Latorre libero C'è da sperare in un altro malore?
Massimiliano Latorre potrebbe venire autorizzato dalla Corte Suprema indiana a rientrare in Italia per un periodo di convalescenza dopo l'ischemia che l'ha colpito la settimana scorsa. La Corte indiana ha chiesto un parere al governo. Il parere è stato positivo, dunque presto il marò sarà libero. E per l'altro...
Massimiliano Latorre potrebbe venire autorizzato entro pochi giorni dalla Corte Suprema indiana a rientrare in Italia per un periodo di convalescenza di due mesi dopo l’ischemia che lo ha colpito la scorsa settimana e lo ha costretto al ricovero presso un ospedale di Nuova Delhi. La massima corte indiana riunitasi per esaminare la richiesta dei legali dei due fucilieri di Marina italiani, costretti da quasi mille giorni a restare in India in attesa di un processo che non è stato neppure istituito, ha deciso ancora una volta di non decidere chiedendo un parere al governo federale di New Delhi. Il parere è stato positivo.
Una scelta che conferma la ben scarsa indipendenza della Corte Suprema dal potere politico, sbandierata invece meno di un mese or sono dal neopremier Narendra Modi che in un colloquio telefonico con Matteo Renzi invitò l’Italia ad accettare che i due militari venissero giudicati dalla giustizia del suo Paese, definita “libera, indipendente e che farà tutti gli accertamenti del caso”. La Corte Suprema è così libera e indipendente che l’anno scorso, quando l’India era governata dal Partito del congresso, aveva invitato l’esecutivo a istituire un tribunale speciale per giudicare Latorre e Salvatore Girone. L’aspetto positivo è che nel colloquio del 10 agosto Modi aveva però concordato con Roma sulla necessità di trovare una soluzione rapida alla vertenza e forse va riferita proprio a questa volontà la rapida risposta del governo indiano alle sollecitazioni della Corte Suprema.
Preso atto dei problemi di salute di Latorre, la Corte lo ha esentato dall'obbligo settimanale di firma in commissariato per i prossimi 15 giorni e ha aggiornato l'udienza a venerdì ma il governo indiano ha fatto sapere già poche ore dopo che non si opporrà al rientro in Italia del fuciliere, rimandando la palla nel campo della Corte Suprema. Per ragioni umanitarie «noi non ci opporremo» al rimpatrio del militare italiano ha dichiarato il ministro degli Esteri indiano Sushma Swaraj e, rispondendo a una domanda, ha ribadito «non faremo opposizione ad una decisione della Corte».
É quindi molto probabile che il 12 settembre Latorre venga autorizzato a trasferirsi in Italia lasciando aperte alcune ipotesi circa i futuri sviluppi della vicenda e ravvivando in Italia il dibattito che già emerse prepotentemente durante la “licenza elettorale” concessa ai due fucilieri nel febbraio 2013. Terminata la convalescenza Latorre dovrebbe tornare o no in India per sottoporsi a un eventuale giudizio di un tribunale indiano? Questa volta l’ipotesi di trattenere in Italia il militare risulterebbe indebolita dal fatto che Girone resta nell’ambasciata italiana di Delhi, ma la decisione di consentire il rimpatrio a Latorre va interpretata come una precisa scelta politica (assunta di fatto dal governo, non dal tribunale) e potrebbe indicare la ricerca di un escamotage per risolvere la vicenda evitando ulteriori dissidi e quell’arbitrato internazionale al quale l’Italia dice (solo a parole) di voler ricorrere.
Roma non può accettare che vengano processati dalla giustizia indiana e Nuova Delhi non può perdere la faccia. Rilasciarli significherebbe ammettere di non avere né prove concrete né gli strumenti legali per processarli, specie per un fatto accaduto fuori dalle acque territoriali dove l’unica legge applicabile (il “Sua Act” contro il terrorismo in alto mare) è già stata definita inapplicabile nel caso in questione. Se i giudici indiani non hanno gli strumenti per perseguirli e i governanti vogliono archiviare la questione saranno forse i medici a risolvere il caso marò? Certo, passateci un filo d’ironia, anche Girone potrebbe accusare qualche malore di fronte al quale l’India non potrebbe rifiutare il rimpatrio proprio a seguito del permesso concesso a Latorre. Del resto chi potrebbe contestare, dopo quello che hanno passato i due militari, un qualche cedimento o uno stato depressivo anche grave?
L’ipotesi non è da scartare e secondo alcuni osservatori concedendo la “licenza elettorale” l’India auspicava già all’inizio del 2013 che Roma trattenesse i due militari. Certo avrebbe alzato la voce sul piano diplomatico, soprattutto per non fare figuracce sul fronte interno, ma poi lo screzio sarebbe stato ricomposto e i due Paesi avrebbero potuto dedicarsi di nuovo al business del ricco interscambio commerciale. Meglio però non dare nulla per scontato anche perché l’India ci ha già abituato a una gestione schizofrenica della crisi. Anche ieri non sono mancati , accanto ai toni concilianti del governo, le rivelazioni “esplosive”. L’Hindustan Times ha accusato i due militari di aver esercitato pressioni sul comandante della petroliera Enrica Lexie, Umberto Vitelli, affinché scrivesse nel rapporto che i pescatori a bordo del Saint Anthony erano armati, giustificando così il tiro dei fucilieri del San Marco.
Latorre e Girone «presumibilmente cercarono di coprire il loro operato spingendo il capitano della petroliera Enrica Lexie a inviare un rapporto per le organizzazioni internazionali di sicurezza marittima in cui si sosteneva che i pescatori erano armati e che questo fu alla base della decisione di sparare», ha scritto ieri il quotidiano indiano citando una fonte del ministero dell'Interno che ha richiesto l'anonimato. «Il capitano della Enrica Lexie redasse un rapporto via e-mail in cui si sosteneva che sei dei pescatori a bordo del peschereccio St. Antony erano armati. Ma gli investigatori indiani verificarono che tutti gli undici pescatori a bordo erano disarmati. Non c'erano armi sul peschereccio», riferisce la fonte senza tenere in considerazione che (come fanno regolarmente i pirati) eventuali armi potrebbero essere state gettate in mare . Il giornale indica che «quando durante le sue indagini l'Agenzia nazionale per la sicurezza (Nia) indiana ha interrogato il capitano Vitelli questi ha negato di essere stato testimone dell'incidente e della sparatoria, dichiarando di aver redatto la e-mail sotto la pressione dei fucilieri di Marina accusati. L'obiettivo era quello di presentare i pescatori come pirati».
Fonti della polizia anti-terrorismo Nia, scrive infine il quotidiano, non hanno voluto commentare queste dichiarazioni, limitandosi a rispondere che «presenteremo il rapporto con i capi di accusa al tribunale che deve processare i due militari (Massimiliano Latorre e Salvatore Girone) una volta che tutte le questioni sollevate saranno state risolte dalla Corte Suprema». Quale tribunale? Per ora nessuno lo sa, ma in India c’è ancora chi vuole “la testa” di Latorre e Girone. Meglio tenerne conto.