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SANT'AGOSTINO

Le Confessioni, tra romanzo e diario l'io che arriva a Dio

Un bestseller? Un romanzo? Un diario? Leggere “Le Confessioni” vuol dire leggere un capolavoro della Letteratura cristiana e addentrarsi nell’anima di un uomo alla ricerca della “vera” Verità. Il merito di Agostino è stato aver trovato un modo per parlare di Dio partendo dall’esistenza umana: entrando nell’io si può arrivare a Dio.
- IL SANTO E LA MUSICA di Aurelio Porfiri 

Ecclesia 28_08_2021

Le Confessioni” di Sant’Agostino. Un bestseller? Un romanzo? Un diario? Tutto questo e non solo questo, ma molto di più. Leggere le pagine de “Le Confessioni”, infatti, vuol dire non solo leggere un capolavoro della Letteratura cristiana di tutti i tempi, ma soprattutto addentrarsi nell’anima di un uomo alla ricerca della “vera” Verità. “Le Confessioni” sono state scritte dal santo vescovo d’Ippona dal 397 fino al 400,  eppure  riescono a conservare una viva attualità per tutti. E’ l’eterna ricerca della Verità, il tratto inconfondibile di questo libro. Un uomo, Agostino, che nella sua umanità ha cercato vie, strade, fiumi e laghi, per accorgersi alla fine che il mare che cercava era dentro sé. Anzi, non il mare, bensì il più vasto oceano. O meglio ancora, l’abisso. Infatti, più si cerca nel fondo del proprio intimo, più ci si avvicina a Dio. E, una volta trovato, l’Uomo - finalmente - comincia il suo vero e libero dialogo con Lui.

Una biografia, quella di Agostino che affascina sempre. Forse, perché è facile ritrovarsi in quelle pagine, forse perché è facile ritrovarsi in quel suo anelito di Eternità. L’uomo non è fatto per vivere nel “circo” del mondo. La sua aspirazione più grande rimane quella di “piantare la tenda del Signore”. E l’avvocato Agostino, prima della conversione, è divorato dal desiderio di cercare sé stesso: cercare la radice più profonda dell’esistenza. Ma, la radice vera - ci spiegherà l’autore - sarà sempre una sola: Dio.

L’opera è voluminosa e - per la “materia” trattata, per lo sviluppo e la complessità dei temi -  rimarrà difficile trovare una “categoria” letteraria per questa autobiografia. Si può sì definire “autobiografia”, certamente, ma già nel citare tale genere, si correrebbe il rischio di relegare “Le Confessioni” a un qualcosa che - alla fine - non riesce a definire il vero senso delle pagine agostiniane. Possiamo, allora, considerare il testo una sorta di trattato? Anche questo è vero, per un senso. Un trattato però sia psicologico che filosofico. E, ovviamente, teologico: i primi due elementi saranno, infatti, poi la base su cui poi si svilupperanno pagine di sublime teologia. Agostino non narra quasi mai eventi esteriori o storici, ma si focalizza sulla sua interiorità, sull’io nel mondo. Un dettaglio di non poco conto.               

Così facendo, Agostino sembra quasi essere un precursore del romanzo novecentesco. La dettagliata analisi del proprio “io”, il rapporto dell’autore con la propria persona - o se vogliamo, con la propria psicologia - fa, dunque, il testo un’autobiografia davvero speciale. Così come diverrà speciale il rapporto “dialogico” tra il vescovo e Dio.

Non a caso, l’incipit del libro è un’invocazione al Signore. Comincia, così, il dialogo con l’Eterno:
Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù, e la tua sapienza incalcolabile. E l'uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato, che si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo peccato e la prova che tu resisti ai superbi. Eppure l'uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te. Concedimi, Signore, di conoscere e capire  se si deve prima invocarti o lodarti, prima conoscere oppure invocare. Ma come potrebbe invocarti chi non ti conosce? Per ignoranza potrebbe invocare questo per quello. Dunque ti si deve piuttosto invocare per conoscere? Ma come invocheranno Colui, se non credono? E come credere, se prima nessuno dà l'annunzio? Loderanno il Signore coloro che lo cercano?  perché solo cercandolo è possibile trovarlo e trovandolo, lo loderanno. Che io ti cerchi, allora, Signore, invocandoti, e t'invochi credendoti, perché il tuo annunzio ci è giunto. T'invoca, Signore, la mia fede, che mi hai dato e ispirato mediante il tuo Figlio fatto uomo, mediante l'opera del tuo Annunziatore”.

Queste parole, in tutta la loro profonda sacralità, comunque, riescono a non porre un muro tra l’autore e il lettore. Anche quello poco avvezzo alle letture di carattere religioso. Anzi, sono proprio queste parole ad affascinarlo perché lo invitano - ed è questa la bellezza dell’intero testo agostinano - a interrogarsi sul proprio cammino umano: le domande che si pone Agostino, riescono a diventare le domande universali dell’Umanità. Di ieri, di oggi e del futuro.

Il testo, poi, sembra cambiare “carattere”, visto che si concentra sul racconto vivo dell’infanzia del santo, della sua adolescenza, narrando alcuni episodi significativi. Anche in questo caso, non si tratta solamente di episodi narrativi fini a sé stessi perché divengono strumenti per fornire al lettore suggerimenti pedagogici innovativi. L’arte dell’insegnamento sarà fondamentale per Agostino, tanto da spingerlo a scrivere - nel 389 -  il “De Magistro”, composto dopo il suo ritorno a Tagaste, in Africa, e - dunque - poco dopo la conversione.                   

“Le Confessioni”, dunque, rappresentano un gioiello letterario non solo per il Cristianesimo, ma per l’intera letteratura mondiale proprio per il suo aspetto così moderno che rende il testo agostianano un evergreen. Basterebbe pensare solo alla sua struttura:  i primi nove libri descrivono la vita di Agostino fino alla sua conversione e al battesimo, mentre il decimo libro racconta il presente di Agostino ed è quindi ancora un libro in qualche modo autobiografico. Ed è in quest’ultimo che l’autore  comincia a sviluppare un’affascinante indagine sul  mistero della memoria, propria di ogni uomo. Un libro in cui i flashback sembrano quasi gareggiare con quelli usciti dalla penna di Joyce.

Gli ultimi tre libri, invece, sono esegesi dedicate all’interpretazione dei primi versetti della Creazione del Libro della Genesi. Una non facile lettura, bisogna ammetterlo. L'analisi che Agostino ci propone risulta accurata nei minimi particolari. E come se si elevasse il tutto: scrittura, argomento, forma e contenuto. Tutto si eleva e al lettore è richiesto, in fondo, uno sforzo maggiore. Non potrebbe essere altrimenti. Saranno proprio i versetti della Genesi ad essere il punto chiave dell’undicesimo capitolo in cui farà da “padrone” il tema del Tempo.  Ed è proprio a partire da questi versetti che Agostino scrive quello che può essere considerato il capolavoro di tutti i tempi dedicato all’indagine filosofica sul problema del Tempo. Basterebbe solo pensare che il filosofo Husserl  - ad esempio - considerava l’indagine filosofica dell’undicesimo libro de “Le Confessioni” come ineguagliata a livello di rigore filosofico. Il dodicesimo libro tratta degli angeli.  L’ultimo libro volerà sulle ali dello Spirito Santo. Come lo Spirito si libra sulle acque, così il capitolo volteggia e si libra su parole altrettanto aeree, celesti dove l’umanità svetta verso il Cielo. 

Molti studiosi hanno trovato una certa “incoerenza” nell’opera di Sant’Agostino: un testo “ibrido” lo hanno definito, per la sua composizione letteraria così particolare: in effetti, da una parte, l’opera - come abbiamo compreso - si presenta come  autobiografia; mentre dall’altra, ci troviamo di fronte a un trattato esegetico o - se si vuole - ermeneutico. Ma la forza delle pagine agostiniane risiede proprio in questo suo “essere in mezzo” che non deve essere considerato un “difetto”, come potrebbe sembrare. “Le Confessioni” sono anzi un modo per parlare di Dio partendo dall’esistenza umana. La linea definita dal vescovo d’Ippona potrebbe essere sintetizzata con poche parole: entrando nell’io si può arrivare a Dio.