Le elezioni politiche non sono lontane
Fra poco si vota alle elezioni europee, ma già si pensa alle prossime politiche. Che saranno, con tutta probabilità, anticipate al prossimo autunno, o nella primavera del 2015. Il governo Renzi è destinato a non durare più di un anno.
Elezioni europee come prove generali per il voto politico anticipato, già a ottobre o, al più tardi, nella primavera 2015. Sembra questo lo scenario più realistico al quale i partiti si stanno preparando.
L’obiettivo è contarsi il 25 maggio per poi far valere il bottino di consensi sul tavolo delle trattative per le politiche. I segnali in questo senso si moltiplicano: Renzi si dice certo di arrivare al 2018, ma nel contempo ammette che anche un successo alle europee non gli darebbe la legittimazione popolare tanto desiderata, che può arrivare solo da una vittoria chiara e netta alle politiche; il patron del gruppo La Repubblica, Carlo De Benedetti, intervenendo a una kermesse vicino Cuneo, profetizza lo scioglimento delle Camere entro qualche mese; Berlusconi dà per certo che Renzi non durerà più di un altro anno.
A supporto di queste esternazioni i calcoli delle diverse forze politiche: approvare l’Italicum potrebbe non convenire né a Renzi né tanto meno a Berlusconi. La nuova legge elettorale assegna la vittoria alla coalizione che raggiunge la soglia del 37%, ma allo stato, con un Movimento Cinque Stelle in crescita, né centrosinistra né centrodestra sono sicuri di vincere. Il rischio sarebbe quello di un ballottaggio tra centrosinistra e Grillo: Berlusconi si ritroverebbe marginale ma decisivo per far vincere uno dei due contendenti e il suo elettorato, in larga parte visceralmente ostile alla sinistra, potrebbe decidere di premiare l’ex comico. E la guida del Paese finirebbe nelle mani dei grillini.
Se invece si votasse con l’attuale legge, diventata proporzionale dopo la sentenza della Corte Costituzionale in materia di Porcellum, Renzi e Berlusconi avrebbero la certezza di non dover governare con Grillo. Potrebbero fare alleanze nel loro perimetro culturale e ideologico oppure, in caso di pareggio, fare un governo di larghe intese (anche se, per pudore, non lo chiamerebbero così) che riscriva le regole, riformi il Senato, riduca il numero dei parlamentari, vari una nuova legge elettorale in grado di assicurare un bipolarismo tra socialdemocratici e liberaldemocratici, come in molte democrazie europee. Grillo potrebbe, a quel punto, anche attestarsi sul 25% ma, stante la sua indisponibilità ad alleanze di qualsiasi tipo, si ritroverebbe comunque ai margini delle grandi decisioni.
Intanto, però, Pd e Forza Italia sono impegnati a raccogliere il massimo dei consensi già il 25 maggio e ad impedire che Grillo faccia il pieno. Renzi sfrutta al meglio la sua visibilità come premier. Uscite apparentemente istituzionali come la visita nelle Marche alle famiglie flagellate dal maltempo o la presenza in tribuna alla finale di Coppa Italia allo Stadio Olimpico, sfuggono a calcoli legati alla par condicio, ma certamente gli procurano spazi mediatici enormi.
Berlusconi fa lo slalom tra gli impedimenti legati alla sua condanna ai servizi sociali ma riesce comunque a imperversare sulle tv pubbliche e private, oscurando gli altri competitors del centrodestra. Solo Alfano riesce a contendergli un po’ la scena, a causa dei suoi frequenti interventi come ministro dell’Interno in materia di immigrazione o di tutela dell’ordine pubblico.
Sembra che la contesa politica, come spesso accade in prossimità del voto, si stia polarizzando. Forze come Lista Tsipras o Fratelli d’Italia potrebbero alla fine non raggiungere la soglia del 4%, mentre la Lega di Salvini appare tonica e in grado di intercettare il voto degli euroscettici, convinti che la moneta unica europea sia la causa del dissesto dell’economia italiana. E anche il Nuovo Centrodestra, a meno di scivoloni delle ultime settimane, dovrebbe riuscire ad eleggere suoi rappresentanti a Strasburgo.
Sullo sfondo si profila un ricompattamento, sia a destra e che a sinistra, proprio per contrastare l’avanzata dei grillini. Renzi vorrebbe presto andare alle politiche per gestire le liste e rinnovare i gruppi parlamentari, ancora molto legati a Bersani, D’Alema e ai vecchi quadri dirigenti del partito. Berlusconi vuole lasciare alla figlia Marina, erede designata, una dote di voti pari almeno al 20%, da unire ai serbatoi del Nuovo Centrodestra, della Lega, di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale e degli altri cespugli. La discesa in campo di Marina viene ormai data per certa. La sua investitura dovrebbe passare attraverso le primarie, che la vedrebbero contrapposta ad Angelino Alfano, a Giorgia Meloni e a qualche esponente di secondo piano dell’attuale Forza Italia. Una volta incoronata leader del centrodestra, potrebbe dar vita a una sorta di Federazione dei moderati che salvi le identità delle attuali forze di quell’area, costituire un direttorio allargato a volti nuovi della società civile e del mondo dell’imprenditoria e candidarsi premier. E Berlusconi sarebbe in ogni caso tutelato nella sfida Renzi-Marina, sia che a prevalere fosse sua figlia, sia che fosse Renzi, considerato dall’ex Cavaliere avversario leale e “post-comunista”.