L'abbazia di San Salvatore
L'abbazia di San Salvatore viene fondata dopo l'apparizione di Cristo al duca longobardo Rachis, nell'VIII Secolo. Qui fu conservato, per un millennio, il codice Amiatinus, la più antica copia manoscritta della Bibbia.
L’abbazia di San Salvatore, che ha dato il nome al suo comune di appartenenza, (Abbadia San Salvatore, provincia di Siena) ha origini antichissime legate all’apparizione del Cristo al Duca longobardo Rachis durante una battuta di caccia. Sul luogo della miracolosa visione sarebbe sorta, per suo volere, la chiesa. Se così fosse, la data di fondazione andrebbe collocata addirittura tra il 743 e il 762: senz’altro l’edificio venne consacrato nel 1035, periodo cui risale anche il primo importante e decisivo intervento di ristrutturazione.
Il primitivo edificio corrisponderebbe all’attuale cripta il cui spazio è scandito da trentasei colonne originali, variamente decorate. Su una di esse è riprodotto un bellissimo nodo gordiano, il nodo con cui a Gordo, in Asia Minore, era legato il giogo del carro consacrato a Zeus e che Alessandro Magno recise con un sol colpo di spada. Nella simbologia cristiana questa immagine ha acquisito il significato di eternità divina, che non ha inizio né fine. Su un’altra colonna sono, invece, raffigurati quattro personaggi le cui figure spiccano tra teste di cavallo. Si tratta, probabilmente, dei fondatori dell’Abbazia essendo possibile riconoscere nelle due teste coronate Re Rachis e sua moglie, affiancati da un monaco, il primo abate del monastero, e da un cavaliere della corte.
L’alta facciata di pietra, arretrata rispetto ai due campanili, di cui uno merlato e l’altro incompleto, è uno dei pochissimi esemplari italiani di West Werk, ovvero di prospetto con tue torri di derivazione carolingia ed ottoniana. La chiesa ha la tipica pianta a croce latina ad una sola navata, delimitata da possenti muri laterali di pietra trachitica. Nel presbiterio sopraelevato lo sguardo del fedele incrocia quello del Crocefisso, splendido capolavoro di fattura romanica borgognogna, dove il Cristo appare nella sua veste trionfante, senza corona di spine e con occhi e bocca aperti.
L’austerità dell’ambiente si interrompe nelle tre cappelle, che si aprono dal transetto, riccamente decorate a partire dagli anni Cinquanta del XVII secolo da Francesco Nasini che vi affrescò, con intento narrativo e didascalico, la storia dell’apparizione a Rachis, episodi della vita della Vergine e un ciclo con tema la Natività, la Fuga e il ritorno dall’Egitto. Non mancano, inoltre, le immagini dei Santi maggiormente celebrati sul territorio.
I monaci amanuensi dell’abbazia hanno conservato per quasi mille anni il prezioso codex Amiatinus, la più antica copia manoscritta della Bibbia, conservata integralmente, nella sua versione latina redatta da San Gerolamo, di cui è anche considerata la riproduzione più fedele, ora trasferito alla Laurenziana di Firenze.