L’avanzata russa nel Donbass e le prospettive per un cessate il fuoco
Nonostante il silenzio dei media occidentali, i russi registrano significativi progressi nel Donbass, che potrebbero conquistare in poche settimane. Questo scenario, per quanto doloroso, aprirebbe la strada a una soluzione che eviterebbe ulteriori perdite all’Ucraina e anche al resto d’Europa.
I russi continuano ad avanzare nel Donbass ma in Europa si fa di tutto per non parlarne o per ridurre la visibilità dei progressi militari delle truppe di Mosca e dei loro alleati ucraini.
Il 13 luglio Vitaly Kiselev, viceministro degli Interni della Repubblica popolare di Lugansk (LPR) ha dichiarato all'agenzia russa Ria Novosti, che le sue truppe sono entrate nella cittadina di Seversk mettendo le mani su un ingente deposito di munizioni. Secondo Kiselev le forze ucraine si sono disperse «in diverse direzioni» e «la città potrebbe essere liberata» entro i prossimi due giorni.
Ieri gli ucraini negavano la caduta di Seversk, caposaldo dell’ultima linea di difesa posta a protezione di Sloviansk e Kramatorsk, obiettivi dell’offensiva russa nella regione di Donetsk a cui le truppe di Mosca stanno avvicinandosi progressivamente.
Fonti giornalistiche riferiscono che la cittadina è quasi del tutto circondata con una sola strada ancora percorribile per raggiungerla da ovest. Si tratta dell’ormai consueta tattica utilizzata dai russi per ridurre per quanto possibile le perdite nelle operazioni urbane: si circonda quasi per intero il centro abitato ma si lascia aperta una strada al nemico per favorirne il ritiro.
I russi stanno registrando progressi sensibili anche sul fronte di Bakhmut, a sud di Seversk, dove l’avanzata russa punta su Kramatorsk.
L’ultimo bollettino quotidiano rilasciato ieri dall’intelligence britannica non registra invece «nessuna significativa avanzata territoriale» da parte delle forze russe in Donbass nelle ultime 72 ore.
I russi «continuano a condurre attacchi di artiglieria su un ampio fronte seguiti, in alcune aree, da tentativi di assalti da parte di piccole unità». «Comunque non hanno ottenuto nessuna significativa avanzata territoriale nelle ultime 72 ore», precisa il rapporto, «e rischiano di perdere lo slancio ottenuto con la conquista di Lysychansk».
Lo Stato maggiore delle forze armate ucraine rilevava ieri azioni russe in direzione di Sloviansk con un assalto fallito a Kurulka. Nell’area di Kramatorsk i russi hanno bombardato una mezza dozzina di villaggi con artiglieria e razzi, e hanno lanciato attacchi aerei contro obiettivi nei pressi di altre due località.
Un'altra area colpita dall'offensiva russa è la regione di Kharkiv, dove i russi hanno attaccato con l'artiglieria sei centri abitati limitrofi alla città dove si trovano le postazioni difensive ucraine.
Altro fronte che si accende saltuariamente è quello dell’Isola dei Serpenti che i russi sarebbero tornati a bombardare durante la notte dopo che vi erano sbarcati di nuovo soldati ucraini.
L'isolotto è un punto strategico sul Mar Nero, a 37 km dalle coste dell'Ucraina occidentale, quindi a tiro dell’artiglieria. I russi l'avevano occupata il 24 febbraio e rinforzata con batterie di missili antiaerei, respingendo in modo sanguinoso molti contrattacchi ucraini che intorno all’isola hanno perduto decine di aerei, droni ed elicotteri. Ma l’isola non è saldamente difendibile: troppo piccola e priva di bunker e ripari, resta esposta a razzi, missili e cannonate.
Per questo i russi l’hanno evacuata, impedendo però agli ucraini di riprenderne possesso con forze rilevanti.
Ai bombardamenti russi nel Donbass replicano quelli ucraini sulla città di Donetsk anche se negli ultimi giorni i bollettini dei due belligeranti hanno segnalato sui due lati del fronte bombardamenti mirati contro depositi di armi e munizioni.
L’arrivo di nuovi lanciarazzi campali multipli americani HIMARS (8 giunti in Ucraina, almeno 2 distrutti dai russi e altri 4 in arrivo dagli USA) ha permesso agli ucraini di colpire i depositi di munizioni russi situati in profondità soprattutto nel territorio di Kherson, a nord della Crimea, settore dove Kiev minaccia un massiccio contrattacco con l’impiego di un milione di militari, come annunciato dal presidente Zelensky.
I russi ritengono che i satelliti americani rilevino la posizione degli obiettivi militari colpiti dai razzi degli HIMARS in grado di raggiungere obiettivi fino a 80 chilometri di distanza guidati dai GPS sul bersaglio. Una ulteriore conferma del ruolo non troppo passivo degli Usa e di altri Stati membri della NATO nel conflitto, anche se ieri Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, ha ribadito che «la Nato sostiene l'Ucraina come alleato prezioso, ma non siamo parte della guerra, e non desideriamo essere coinvolti nella guerra sul terreno».
A sua volta Mosca ha reso noto di aver distrutto in più occasioni depositi di armi e munizioni occidentali inclusi cannoni M777 con migliaia di proiettili e razzi per gli HIMARS e altri lanciarazzi multipli. Anche in questo caso ricognizione satellitare e intelligence sarebbero stati preziosi per consentire ai russi di scovare i depositi di armi e munizioni sempre più spesso occultati in grandi parcheggi sotterranei e aree industriali.
Circa le prospettive del conflitto è probabile che entro poche settimane i russi completino la conquista delle restanti aree del Donbass.
A quel punto Mosca potrà affermare di aver conseguito buona parte degli obiettivi militari che si era posta avviando “l’operazione militare speciale”. Si aprirà quindi un’opportunità, quantomeno per l’Europa, di avviare trattative che portino a un cessate il fuoco e poi a un armistizio che consenta ai russi di mantenere il controllo dei territori espugnati con le armi in cambio dell’impegno a rinunciare a ulteriori rivendicazioni territoriali.
L’Ucraina dovrà accettare la perdita di territori pari al 25-30 per cento della sua estensione e di restare “amica” della NATO ma non Stato membro, pur ottenendo in cambio aiuti economici per la ricostruzione post-bellica e, in prospettiva, l’ingresso nella UE.
Prospettive di pace favorite forse dall’intesa sul grano mediata dalla Turchia e che sembra ormai a portata di mano, che dovrebbero puntare a risolvere ogni contenzioso, abolendo le sanzioni a Mosca e ripristinando il flusso di gas russo indispensabile per l’economia europea così come per quella dell’Ucraina che consuma gas russo e incassa denaro dall’Europa per il transito lungo i suoi gasdotti.
Una soluzione dolorosa ma necessaria per evitare la distruzione totale dell’Ucraina e la devastazione economica dell’Europa che, a conferma delle scarse qualità dei suoi governanti, si è lanciata al buio nell’escalation delle sanzioni alla Russia per ritrovarsi dopo 5 mesi con inflazione ed energia alle stelle, elettricità e gas razionati, aziende e occupazione in ginocchio ed aver quasi esaurito le armi e le munizioni con cui equipaggiare gli ucraini.
L’alternativa alle trattative sarà solo il prolungarsi di una guerra che, indipendentemente dagli esiti sui campi di battaglia, noi europei abbiamo già perso senza neppure combatterla.