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RELAZIONI INTERNAZIONALI

L'Africa punta sulla tratta degli schiavi per "mungere" l'Occidente

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L'Unione Africana ha dichiarato il 2025 l'anno per chiedere il risarcimento per la tratta transatlantica e per la colonizzazione subita dall'Europa. Un falso pretesto per ottenere soldi, ma ecco i tre motivi per opporsi.

Esteri 14_04_2025

La diffusione del populismo di destra in Europa, e non solo, ha reso difficile un dibattito serio sui risarcimenti dovuti all’Africa, ma gli africani non intendono desistere. Continueranno a esigere riparazioni per i torti e i danni subiti a causa della tratta transatlantica degli schiavi e della colonizzazione europea. Così nei giorni scorsi si sono espressi Angela Naa Afoley Odai, funzionario dell’Unione Africana, e José Maria Neves, presidente di Capo Verde, ribadendo la ferma determinazione del loro continente a usare tutti i mezzi possibili per ottenere giustizia: dalle pressioni diplomatiche alle azioni legali presso i tribunali internazionali.
I governi africani, divisi e antagonisti su altre questioni, su questo presentano, ha ricordato Afoley Odai, un fronte unito, reso più forte dall’adesione alla causa dei Paesi che fanno parte della Caricom, la Comunità Caraibica. Inoltre, per sollecitare azioni riparatrici, contano sui solidi e proficui rapporti stabilitisi tra l’Unione Africana (UA) e l’Unione Europea.

Il risarcimento dei danni causati dalla tratta transatlantica degli schiavi e dal colonialismo europeo è stato, insieme alla cancellazione del debito estero,  il tema centrale del 38° vertice dell’Unione Africana, svoltosi dal 14 al 16 febbraio ad Addis Abeba, la capitale dell’Etiopia dove l’organizzazione panafricana ha una delle due sedi ufficiali (l’altra è a Midrand, in Sudafrica). A conferma dell’importanza attribuita alla questione, i capi di stato e di governo dei 54 paesi africani hanno deciso che il tema dell’UA per il 2025 è: “Giustizia per gli africani e le persone di discendenza africana attraverso le riparazioni”.

In passato, dicono i leader africani, e per decenni, le riparazioni sono state intese in termini essenzialmente morali. In diverse occasioni, a partire dal 2001 con la “Conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l’intolleranza” organizzata dall’Onu a Durban, in Sudafrica, si è chiesto che i Paesi protagonisti della tratta transatlantica degli schiavi africani e della colonizzazione europea del continente africano si riconoscessero colpevoli, ammettessero di essersi macchiati di crimini contro l’umanità, esprimessero il loro rincrescimento, porgessero scuse ufficiali per i danni materiali e morali arrecati. Adesso questo non basta più. Al vertice dell’UA si è convenuto che questo non basta più.

Annunciando il tema scelto, l’UA ha chiarito la prospettiva dalla quale intende procedere d’ora in poi e gli obiettivi che vuole perseguire. L’ammissione di aver depredato l’Africa, di averle sottratto enormi risorse umane e naturali comporta l’obbligo di risarcire i discendenti delle vittime e i paesi danneggiati. I colpevoli non devono solo espiare, devono restituire il maltolto e, non essendo possibile farlo, devono compensare con l’equivalente in dollari. Si tratta d’ora in poi di una rivendicazione eminentemente economica che comporta una radicale ridefinizione del rapporto economico con l’Occidente.

I cittadini attuali dei Paesi accusati e i loro governi non possono essere ritenuti responsabili di quello che è successo in passato, replica chi si oppone ai risarcimenti. Ma, replicano gli africani, tratta e colonizzazione hanno avuto conseguenze di cui l’Africa risente tuttora. Durante il vertice UA sono state fornite alcune cifre. La tratta transatlantica degli schiavi da sola avrebbe sottratto all’Africa 100mila miliardi di dollari. Quanto alla colonizzazione europea, oltre alle risorse naturali sottratte, anche l’attuale, gravissima crisi del debito estero viene fatta dipendere dai vincoli finanziari imposti allora.

Dall’esito del contenzioso dipende il futuro economico del continente, sostengono unanimi i governi africani, tanto più che ai danni causati in passato si aggiungono quelli inflitti adesso. Tratta degli schiavi e colonizzazione, affermano, hanno reso possibile  l’industrializzazione dell’Occidente e tutto ciò che ne consegue.

I governi africani e chi li asseconda danno evidentemente credito alla discussa teoria marxista del “commercio triangolare” – un sistema di scambi tra Europa, Africa, America iniziata nel XVI secolo, la merce più preziosa del quale furono gli schiavi africani – che avrebbe arricchito le potenze europee e impoverito l’Africa. Secondo questa ricostruzione dei rapporti tra Occidente e Africa, lo sfruttamento subito dagli africani sarebbe stato il motore dell’industrializzazione e a sua volta questo modo di produzione, insieme alla civiltà alla quale ha dato sviluppo, è responsabile dei recenti disastri ambientali, in particolare del riscaldamento globale di origine antropica (peraltro una congettura, allo stato attuale, e oltre tutto confutata da migliaia di esperti). L’Africa che vi contribuisce solo per il 3% tuttavia ne soffre più di ogni altro continente: anche di questo deve essere risarcita.

In sostanza l’obiettivo dei governi africani, il loro “sacrosanto dovere nei confronti dei loro connazionali” è di fare in modo che i Paesi occidentali riversino migliaia di miliardi di dollari nelle casse statali africane. Al tempo stesso chiedono, sempre a titolo di riparazione, la rinegoziazione e soprattutto la cancellazione dei debiti contratti con gli istituti di credito internazionali e con gli stati occidentali in ambito di cooperazione bilaterale.  

Tre sono i motivi per rifiutare. Eccoli in estrema sintesi. Per quanto riguarda la tratta transatlantica, gli africani che hanno lasciato il continente alla volta delle Americhe sono stati acquistati. Il continente ha perso risorse umane e centinaia di migliaia, milioni di africani ne hanno tratto profitto. Quanto alla colonizzazione europea, dall’ipotetico calcolo di quanto è costata al continente va sottratto tutto quello che vi ha portato e lasciato: non solo beni materiali – strade, ponti, acquedotti, ospedali, scuole, imprese economiche… – ma anche, e più di tutto prezioso, il principio nuovo che tutti gli essere umani nascono liberi e uguali, detentori di diritti universali e inalienabili, in quanto inerenti alla loro condizione umana.  

A prescindere dai precedenti motivi, il terzo: nessun risarcimento può essere preso in considerazione se prima le stesse accuse e le stesse richieste non vengono rivolte ai responsabili – persone e Paesi – della colonizzazione arabo-islamica dell’Africa, che ha preceduto quella europea di oltre un millennio, e della tratta arabo islamica degli schiavi, che ha deportato altrettanti africani e più ancora nell’arco di oltre dieci secoli.



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