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VITA

L'angelo custode di Silvia e il robot che offre carezze

Grande festa alla Mangiagalli. In Aula Magna, infatti, è stato presentato un bellissimo progetto divenuto concretissima realtà: “Il robot e le carezze”. Il mio amico professor Mosca presentava la magnifica realtà. Nel suo reparto, il robot decodifica la prescrizione del medico per ogni piccolissimo paziente.

Editoriali 08_11_2014
Un robot per i bambini alla Mangiagalli

Grande festa alla Mangiagalli. In Aula Magna, infatti, è stato presentato un bellissimo progetto divenuto concretissima realtà: “Il robot e le carezze”. Il mio amico professor Mosca presentava la magnifica realtà del suo reparto per i bimbi nati prematuri. D’intesa con Vodafone è stato inserito nel suo reparto, un robot. Il robot decodifica la prescrizione del medico per ogni piccolissimo paziente, facendo risparmiare alle bravissime infermiere parecchio tempo. Il tempo da mettere a disposizione degli altri, dei più piccoli, dei più deboli, bellissimo! I piccoli bimbi, infatti, hanno grande bisogno di contatto e le infermiere, avendo maggior tempo, li accarezzano di più. 

Il presidente della Fondazione Vodafone ha affermato che molto è dovuto ai clienti; si chiede a ciascun cliente che ricarica il proprio cellulare, 1 euro. Ci si vergogna, frequentemente, di donare 1 euro e, per questo, non si regala nulla. Mi sembra che 1 euro possa essere equiparato, a livello simbolico, a una goccia nel mare. Il mare, però, di tante gocce è fatto e Madre Teresa diceva che se al mare fatto di tante gocce ne viene a mancare una, il mare se ne accorge.

Tornando nella nostra sede, ripensavo a Silvia, incontrata prima di scendere. Una storia di necessità economiche come tante altre, apparentemente, ma se non aiutata, il suo bambino non nascerà e mancherà alla società tutta. Trentasei anni, ottava settimana di gravidanza. «Il mio fidanzato non vuole saperne! Avevamo parlato della possibilità di avere un figlio e, ora che è in viaggio, sostiene di non volerlo far nascere e se n’è andato definitivamente. Adesso devo affrontare tutto da sola; la società dove lavoravo come impiegata ha ridotto il personale. Ho avuto la cassa-integrazione per un mese e l’assegno di disoccupazione per altri otto. Attualmente sono senza risorsa alcuna e non me la sento di mettere al mondo un figlio in queste condizioni. Meglio abortire!».

Le mie emozioni, come spesso accade, girano vorticosamente come in un frullatore. Metto a confronto la piacevolezza provata nell’aver sentito parlare delle carezze donate ai piccoli bimbi con la consapevolezza che molti bambini non nasceranno neppure. In questo momento sono la tristezza e l’impotenza a “farla da padrone!” Nel caso di Silvia avremmo bisogno di offrirle un luogo dove lei potesse stare per non dover pagare un affitto così alto e, noi, non abbiamo posto nemmeno per uno spillo. Ripenso al mio sogno di trent’anni fa, quando sentivo forte il desiderio di poter accogliere tante mamme e tanti bambini con i quali, magari anche, vivere. Era e, purtroppo, resta un bel sogno.

Così torno a pensare alle gocce, tante fanno il mare. Ma dove le trovo? Eppure l’amico Fabio Mosca è riuscito a recuperarle e ne ha fatto un oceano. Silvia, intanto, mi guarda; è in attesa di una proposta che non so farle. A volte mi dico che bisognerebbe provare a trovarsi di fronte una donna che sta portando dentro di sé un figlio che, al momento, è vivo e dopo … chissà. La sofferenza dell’operatore, in questi momenti, è grande e può essere che la fantasia galoppi. Ho appena saputo di una casa di accoglienza che non sarà più usata visto che il progetto è terminato. Sarebbe fantastico che potessimo ottenerla noi! Dove le forze, la voglia di coinvolgersi in un’altra impresa da don Chisciotte? Sarebbero necessarie tante monete da 1 euro!

Cerco di scuotermi. Silvia è lì, apparentemente senza interlocutore. «Come ha saputo di noi, Silvia?». Subito risponde: «Camminavo per il parco e piangevo. Le corse dei bambini e le loro grida non facevano che aumentare il mio disagio e le mie lacrime. Una signora si avvicina, mi guarda e si rivolge a me con dolcezza: “perché sei così disperata?” Avevo bisogno di sfogarmi e le dico che andrò ad abortire. “Vai al Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli, là aiutano”. Così sono venuta, anche se capisco che la mia situazione è difficile, forse impossibile da risolvere. Sarà bene che mi decida»

Frullatore a n giri. «Ascolti questa proposta: c’è una nostra mamma che sta cercando una condivisione di appartamento. Potrebbe pagare metà dell’affitto. Il resto lo aggiungeremmo noi integrando il fondo che Regione Lombardia mette a disposizione di chi rinuncia a un’interruzione di gravidanza decisa per motivi economici. Le visite specialistiche potrebbe farle nel nostro consultorio, come il corso di preparazione alla nascita. Ci piacerebbe molto poterle regalare un bel corredino, un passeggino e i pannolini fino all’anno del bambino. Potrebbe essere una soluzione? Perché, Silvia, lei il suo bambino lo vuole o mi sbaglio?». La risposta è un pianto a dirotto. Quando riesce a calmarsi un po’, esclama: «Sì, che lo voglio! Da sola non ce la faccio, ma lei mi ha prospettato una possibile soluzione».  Mi scruta come per avere una conferma. «Guardi che è proprio tutto vero ciò che ho offerto. E, di solito mantengo le promesse». Riesco a strapparle un piccolo sorriso. «Aveva davvero ragione la signora del parco! Che fosse il mio angelo custode?». «Forse», le rispondo sorridendo, «io ho provato solo a darle qualche carezza!».