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radici

Latino a scuola, il ritorno di una lingua più viva che mai

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Valditara propone di riportare nei programmi scolastici l'idioma di Cicerone e della Chiesa. Che non è mai morto, nemmeno quando il vento sessantottino lo cacciò dalle aule e dalla liturgia. E non cessa di attrarre le nuove generazioni.

Cultura 17_01_2025
IMAGOECONOMICA - CARLO CARINO

Narra un’antica leggenda rabbinica che quando gli ebrei si costruirono il vitello d’oro un angelo andò a gettare un ramoscello nella foce del Tevere. Da esso si formò l’Isola Tiberina e, coi secoli, quell’Impero Romano all’apogeo del quale Cristo stesso volle nascere come suo suddito: «…onde Cristo è Romano», confermò Dante.

Sì, quell’Impero Romano il cui fascino riempie ancora oggi i botteghini dei cinema e fa audience, tant’è che la Mondadori, forse il più grande editore d’Europa, aveva sul tema un’intera collana di libri. Sì, quell’Impero Romano di cui resistono in piedi ponti, acquedotti e strade, mentre quelli moderni, se non crollano, richiedono continua manutenzione. E l’Impero Romano aveva preso la cultura dai greci, infatti i nostri maggiori, quando i turchi abbatterono l’ultimo Impero Romano, quello d’Oriente, e causarono l’emigrazione di tutti gli intellettuali bizantini, si accorsero dell’importanza della lingua greca, tanto da imporla come studio sistematico nelle scuole. Ma gli islamici fecero, al solito, tabula rasa.

Greco e latino si mantennero nelle nostre scuole anche con la dominazione piemontese e poi quella fascista. Il latino, soprattutto, non solo era la lingua sacra della Chiesa Cattolica Romana, erede dell’antico Impero, ma anche la lingua franca dell’Europa, grazie alla quale dotti e scienziati di ogni nazione potevano intendersi e scambiarsi idee. Nelle scuole italiane la c.d. riforma gentiliana, spiaccia o meno all’Anpi, era così efficace e funzionale che venne mantenuta anche dalla Repubblica. Tre anni di studio del latino nelle scuole medie, cinque altri nei licei, mentre nelle facoltà di giurisprudenza ancora reggono materie come Diritto Romano, Istituzioni di Diritto Romano e Storia del Diritto Romano, senza le quali non puoi fare l’avvocato o il magistrato. Al Liceo Classico anche il greco, e bisogna chiedere ai medici e ai farmacisti come farebbero senza.

Il sottoscritto assommò ben otto anni di studio del latino e fece appena in tempo, perché poi venne il Sessantotto e Gianni Morandi si mise a cantare «se devo dire vino al vino, che me ne faccio del latino?». Non era farina del sacco suo, naturalmente, ma rispecchiava un clima che cominciava a cambiare. E la rivoluzione sessantottarda non avrebbe avuto alcun successo senza la contemporanea diffusione della televisione, che portava le “novità” in tutte le case nelle ore più indifese, quelle del relax. I democristiani, da sempre detentori gelosi del Ministero dell’Istruzione, intimiditi, si fecero promotori di tutte quelle “riforme della scuola” che hanno portato la medesima allo sfascio totale odierno, fabbrica di plagiati al politicamente corretto ed educati al conformismo più piatto.

La Chiesa si accodò, così da provocare reazioni indignate perfino in gialliste come Agatha Christie, alla testa di una torma di intellettuali d’Inghilterra, che, malgrado fossero cresciuti nell’antipapismo, chiesero e ottennero da Paolo VI un indulto che consentisse loro di mantenere la liturgia latina.

Ora, timidamente, un ministro di destra pare chiedere un ripristino del latino nelle scuole. Bene. Ma avrà la grinta per mantenere? O cederà, come al solito, alla cagnara orchestrata dai soliti? O bisognerà affidarsi alla Rowlings, che con il suo Harry Potter ha fatto innamorare del latino generazioni di ragazzini?
“Progresso” è, come dice la Scrittura (1Ts 5,21), non buttare via ciò che è vecchio solo perché tale, ma conservare gelosamente ciò che funziona.

Il latino era, è, una lingua universale, e di lingue universali c’è bisogno, pena la paralisi. Infatti, detta lingua è adesso l’inglese. Ma, se andate a vederne il vocabolario, scoprirete che buona parte dei suoi termini è latino, da “habeas corpus” a “viceversa” passando per “palace”. 



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