, senza per questo trascurare i consolidati interessi nei settori del turismo e della ristorazione, dei giochi e delle scommesse, della gestione di impianti sportivi e palestre, dalla distribuzione e commercio dei generi alimentari all'autotrasporto. Prima hanno fiutato l'affare mascherine, ora le mafie sono interessate alle aziende che producono farmaci anti-Covid e persino alla produzione del vaccino. E stanno anche appropriandosi di Rsa che, dopo il dramma delle migliaia di morti da contagio in tutta Italia, necessitano di grandi capitali per la ristrutturazione secondo le nuove norme di sicurezza.
Una delle grandi caratteristiche delle mafie, infatti, è la capacità di adattamento. Sono le uniche ‘aziende’, infatti, ad essere cresciute senza risentire della crisi nel corso del 2020. L'emergenza è l'alleata migliore degli affari che hanno bisogno di velocità e ombra per procedere. Le mafie approfittano della crisi pandemica per movimentare il proprio denaro più velocemente, i controlli si sono abbassati, l'antiriciclaggio può reggere quando ci si trova in una situazione economica positiva e sana; quando invece manca liquidità, quando i consumi entrano in una spirale definitiva di crisi, il denaro torna ad essere utile a tutti senza guardare l'origine. Secondo i dati del Ministero dell’Interno, nel primo trimestre del 2020 l'usura è l'unico reato in aumento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. In una fase in cui tutti gli altri reati, dalle rapine in abitazione alle estorsioni, sono diminuiti significativamente, l'usura invece registra un +9,6%. L'usura non smette di elargire soldi. Più le banche bloccano fidi bancari più l'usura arriva e garantisce subito cash. Denaro contante e liquido che viene dato subito a famiglie che continuano ad avere spese, ad aziende che nonostante la cassa integrazione devono pagare fitti e stipendi.
Ci sono, dunque, sempre più persone e aziende che rimangono intrappolate nella morsa di un cocktail esplosivo di indigenza e dipendenza da pericolose organizzazioni malavitose. Arduo immaginare che i ristori possano invertire la rotta.