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IDEOLOGIA DI MORTE

Le Dat, il fine vita e il documento vaticano: "Nascondono l'eutanasia"

Intervista al dottor Guizzetti che esprime lo smarrimento dei medici, sopratutto cattolici: "Il ddl sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento toglierà cibo e acqua agli indifesi, ma anche la Chiesa ora dice che sono cure. Il panorama nelle strutture sanitarie è angosciante e noi siamo lasciati nella confusione. Eppure don Giussani ci aveva messo in guardia dal tradimento di Cristo e della Tradizione".

Vita e bioetica 22_02_2017
Il dottor Giovanni Battista Guizzetti e un malato

Il gioco è fatto: dopo anni di dibattito le Dat (Dichiarazioni anticipate di trattamento) cominciano in questi giorni il loro iter alla Camera, con un testo apparentemente soft, ma molto più pericoloso di quello delle legislazioni che acconsentono esplicitamente il suicidio assistito o l’eutanasia “solo in certi casi”.  Con questo ddl, infatti, “rischiano di essere uccisi e di morire di fame e di sete anche gli anziani, i disabili, i dementi”. A parlare di uno scenario che non ha nulla da invidiare al mondo della medicina nazista, dove almeno le persone fragili venivano uccise con iniezioni letali e non tramite lente agonie per mancanza di acqua e cibo, è il medico Giovanni Battista Guizzetti, direttore di una Rsa della bassa bergamasca. Guizzetti è anche medico in un centro in cui vengono curate le persone in “stato di veglia responsiva” ed erroneamente definite in “stato vegetativo: perché un vegetale non si commuove, non ti guarda, non reagisce, come invece fanno i miei pazienti”.

Guizzetti, cominciamo dal ddl sulle Dat: cosa ne pensa?
L’articolo 3 è pericolosissimo. Si definiscono trattamenti l’“alimentazione e idratazione”, quando non è così. La logica dice che è trattamento ciò che mira a farti guarire da un malanno o a controllare un sintomo. Il cibo e l’acqua sono invece sostentamenti vitali di cui nessun essere umano può fare a meno per vivere. Quindi toglierli a un malato significa provocarne la morte. La radicalità di questa proposta di legge sta anche nel fatto che viene estesa a tutti, mentre nei paesi in cui l’eutanasia o il suicidio assistito sono permessi all’inizio si faceva riferimento ai soli “malati terminali”. Le Dat invece possano essere redatte da chiunque, anche dai fiduciari di persone handicappate o incapaci di intendere e volere, che possono decidere di privarli di cibo ed acqua uccidendoli. 

Il ddl non vi dà nemmeno la possibilità di obiettare: dovrete seguire le disposizioni delle Dat? 
Se il testo approvato dirà questo, allora saremo al totalitarismo sanitario.

Come siamo arrivati fino a questo punto?
Ammettendo che si poteva legiferare in materia. Per chi ricorda il “caso Englaro”, assistiamo al riproponimento dello stesso. Con il rischio, appunto, di coinvolgere non solo le persone in “stato di veglia responsiva” come Eluna, ma anche i vecchietti o i malati di alzheimer. Ma il punto è che già ora si sente dire che se queste persone o gli anziani hanno la polmonite non vanno curati.  Il clima è terribile: proprio in questi giorni mi ha chiamato un amico con il papà ancora reattivo e cosciente, ma in hospice a causa di tumore: era angosciato perché gli hanno sospeso l’alimentazione e l’idratazione, perciò deve nutrirlo lui di nascosto. E’ un andazzo mortifero generale, basti pensare che un tempo si dosava la morfina a gocce solo per togliere il dolore, mentre oggi si usano i cerotti, che sono pensantissimi, oppure si somministrano 4 o 5 fiale azzerando la coscienza del paziente e sospendendo alimentazione idratazione. 

Mi scusi, ma dove sono i medici e le associazioni, in maggioranza cattoliche, che nel 2009/2010 alzarono la voce contro la legiferazione in questo campo?
Allora molti di noi spiegarono che una norma in questo caso era sbagliata. Che non esisteva compromesso possibile: ammettere di mettere la vita ai voti era relativizzarla. Qualsiasi cosa avrebbe prodotto un danno: il caso di ogni paziente è singolo, diverso e non normabile senza fare danni. Già allora però fu dura, perché i vesvovi italiani appoggiavano un ddl, che, sebbene vietasse la sospensione di alimentazione e idratazione, doveva ammettere che “in certi casi” era lecito sospenderli (perché, ad esempio, a tre ore dalla morte non si dà da mangiare a un agonizzante). Di fatto si sarebbe aperto a interpretazioni pericolose e quindi ad altri casi “Englaro”. Non c’era altra via, in coscienza, se non quella di opporsi a qualsiasi legge, anche a costo di una sconfitta politica.

Non a caso il magistero della Chiesa in merito è chiarissimo: nell'ultima nota della congregazione per la dottrina della fede sul comportamento dei cattolici in politica (2002), l’allora prefetto, il cardinal Ratzinger, disse che “quando l’azione politica viene a confrontarsi con princìpi morali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno (…) i credenti devono sapere che è in gioco l’essenza dell’ordine morale (…) E’ questo il caso delle leggi civili in materia di aborto e di eutanasia”, nessun fedele può favorire “soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali”.
E chi ne sente più parlare? Eppure i “princìpi non negoziabili” del Magistero ripetuti dalla Chiesa ci aiutavano a tenere dritta la barra di fronte a un mondo che cerca di farti vacillare facendoti sentire “l’ultimo rimasto” a pensarla così. Oggi, invece, la Chiesa e le associazioni cattoliche non si rifanno più al Magistero: si parla solo di misericordia, ma come se questa prescindesse dalla verità. Così ognuno fa quel che gli pare. Non nascondo che è sconcertante assistere ogni giorno alla barbarie e non avere più un punto a cui ancorarsi.

Eppure per anni la Chiesa ha cercato di arginare le derive radicali facendo politica. Forse il tarlo era già lì?
Una volta avevamo una sponda: la dottrina che veniva ripetuta e calata dentro le questioni concrete. Il mondo spingeva contro la verità ma noi ci opponevamo perché sostenuti dalla Chiesa. Oggi, invece, leggo su Avvenire che Eluana Englaro sarebbe morta perché le hanno staccata la spina, il tutto corredato da una foto di suo padre responsabile dell’omicidio per fame e sete della figlia. Insomma, la menzogna che per anni ci hanno venduto i Radicali ora diventa il giudizio di un articolo scritto sul giornale dei vescovi. Per non palare di un fatto ancora più grave. Il Vaticano ha pubblicato la Carta degli Operatori sanitari pochi giorni fa e all’articolo 152 si legge: “La nutrizione e l’idratazione, anche artificialmente somministrate, rientrano tra le cure di base dovute al morente, quando non risultino troppo gravose o di alcun beneficio”. Cure gravose? Sono sotentamenti vitali.

Se l'ambiguità della Carta non fosse una svista, sarebbe il sintomono di una crisi di fede nell’aldilà e nel fatto che nel momento finale della vita si possa davvero decidere tutto, persino ravvedersi ed evitare l’inferno…
Io spero davvero che non sia così, che non sia un pensiero apostata ad averci condotto fino a qui. Ma ricordo Giovani Paolo II e il cardinal Scola, che si espressero tassativamente anche contro la sedazione terminale (altra cosa è la sedazione profonda che, però, non mira a provocare la morte ma a controllare un sintomo incontrollabile altrimenti) proprio per ragioni di fede oltre che umane. 

Dopodiché ecclesiastici, magari formalmente ortodossi, anziché preoccuparsi di difendere la fede cercarono di salvare il salvabile facendo politica e di fatto distinguendo fra dottrina e prassi.
Questa mancanza mi fa venire in mente quando ancora era vivo don Giussani che negli anni Novanta lesse agli esercizi della Fraternità di Cl una lettera invita ai cristiani d’Occidente dal teologo cecoslovacco Josef Zverìna:  "Fratelli, voi avete la presunzione di portare utilità al Regno di Dio assumendo quanto più possibile il saeculum, la sua vita, le sue parole, i suoi slogans, il suo modo di pensare. Ma riflettete, vi prego, cosa significa accettare questa parola. Forse significa che vi siete lentamente perduti in essa? Purtroppo sembra che facciate proprio così. È ormai difficile che vi ritroviamo e vi distinguiamo in questo vostro strano mondo. Probabilmente vi riconosciamo ancora perché in questo processo andate per le lunghe, per il fatto che vi assimilate al mondo, adagio o in fretta, ma sempre in ritardo”. Ecco, oggi siamo al punto che non siamo più riconoscibili. Non c’è più nemmeno un moto di protesta, se non flebile e di pochi, ma comunque non sostenuto.

Infatti don Giussani proseguì profeticamente spiegando che per non conformarsi “occorre che la fedeltà a Cristo e alla Tradizione siano sostenute e confortate da un ambito ecclesiale veramente e fortemente consapevole di questa necessaria fedeltà”.
E così finiremo per permettere che persone che soffrono, ma gioiscono anche, e che misteriosamente interagiscono con i loro cari siano senza più difese. Permetteremo che siano uccise persone che se ci sono è perché sono volute anche senza il senno di un sano, che non è tutto perché esiste un’anima. E, a lungo andare, senza un giudizio diverso, arriveremo anche a pensare che sia normale.