La "World Watch List 2012" di "Porte Aperte"
Da dieci anni la Corea del Nord è al primo posto nella classifica dei "sorvegliati sepciali" dell'organizzazione evangelicale "Porta Aperte" che difende i cristiani perseguitati nel mondo.
Dei credenti cristiani che vivono in Corea del Nord - il Paese che recentemente ha celebrato i funerali del “caro leader”, Kim Jong-II, deceduto il 17 dicembre a seguito di un attacco cardiaco - è difficile dare una cifra esatta: sarebbero, secondo le statistiche più accreditate, tra i 200 e i 400mila. Quel che è certo, è che alcune decine di migliaia di loro, dai 50 ai 70mila, sono chiusi in campi di lavoro forzato, dove sono confinati - in base alle testimonianze dei rifugiati nord-coreani - i credenti sorpresi a pregare o organizzare incontri religiosi.
Fu il padre del dittatore deceduto, Kim Il-Sung, capo della Repubblica Democratica Popolare di Corea dal 1948 al 1972 (anno della sua morte), a istituire i campi di lavori forzati (veri e propri lager) dove far sparire oppositori politici, criminali e cristiani. Ma fu proprio l’appena scomparso Kim Jong-Il a far crescere e a estremizzare l’uso di questi campi, anche e soprattutto contro i cristiani e non solo attraverso la creazione di mega-lager come quelli di Yodok e Hoeryong (capaci di contenere fino a 50.000 detenuti), ma anche con lo sviluppo di dozzine di campi più piccoli, ma non meno brutali e disumani. Nello scorso mese di aprile, l’osservatore speciale Onu per i diritti umani nel Paese asiatico, Marzuki Darusman, nel Rapporto presentato al Consiglio ONU per i diritti umani che ha sede a Ginevra, ha illustrato come il sistema giudiziario nordocoreano manchi, con conseguenze devastanti, di indipendenza rispetto al regime. Oltre al potere giudiziario dei Tribunali ordinari, esiste infatti un “sistema di giustizia parallelo”, basato su leggi come quella sul “Controllo della Sicurezza Nazionale” e organismi che possono processare la persona e che hanno nomi “significativi” come “Comitato di Giudizio dei Compagni”, “Comitato di guida per la vita nella legalità socialista” e “Comitato di Sicurezza”.
E’ questo il contesto del Paese che per la decima volta consecutiva, occupa il primo posto della “World Watch List 2012”, pubblicata nei giorni scorsi dall’Associazione Evangelica Porte Aperte. Una testimonianza raccolta dall’Associazione riferisce che lo Stato nord-coreano si è prefissato come bersaglio di abbattere, per le prossime tre generazioni, i gruppi e le persone religiose, che attualmente si organizzano attorno ad una rete familiare. Le riunioni si svolgono in piccoli gruppi. A volte, però, la gente in campagna riesce a riunirsi anche in gruppi di ottanta persone. Molto spesso ci sono anche gruppi composti da sole due persone. Fin dalla nascita, le basi del cristianesimo vengono impartite anche ai bambini. Successivamente, questi piccoli gruppi cominciano ad aprirsi anche verso altri credenti, ma permangono serie difficoltà di sposare un altro cristiano.
Prima dello scorso Natale, l’”Agenzia Fides” ha riferito dell’iniziativa di “Porte Aperte” e di un’altra Ong d’ispirazione cristiana, la “Christian Solidarity Worldwide” (CSW): un appello al nuovo leader della Corea del Nord, Kim Jong-un, in quale non sembra peraltro intenzionato a cambiare questa strategia di distruzione del cristianesimo nel paese. In un rapporto inviato a Fides, CSW esorta il regime nordcoreano “a chiudere i campi di prigionia, a fermare le esecuzioni sommarie, a rispettare la libertà religiosa e a rilasciare tutti i prigionieri di coscienza”, invita poi la comunità internazionale “a fare pressioni per promuovere questi cambiamenti”.
Nella nuova lista di “Porte Aperte” dei primi 50 paesi dove è minacciata la libertà religiosa, 8 dei primi 10 posti sono occupati da governi islamici (Afganistan, Arabia Saudita, Somalia, Iran, Maldive, Uzbekistanm Yemen, Pakistan), mentre 32 delle 50 nazioni della classifica sono islamiche.
Insieme alla Nigeria, che nell’anno appena concluso vanta il più alto numero di martiri cristiani - con ulteriori eccidi che sono stati perpetrati nel giorno della Befana, con 23 morti e decine di feriti, durante la celebrazione della Messa e ad un funerale e nei giorni successivi, con altri 7 morti - e che passa dal 23mo al 13mo posto, sono da segnalare il Sudan, che passa addirittura dal 35° al 16° posto.e l’Egitto, che passa invece dalla 19ma alla 15ma posizione.
A causa delle violenze perpetrate contro i cristiani dai gruppi di guerriglieri, nella WWList rientra la Colombia, che occupa la 47ma posizione, mentre, rispetto all’anno scorso, scende di posizioni la Cina, che occupa la 21ma posizione, non per un reale miglioramento della situazione interna, ma a causa dell’ascesa di altre nazioni. Scalano varie posizioni della classifica l’Etiopia, 38ma e l’Indonesia, 43ma. Lievi miglioramenti si registrano in paesi come il Buthan, Qatar, Laos, Yemen, Iran e Iraq, pur non tenendo conto, per quest’ultimo paese, degli attentati avvenuti a fine dicembre 2011. Escono dalla WWlist, Sri Lanka e Zanzibar (Tanzania).