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LA STORIA DI DALE RECINELLA

Lascia Wall Street per assistere i condannati a morte

Da avvocato di Wall Street a cappellano laico dei condannati a morte. È la storia di Dale Recinella: aiutava già i malati di Aids con un tale entusiasmo che la Chiesa cattolica della Florida decise di passarlo “di grado” affidando a lui condannati a morte e a sua moglie Susan i familiari dei detenuti da giustiziare.

Esteri 27_10_2015
Dale Recinella

«Al liceo non ero un bravo studente, non avrei potuto laurearmi se non fossi stato aiutato da padre Bodo Murray, un prete dell’Accademia  Francescana, autore di venticinque libri incluso il best seller Francesco, il viaggio e il sogno. A lui devo tantissimo, quasi tutto quello che sono oggi», racconta Dale Recinella, prima avvocato di Wall Street oggi cappellano laico dei condannati a morte. Per padre Bodo il Santo di Assisi era lo Specchio di Dio così come per Dale che, secondo lo stile di Francesco, abbandona il mondo patinato della finanza e trasforma le ricchezze accumulate in aiuto per gli altri. 

«All’inizio ho cominciato con gesti semplici: davo da mangiare ai senzatetto, ai malati di Aids e di mente. Frequentando questi disagiati ho cominciato a capire che i loro bisogni non erano solo quelli di avere un posto per dormire e del cibo».  Chi non ha una casa e vive in un corpo malato ha una esigenza primaria irrinunciabile quella di essere accolto da qualcuno che gli vuole bene davvero. Aiutare è un lavoro di grande responsabilità che richiede lo sforzo costante di rimanere aggiornati, di non smettere mai di imparare ed essere sempre pronti a dare energia e tenerezza. I valori e i problemi del mondo progrediscono e al tempo stesso arretrano continuamente a un passo impressionante e le frontiere che separano fortunati e sfortunati sono sempre più rigide, ma anche frastagliate, con tante insenature. Sulla strada, infatti, non finiscono solo poveri disorientati, ma, a volte, tanti della classe media che non ce la fanno. 

«Svolgevo questo lavoro di aiuto con mia moglie: lei si occupava dell’assistenza alle famiglie dei malati, dei senzatetto. Io di chi era Aids-conclamato. Durante quest’opera ho incontrato un cappellano che mi ha chiesto di assistere spiritualmente i pazienti reclusi: era il 1998». Dale aiutava sia i malati sia i sani con un tale entusiasmo che la Chiesa cattolica della Florida ha deciso di passarlo “di grado” affidando a lui i condannati a morte e a sua moglie Susan i familiari dei detenuti da giustiziare. Ricordiamolo: sono oltre 400 in quello Stato degli Usa gli uomini che attendono di essere uccisi. Un lavoro davvero molto difficile, quello di Dale. Ma niente è impossibile a Dio. 

Facciamo un passo indietro, nell’infanzia di Dale c’è stata una prefigurazione di quel che sta facendo, c’è stato un dolore che l’ha preparato. «Avevo nove anni e per tantissimo tempo sono andato a trovare in ospedale, un luogo molto triste e asettico, mia sorella colpita nella mente e nel corpo da una encefalite. É stato molto faticoso, allora, quasi inaccettabile fare questo. Oggi capisco che Dio ha usato quell’esperienza come preparazione per essere in grado di stare, adesso, vicino ai condannati a morte». Il Signore gli ha dato la possibilità di provare dolore prima per essere forte dopo. «Se noi lo permettiamo, Dio usa le nostre esperienze terribili trasformandole in qualcosa che ci rafforza e consente di aiutare gli altri alleviando le loro atroci sofferenze». L’altra avventura che considera “di preparazione” è stata la grave intossicazione alimentare dovuta a un batterio letale contenuto in un’ostrica che lo ha portato vicino alla morte. Al momento della guarigione Dale comprende con sempre maggiore chiarezza che ha bisogno di Gesù. 

Diminuiscono le ore dedicate alla finanza, aumentano quelle per chi soffre. Fino al giorno in cui lascia definitivamente il mondo del denaro inteso solo come mezzo per arricchirsi, servire se stessi, acquisire potere. E dopo un periodo in Italia, precisamente ad Assisi, rientra definitivamente in Florida per dedicarsi completamente alla mission che Dio ha preparato per lui. La vicinanza spirituale con i detenuti spesso diventa amicizia, condivisione, assistenza anche nell’ultima fase, quella dell’esecuzione, dell’iniezione letale. Il lavoro di Susan sua moglie è fondamentale. «Lei si prende cura dei familiari di chi deve morire: mogli e figli dei giustiziati vengono a dire addio al loro caro negli ultimi istanti della vita. E, spesso, questo momento è straziante e lo è ancor di più se il condannato è innocente ed è destinato alla Casa della Morte perché non ha la forza economica di difendersi», aggiunge Dale. Susan non segue solo i parenti dei detenuti, sta vicino anche a quelli delle vittime. E la cosa sorprendente è che queste due famiglie nella maggior parte dei casi fanno amicizia perché il loro dolore li rende fratelli. Non solo: quasi sempre si battono per evitare che il condannato sia giustiziato. «Il lavoro più difficile per Susan è all’inizio quando le vittime dei crimini si chiudono in un silenzio carico di rabbia e fanno “muro” perché pietrificate dal dolore». 

«Anche i miei figli che ora hanno 27 e 42 anni da tempo collaborano all’attività mia e di mia moglie aiutandoci per esempio a Natale a preparare i pacchi regalo e i biglietti d’auguri per i condannati e i loro familiari. Tutti noi genitori speriamo che i nostri figli ereditino le parti migliori di noi: mia moglie e io siamo benedetti perché i nostri ragazzi hanno una grande dedizione per questi assistiti. Sono quasi sempre loro disponibili a preparare il pranzo per le famiglie in lutto, a consolarle e confortarle in quel momento così difficile. Né io né Susan siamo eroi: semplicemente Dio agisce attraverso di noi. Ed è il Signore a darmi la forza di stare vicino ai giustiziati nel momento dell’esecuzione». 

Dale non dimenticherà mai l’agonia di Angel Diaz, un portoricano innocente che insegnava agli altri detenuti a cantare. Lo ha fatto fino all’ultimo. La sua esecuzione è stata davvero una tortura durata più di mezz’ora perché il veleno non riusciva ad agire. «In quel momento», dice Dale Recinella, «non ho sentito la voce di Dio. Per molto tempo, in seguito a questo fatto, mi sono interrogato chiedendomi perché una società “normale” debba far morire le persone così. Dale non ha trovato la risposta a questa domanda. Ma riscopre, ogni giorno, la forza di continuare il suo lavoro di assistenza  spirituale ed emotiva ai giustiziati pensando alle preghiere che i condannati recitano prima dell’esecuzione. Spesso riascolta nella mente il loro grido silenzioso, lo stesso di Gesù sulla Croce: «Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno». Dale Recinella è sicuro: Dio in quel momento è lì, nella Casa della Morte, vicino al condannato.