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DDL Zan

La Zan in Senato, Renzi sarà decisivo

Sulle pregiudiziali presentate dai partiti di Salvini e Meloni è finita con 136 voti contrari, 124 a favore e 4 astenuti. Ma il risultato ha dimostrato ancora una volta come i diciassette senatori di Italia Viva siano decisivi.

Gender Watch 15_07_2021

Ieri a Palazzo Madama tirava un'aria di déjà vu. Qualcuno, infatti, ha rispolverato i pallottolieri delle ore precedenti alla risicata fiducia al Conte II passata alla storia per il voto ritardatario dell'ex M5S Ciampolillo. In ballo, stavolta, non c'era la sopravvivenza di un governo ma l'approdo in Aula del ddl Zan. L'assenza di una decina di senatori nell'ex maggioranza giallorossa aveva fatto temere ai sostenitori del disegno di legge un primo capitombolo già nelle votazioni sulle pregiudiziali di costituzionalità richieste da Lega e Fratelli d'Italia. Così non è stato, però.

Sulle pregiudiziali presentate dai partiti di Salvini e Meloni è finita con 136 voti contrari, 124 a favore e 4 astenuti. La votazione era palese, quindi difficile attendersi sorprese. Ma il risultato ha dimostrato ancora una volta come i diciassette senatori di Italia Viva siano decisivi.

Prima del voto serale, questa la cronaca dell'infuocata giornata di ieri: dopo la riunione della Commissione Giustizia, il presidente Andrea Ostellari ha riferito in Aula sui lavori chiedendo di sospendere la seduta e convocare una conferenza dei capigruppo per sondare la possibilità di riprendere il dialogo avviato nelle ultime settimane tra centrodestra, Italia Viva e il gruppo delle Autonomie. La presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati ha accolto la richiesta, convocando la capigruppo e beccandosi fischi ed urla dai banchi di Pd, Leu e M5S.

I capigruppo di Italia Viva e delle Autonomie, invece, si sono detti ben disposti a tentare la strada dell'accordo politico, confermando di vedere di buon occhio eventuali modifiche da apportare al testo di Zan. Dem, pentastellati e sinistra, quindi, si sono ritrovati isolati a difendere la linea dell'intransigenza e col timore di qualche defezione interna. Il renziano Davide Faraone ha criticato l'atteggiamento degli ex compagni di maggioranza, accusandoli di inscenare "un incontro di western a favore di telecamere con le finte botte" e rivendicando il "dovere di verificare se c'è un percorso positivo da poter fare insieme". 

L'impressione è che la posizione dialogante di Italia Viva, alla lunga, sia stata decisiva nel segnare una prima battuta d'arresto al fronte PD-M5S-Leu. Infatti, al termine della capigruppo, i toni di chi voleva tutto e subito sono parsi decisamente meno audaci: il portavoce pentastellato ha dichiarato di voler fare di tutto per provare a scongiurare lo slittamento a settembre. Uno scenario possibile perché nelle prossime settimane al Senato ci sono cinque decreti da convertire in legge, la riforma del processo civile e l'elezione di due componenti del cda Rai. Un'agenda affollata che potrebbe giocare in favore di chi, come Italia Viva, ci tiene a vincere la sua partita politica, costringendo gli ex alleati ad una mediazione con il centrodestra.

Per Matteo Renzi la discussione sul ddl Zan è diventata il terreno su cui far pesare il suo essere ago della bilancia in Parlamento, specialmente in vista della prossima elezione del presidente della Repubblica. L'ex premier lo ha dimostrato intervenendo in Aula ieri sera per annunciare il voto contrario dei suoi alle pregiudiziali di Lega e Fdi, ma al tempo stesso rilanciando la necessità di un accordo politico per modificare gli articoli 1, 4 e 7 e poi portare il testo modificato alla Camera in due settimane.

Se la sua linea - che sembra avere una sponda in Lega e Forza Italia - dovesse passare, ad uscirne con le ossa rotte sarebbe soprattutto Enrico Letta che ha scelto il muro contro muro pur consapevole dei malumori presenti nello stesso Pd. Ieri l'ex capogruppo dem Andrea Marcucci ha dichiarato a La 7 che "se è necessario fare piccole modifiche, si facciano piccole modifiche", offrendo un assist all'ex segretario Renzi.

Capitolo centrodestra: sulla carta dovevano essere 136 i voti favorevoli alle questioni pregiudiziali, mentre alla fine sono stati in 124 a votare sì. Da Matteo Salvini si sono ascoltati toni inediti in Aula: "Dai dieci articoli del ddl prendiamo la parte più importante", ha detto il segretario della Lega spingendosi a ringraziare il promotore Alessandro Zan. Più duro Antonio Tajani, coordinatore nazionale di Forza Italia, per il quale "il testo presentato dalla sinistra è un testo che non tutela i diritti di libertà dei cittadini e rischia di togliere la potestà dei genitori nei confronti dei figli per quanto riguarda l'educazione e di creare reati di opinione".

Fratelli d'Italia ha invece organizzato un flash mob di protesta davanti al Senato e con il capogruppo Luca Ciriani ha affermato che il partito non si accontenterà di "un compromesso al ribasso, del cambiamento di qualche parola" perché la "legge va stoppata, cambiata in maniera radicale e profonda". Con il no alle questioni pregiudiziali, l'esame del ddl va avanti in Aula, mentre il termine per la presentazione degli emendamenti è stato fissato alle 12 di martedì 20 luglio. Intanto i lavori sul provvedimento riprenderanno questa mattina a Palazzo Madama.