L'abbazia di Nonantola
Nel Medioevo l'Italia era percorsa da una fitta rete di vie verso Roma. La via romea nonantolana, per esempio, da Fanano a Nonantola collegava i due rispettivi monasteri qui fondati da Anselmo, duca di Forlì che vestì l'abito monacale.
La via Romea per eccellenza nel Medioevo, per coloro che provenivano da settentrione o da oriente, era quella che seguiva la costa adriatica, sviluppandosi nell’entroterra piuttosto che sul litorale all’epoca ancora malsano e paludoso. La penisola italiana, però, era percorsa da una fitta rete di vie che conducevano a Roma: la via romea nonantolana, per esempio, da Fanano a Nonantola, collegava i due rispettivi monasteri qui fondati da Anselmo, già duca del Friuli e cognato del re longobardo Astolfo, che a metà 700 aveva preferito l’abito monacale al titolo nobiliare.
Sin dalla sua nascita quella di Nonantola ricoprì il ruolo di abbazia regia ed imperiale. Intitolata alla Vergine Maria e a S. Benedetto, venne dedicata a S. Silvestro quando vi furono traslate le spoglie del Santo Pontefice. Quando anche Papa Adriano III, i Santi Martiri Senesio e Teopompo, le Sante Vergini Anseide e Fosca trovarono qui degna sepoltura, la chiesa vide aumentare il numero di pellegrini e di monaci parallelamente al proprio prestigio che neanche il saccheggio degli Ungari nell’899 e il terribile terremoto del 1117 riuscirono ad annientare.
La chiesa attuale risale, dunque, a metà del XII secolo e rappresenta uno dei più significati esempi di romanico del Nord Italia, come bene documenta la sobria ed elegante zona absidale. La facciata, tripartita da semicolonne e animata da archetti pensili, che corrono lungo tutto il perimetro dell’edificio, è dominata da un protiro sorretto da leoni stilofori che incornicia uno splendido portale. Realizzato, quest’ultimo, dalla scuola del maestro Wiligelmo, esso presenta due sequenze di formelle che narrano, dal basso verso l’alto, le storie dell’infanzia di Gesù a destra e quelle dell’abbazia a sinistra.
Il disastroso sisma del maggio 2012 che ha fatto tremare gran parte del territorio emiliano, lasciando dietro sé rovine e macerie, non ha risparmiato la chiesa benedettina che è ora, purtroppo, visitabile solo in parte. Oltre al suo esterno oggi si può ammirare, sotto al presbiterio, la cripta, ambiente particolarmente suggestivo, scandito da colonnine impreziosite da splendidi capitelli romanici realizzati tra il IX e il XII secolo. E’ qui che si conservano le reliquie dei Santi già citati, cui si aggiungono quelle di S.Anselmo, abate fondatore. A questo spazio è, però, possibile accedere solo se accompagnati da personale del museo adiacente, allestito nel Palazzo Abbaziale (VIII sec.) Anche qui si custodisce un patrimonio di valore inestimabile e di rilevanza internazionale, un vero tesoro che comprende preziosi reliquiari, codici medievali e una raccolta di pergamene, databili dall’ VIII al XIV secolo, con i monogrammi di Carlo Magno, Matilde di Canossa e Federico I Barbarossa.
Temporaneamente le sezioni museali accolgono un percorso espositivo costituito dalle opere provenienti dalle chiese danneggiate dal terremoto, sopravvissute alla catastrofe. Siano sculture lignee o in terracotta, piuttosto che dipinti, firmati anche da celebri artisti quali Guercino e Giuseppe Maria Crespi, sono da guardare non solo per il loro indiscutibile valore artistico ma, come esorta il Cardinale Gianfranco Ravasi, quali “semi di un nuovo atto di creazione, simboli di una ricostruzione e di una rinascita possibile”.
Nel mese di luglio sono in programma visite guidate alla mostra “L’arte nell’epicentro da Guercino a Malatesta”, al museo e alle parti agibili dell’Abbazia nei seguenti giorni: domenica 7 e 28 luglio ore 16.30, ritrovo presso la biglietteria del Museo, è consigliata la prenotazione (059 54 90 25).