L’aborto e il caso Nebraska: la storia non è irreversibile
Il Nebraska è divenuto il primo Stato degli USA a inserire il divieto dell’aborto in Costituzione. Questo ci dice una cosa importante: i processi storici non sono irreversibili. L’antidoto al modernismo: la collaborazione tra modo di ragione e modo di fede.
Dopo il recente referendum vinto dai pro vita, il Nebraska è divenuto il primo Stato americano a inserire il divieto dell’aborto in Costituzione. Come è noto, la cosa è stata resa possibile dopo la famosa sentenza della Corte suprema (giugno 2022) che ha attribuito la materia non più allo Stato federale ma ai singoli Stati dell’Unione.
In concomitanza con le recenti elezioni presidenziali, in una decina di Stati, tra cui il Nebraska, si sono tenuti referendum sulla legalizzazione o meno dell’aborto. Come è stato riportato sulla Bussola, nella maggioranza dei casi ha prevalso il sì all’aborto di Stato, però rimane significativo che in altri, anche se di numero inferiore (per il momento), sia prevalsa la tutela della vita del nascituro. Questo ci dice una cosa importante: i processi storici non sono irreversibili. Non dobbiamo fare le nostre valutazioni solo sulla situazione attuale, pensando che così dovrà essere anche in futuro e magari per sempre, dobbiamo invece tenere in conto non solo l’essere ma il “dover essere”. Nel caso in questione, l’esito negativo si è avuto negli Stati maggiormente spinti dentro il modernismo, come per esempio lo Stato di New York, mentre la difesa della vita ha avuto la meglio negli Stati, come il Nebraska, meno permeati dalla cultura liberal, postmoderna o woke che si voglia dire. Ma nessuna cultura è valida solo perché attualmente egemone, essa infatti può essere rovesciata e lo stesso modernismo, ossia l’idea che giusto e attuale coincidano, può essere sostituito.
Certamente, che la storia non sia irreversibile non vuol dire che il passato possa ritornare nelle sue forme precise. Significa che le verità che avevano animato in passato le forme dell’esistenza umana possono essere riprese e riattualizzate in modo nuovo. Ora, è evidente che, per poter essere riprese, queste verità devono essere a-storiche o sovra-storiche, se esse fossero solo storiche sarebbero perdute per sempre col passare del tempo.
Ci sono solo due modi per garantire questa a-storicità della verità e del bene. Il primo è un modo di ragione e consiste nel riconoscere l’esistenza di un ordine oggettivo e finalistico legato alla natura delle cose. Il secondo è un modo di fede e consiste nel credere in un Principio trascendente. Quando questi due modi non riescono più, per vari motivi, a collaborare prende il sopravvento il tempo che tutto porta via con sé, e allora sì che la storia perde la sua reversibilità.
Il punto delicato è stato quando alla prospettiva dell’essere è stata sostituita quella del futuro. Da quel momento nulla più è rimasto di stabile sotto il divenire delle cose sicché niente è stato più irreversibile. È singolare che a questa situazione abbiano partecipato due categorie del pensiero apparentemente opposte tra loro ma in realtà confluenti: quella dell’ideologia e quella dell’utopia. Normalmente si pensa che l’ideologia voglia conservare l’esistente, mentre l’utopia voglia negare l’esistente per rendere possibile il futuro. Ernst Bloch ha trasformato il senso marxista dell’ideologia come sovrastruttura conservatrice che convalida i presenti rapporti di classe nell’utopia marxista dell’ottavo giorno che ancora non è stato ma che sarà. Anche l’utopista rivoluzionario, però, deve diventare ideologo, anzi lo deve diventare continuamente, attimo dopo attimo, perché deve accogliere e convalidare il “nuovo” che nel frattempo si è verificato. Sia gli ideologi che gli utopisti non possono ammettere la reversibilità della storia che, invece, il Nebraska ha dimostrato essere possibile.
Stefano Fontana