Lavorare stanca, soprattutto tra i dipendenti pubblici
L’assenteismo nella Pubblica amministrazione è una piaga tutta italiana che, a volte, prende le prime pagine dei giornali. Ma non c’è soltanto il clamoroso caso del Comune di Sanremo: secondo un’indagine ogni giorno manca in media dal lavoro per malattia il 3,01% dei dipendenti pubblici e l’1,8% dei privati.
Quella dell’assenteismo nella Pubblica amministrazione è una piaga tutta italiana che, di tanto in tanto, prende le prime pagine dei giornali. Giusto l’altro ieri si è tornati a parlare di un caso che, lo scorso ottobre, ha monopolizzato l’attenzione mediatica: Sanremo. Sì perché l’Ufficio disciplinare di Palazzo Bellevue ha licenziato altri dieci dipendenti, che si aggiungono agli otto già mandati a casa nei mesi scorsi. Fra loro c’è Alessandro Vellani, 57 anni, detto il “canoista”, che sarebbe stato solito esercitare le sue doti atletiche in orario di lavoro. Le immagini di lui in canoa hanno fatto il giro d’Italia, quasi al pari di quelle del collega Alberto Muraglia che timbrava il cartellino in mutande.
Ma, sempre in questi giorni, si è parlato di altri due casi degni di nota. Il primo riguarda una dirigente dell’Asl di Tolmezzo (Udine), Donatella Iob, licenziata per otto ore di assenze ingiustificate. Assenze che la dirigente ha motivato con problemi di salute che l’avrebbero spinta a sottrarre qualche ora per le visite in pausa pranzo, recuperandola per eccesso («sono stata licenziata per otto ore non registrate nel corso di tre mesi, dopo aver regalato 60 ore all’azienda») in altri momenti della giornata. Che sia vero o meno ci sono da notare due incongruenze. La prima è che il magistrato, pur facendo il proprio dovere, nell’aprire il fascicolo ai suoi danni ha sicuramente speso molti più soldi pubblici delle poche decine di euro di danno arrecato da otto ore di assenza.
La seconda, più rilevante, è che la durezza dimostrata nel caso della Iob contrasta col lassismo dimostrato in un altro caso. Da un articolo del Corriere della Sera di mercoledì scorso apprendiamo che, a seguito di un’inchiesta del 2010, nel giugno 2015, 36 dipendenti dell’Asl di Brindisi sono stati condannati per assenteismo a pene comprese fra i sei mesi e i 3 anni di reclusione. Peccato che – nel frattempo - siano rimasti tutti al loro posto, con relativo stipendio, tranne uno che è andato in pensione e un altro che è stato addirittura promosso. Come è possibile? L’Asl aveva avviato i provvedimenti disciplinari che sono però stati “congelati” in attesa della sentenza definitiva a seguito della pioggia di ricorsi. Per licenziarli bisognerà attendere il verdetto della Corte di Cassazione, visto che la legge Madia (che prevede il licenziamento dopo il primo grado di giudizio), non essendo retroattiva, non ha effetto su di loro.
Ora è forse equo licenziare in tronco una dirigente per otto ore di assenza e “graziare”, a norma di legge, chi per assenteismo è stato addirittura condannato penalmente? La domanda è più che mai attuale in un momento in cui Matteo Renzi ha promesso pugno duro contro gli assenteisti, (sper)giurando su “licenziamenti in 48 ore”. Peccato che, per risolvere il problema atavico dell’assenteismo, servirebbe ben più di qualche proclama.
Secondo un’elaborazione dei Consulenti del lavoro su dati Inps (clicca qui) ogni giorno manca in media dal lavoro per malattia il 3,01% dei dipendenti pubblici e l’1,8% dei privati. Una differenza accentuatasi nel 2014 quando c’è stato un calo delle giornate di mutua per i dipendenti del settore privato (quasi due milioni in meno, -2,4%) e un aumento per il pubblico (+60.011 giornate). E non è tutto. Secondo la Cgia di Mestre (clicca qui) nel 2013 un’assenza per malattia su 4 (25,9 per cento) registrata dai dipendenti pubblici ha avuto la durata di appena una giornata. Un dato addirittura in crescita: + 5,9 per cento rispetto al 2012 mentre la quota è scesa scende di oltre la metà (11,9 per cento) nel settore privato.
Se si conta che il giorno d’assenza più “praticato” è il lunedì, non ci si può togliere il ragionevole dubbio che, in alcuni casi, i dipendenti pubblici vengano colpiti dalla sindrome da “week end lungo”. Essere più duri con gli assenteisti è il minimo sindacale (oltre al licenziamento perché non chieder loro di coprire il danno erariale?) ma non basta. Si dovrebbe dare a ogni dipendente pubblico un compito preciso, verificabile e misurabile, spostando o anche licenziando gli esuberi. Se molti dipendenti di Sanremo hanno potuto praticare per anni l’arte dell’assenteismo senza che il Comune subisse vistosi disservizi vuol dire che il loro lavoro era inutile.
Per capirlo basta pensare che nei Municipi d’Italia ci sono di media 7,4 buste paga ogni mille abitanti, due in più della media europea. Ma non tutti lavorano davvero. Ne sa qualcosa Giovanni Calabrese, il sindaco di Locri, 125 dipendenti su 12.500 abitanti (12,5 su mille, quasi il doppio della media italiana), di cui solo una ventina al lavoro ogni giorno. Dopo averle provate tutte, disperato, ha scritto perfino una lettera a Gesù. «Mi rivolgo a te», ha scritto, «non sapendo a chi altro rivolgermi».