L'Afghanistan pensa al dopo Karzai
"Chiunque sarà meglio di Karzai": gli Stati Uniti aspettano le prossime elezioni in Afghanistan sperando nella vittoria di un presidente a loro più vicino. Karzai non si fida di Obama e non firma l'accordo sulla sicurezza.
Washington e Kabul sono sempre di più ai ferri corti. Il presidente afghano Hamid Karzai da un lato rifiuta di firmare il Bilateral Security Agreement che darebbe il via alla rinnovata presenza di limitate forze militari limitate e alleate nel Paese dopo la fine dell’anno, ma, dall’altro continua a liberare i boss talebani rinchiusi nel super carcere di Bagram che i militari americani hanno ceduto mesi or sono al controllo afghano. La Procura generale, riferiscono i media afghani, ha ordinato la scarcerazione di 65 degli 88 detenuti ''pericolosi'', pur senza rendere nota la data della loro liberazione.
Per le autorità afghane, contro i 65 detenuti in questione, non ci sono prove sufficienti per trattenerli in prigione, ma l’iniziativa acuisce la tensione con Washington che teme che Karzai voglia avviare un rapporto privilegiato con i talebani, per ritagliarsi un ruolo politico anche dopo che avrà lasciato la presidenza di Kabul, tra pochi mesi.
Il direttore delle agenzie d’intelligence, James Clapper si è detto convinto durante un’audizione in Senato che Karzai non firmerà l’accordo bilaterale di sicurezza (BSA). Il presidente afghano ha sempre affermato di voler lasciare la ratifica del documento al proprio successore, che verrà eletto con il voto del prossimo 5 aprile, anche se, tra gli 11 candidati, nessuno probabilmente raggiungerà la maggioranza assoluta e dovrà quindi tenersi un ballottaggio in maggio.
L’Amministrazione Obama aveva nutrito la speranza di ottenere la firma sul BSA entro la fine dell’anno, o al più tardi entro gennaio, per consentire la pianificazione logistica del ritiro delle truppe ancora in Afghanistan (57 mila soldati americani) e il mantenimento di un nuovo contingente di circa 10 mila effettivi. Senza l’accordo gli Stati Uniti potrebbero optare per “l’opzione zero”, cioè il ritiro totale di tutte le truppe che lascerebbe nel caos le forze militari afghane, senza consiglieri militari né istruttori occidentali.
Clapper ha reso noto al Congresso che solo nello scorso anno tra le fila dell’esercito afghano si sono registrate 30mila diserzioni su una forza totale di 185mila effettivi. Secondo il capo dell’intelligence occorrerà attendere il successore di Karzai per mettere a punto la fase di supporto alle truppe afghane prevista per il triennio 2015-17 con la missione NATO “Resolute Support”. Scetticismo circa la possibilità che Karzai firmi il BSA era stato espresso nei giorni scorsi anche dal Segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Anders Fogh Rasmussen.
«Chiunque sia il prossimo presidente dell’Afghanistan verosimilmente sarà più affidabile di Karzai, e altrettanto verosimilmente la sua firma ispirerà maggiore fiducia rispetto alla firma di Karzai” ha detto il senatore del democratico Carl Levin, presidente della commissione difesa del Senato, confermando come il presidente afghano sia considerato una “mina vagante” a Washington. Del resto Karzai non si fida di Obama fin dalle precedenti elezioni presidenziali del 2009 in cui Washington sostenne senza successo il suo rivale Abdullah Abdullah. Tre mesi or sono intervenendo davanti alla Loya Jirga, la Grande Assemblea tradizionale formata da circa 2.500 tra anziani, capi tribù e dignitari (assemblea che approvò il BSA come tutti i ministri del governo) Karzai ammise i suoi “problemi personali” con gli Usa. «La mia fiducia nell’America non è ricambiata. Io non mi fido di loro, e loro non si fidano di me» disse il presidente.
Di fronte ai continui dinieghi di Karzai gli Stati Uniti sarebbero ormai orientati a far slittare almeno in parte il ritiro delle truppe aspettando che l’attuale presidente afghano esca di scena per firmare il Bilateral Security Agreement con il suo successore. Un’ipotesi rivelata dal Wall Street Journal che cita fonti riservate interne all’Amministrazione. «Se Karzai non sarà parte della soluzione, dobbiamo trovare il modo di andare oltre» hanno osservato le fonti anonime. Ogni decisione sul mantenimento o meno truppe in Afghanistan, con quali compiti e a quali condizioni, sarebbe dunque rinviata almeno alla seconda metà dell’anno dopo che si sarà insediato il nuovo presidente: Abdullah Abdullah o Ashraf Ghani i candidati più quotati.
Lo slittamento coinvolge la pianificazione militare e logistica anche di Italia e Germania che hanno già confermato il mantenimento di contingenti di circa 800 militari schierati a Herat e Mazar-i-Sharif con compiti di addestramento e consulenza fino al 2017. Le lotte intestine tra statunitensi e presidenza afghana favoriscono però i talebani che, approfittando del ritiro alleato, hanno intensificato le azioni militari contro le truppe di Kabul e i civili.
Il numero delle vittime civili in Afghanistan è infatti drammaticamente aumentato nel 2013 a quanto riferito dalla missione dell’Onu a Kabul (Unama) che certifica un incremento del 14% rispetto all'anno precedente, oltre a un "allarmante incremento delle vittime tra donne e bambini". Il totale delle vittime civili è stato di 2.959 morti e 5.656 feriti, in gran parte colpiti dall'esplosione di bombe o ordigni improvvisati. Per le Nazioni Unite, il dato «riflette il cambiamento della natura del conflitto in Afghanistan, che è sempre più combattuto nelle comunità di civili e nelle aree abitate». Secondo il rapporto, circa i tre quarti delle vittime sono stati provocati dai militanti talebani e il resto dalle forze governative e alleate inclusi 54 raid aerei, 19 dei quali sono stati condotti da droni.
Il clima di diffidenza tra Kabul e Washington non risulterà certo mitigato dall’ultima notizia giunta dall’Afghanistan che riguarda l’uccisione di due militari alleati nell’Est del Paese colpiti dal fuoco di due uomini che indossavano l’uniforme militari delle forze afghane.