Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Ora di dottrina / 126 – Il supplemento

L’argomentazione cattolica sul Filioque

La dottrina sulla processione dello Spirito Santo anche dal Figlio si è andata precisando nel tempo, raggiungendo la sua maturità in epoca scolastica. Scopriamo gli elementi fondamentali dell’argomentazione cattolica sul Filioque.

Catechismo 28_07_2024
Cristo pantocratore (Duomo di Monreale; licenza CC, J. Clemenzi)

La presentazione di domenica scorsa ci ha permesso di prendere contatto con gli aspetti principali della contesa sul Filioque. Il secondo tassello da aggiungere riguarda l'argomentazione cattolica della processione dello Spirito Santo anche dal Figlio. Argomentazione che è andata precisandosi con il tempo e che ha raggiunto la sua maturità in epoca scolastica.

Per capire l'importanza di alcuni dettagli di tale argomentazione, occorre tener presente il contesto piuttosto turbolento, esploso particolarmente a partire dal IX secolo. Secondo la prospettiva greca, da Fozio (ca 810-897) a Michele Cerulario (1000-1059), da Gregorio Ciprio (1241-1290) a Marco di Efeso (1392-1444), questi ultimi protagonisti della resistenza all'unificazione con la Chiesa cattolica rispettivamente durante i Concili di Lione e di Firenze-Ferrara, quella del Filioque si configurerebbe come una dottrina a tutti gli effetti eretica, che avrebbe posto i Latini in situazione di scisma. Il patriarca Fozio l'aveva definita persino «la somma di tutti gli errori teologici» e in generale quanto, ai “complimenti”, non si badò a spese: blasfemia, macchinazione del demonio, dottrina aliena, era il minimo che venisse attribuito alla posizione dei Latini. Quali erano le ragioni teologiche (ve ne erano anche di politiche, ma non ce ne occuperemo) che avevano così tanto esasperato gli animi dei Greci?

I Latini, dal loro punto di vista, avevano innovato, modificando il Credo di un Concilio ecumenico con un'aggiunta che appariva inconciliabile con la retta dottrina. Le accuse sostanziali sono sempre state più o meno quelle messe in luce da La mistagogia del Santo Spirito di Fozio: 1. se il Padre e il Figlio fossero entrambi principio della spirazione dello Spirito Santo, allora nella Santissima Trinità esisterebbe una diarchia che confligge direttamente con l'affermazione che solo il Padre è la causa della divinità; 2. in questa diarchia, il Padre e il Figlio si confonderebbero l'uno con l'altro, appunto perché il Padre non si distinguerebbe più come l'unica causa della divinità; 3. ciò che è condiviso da due Persone trinitarie, a motivo della divinità, deve essere condivisa anche dalla terza. Se dunque il Padre e il Figlio condividessero la spirazione, anche lo Spirito Santo dovrebbe spirare una “quarta persona” oppure Sé stesso. Il che sarebbe chiaramente un'assurdità.

La posizione dei Greci, che è in sostanza quella che permane nel mondo ortodosso, è che il Figlio non possa avere un'azione propriamente causativa nella processione dello Spirito Santo. La linea “pura” foziana esclude qualsiasi coinvolgimento del Figlio, mentre invece una seconda corrente, posta di fronte all'evidenza della presenza anche della processione dal Figlio in diversi testi patristici, sostiene invece una eterna manifestazione dello Spirito mediante il Figlio, una sorta di “Filioque energetico”, che in ogni caso esclude che l'ipostasi dello Spirito Santo proceda anche dal Figlio come causa.

La posizione cattolica, invece, sostiene proprio che la terza Persona della Santissima Trinità proceda, e dunque sia eternamente causata come ipostasi, sia dal Padre che dal Figlio. Ora, questa affermazione non abroga affatto la peculiarità del Padre, in quanto il Figlio rimane pur sempre Colui che tutto riceve dal Padre, incluso il potere di spirazione: il Figlio non ha da sé questo potere, ma lo riceve dal Padre. Il fatto che da entrambi proceda lo Spirito non annulla dunque che il Padre sia il punto fontale, il principio primo, proprio perché anche il potere di spirazione viene dato al Figlio da Lui; nessuna confusione o sovrapposizione, dunque, tra il Padre e il Figlio, perché il primo continua ad essere principio senza principio, mentre il secondo, ricevendo il potere di spirazione, è principio da principio. Nella spirazione divengono un unico principio non per confusione delle persone, in quanto permangono due Persone distinte, ma per il compimento di un unico atto.

In questo senso, per i cattolici l'espressione per cui lo Spirito procede dal Padre, senza menzione del Figlio, non costituisce alcun problema, nella misura in cui con essa si intende significare la verità del Padre come prima origine: questo fu infatti l'intento della formula ex Patre voluta dai Padri del Concilio di Costantinopoli (381). Il problema nasce però se si intende, con tale espressione, escludere il Filioque in quanto eretico. E così la si intese a partire da Fozio.  La sua introduzione, oltre ad una ragione storica in funzione anti-ariana, si fonda su un argomento di grande importanza, che in qualche modo rispedisce a Fozio l'accusa di confusione delle persone della SS. Trinità.

Se, infatti, lo Spirito procedesse esclusivamente dal Padre, in che cosa si distinguerebbero il Figlio e lo Spirito? Cerchiamo di spiegare meglio: nella Trinità, tutto ciò che appartiene alla divinità è comune alle tre persone, senza distinzione: eternità, onnipotenza, onniscienza, etc., si predicano di ciascuna delle tre Persone in quanto vi è un solo Dio. Dunque, sotto questo aspetto, non c'è alcuna differenza nelle tre Persone. Da dove nasce invece la distinzione, per cui possiamo affermare con verità che il Padre non è il Figlio, il Figlio non è lo Spirito e lo Spirito non è né l'uno né l'altro? Dalla loro “opposizione” nella relazione: il Padre e il Figlio si distinguono perché il Padre genera il Figlio, mentre il Figlio è generato dal Padre; così il Padre e lo Spirito Santo si distinguono perché il Padre spira lo Spirito, mentre lo Spirito procede dal Padre. Ma che dire della distinzione tra il Figlio e lo Spirito? Se entrambi vengono “generati” dal Padre, che distinzione c'è tra loro? Ossia, qual è l'opposizione relazionale che permette di distinguerli l'uno dall'altro? In effetti, questa è una seria vulnerabilità della posizione del solo a Patre, inteso in senso esclusivo. Da essa se ne esce risolutivamente solo affermando che tra il Figlio e lo Spirito c'è opposizione – e dunque distinzione di persone –, proprio perché lo Spirito procede dal Figlio. Dunque, Padre e Figlio si distinguono come il generante e il generato; il Padre e lo Spirito come lo spirante e lo spirato, il Figlio e lo Spirito in quanto dal primo procede il secondo e il secondo procede dal primo.

Quanto affermato potrebbe sembrare una speculazione di pura logica – accusa che non di rado viene sollevata contro la teologia “latina” dagli orientali –, ma in realtà si tratta di una dottrina che si radica profondamente nella Rivelazione, come avremo modo di vedere la prossima volta. Nonostante la comprensibile difficoltà di queste problematiche, è di particolare importanza rendersi conto di come, nella disputa sul Filioque, emerga in modo già piuttosto evidente che le questioni teologiche richiedono estrema attenzione e non possono né devono essere impugnate come strumenti di lotta e di propaganda. Ma anche su questo, avremo modo di tornare.



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