La vittoria russo-siriana ad Aleppo e la miopia europea
I governi europei continuano a ribadire il concetto che "non c'è soluzione militare al conflitto siriano". Ma rifiutano di vedere che russi e governativi stanno vincendo la guerra, come dimostra la riconquista di Aleppo. Tanto che, al Forum Med, Lavrov sta già dettando le condizioni di pace gradite a Mosca.
Solo un’Europa imbelle e incapace di ricoprire un ruolo da protagonista, neppure nelle crisi alle porte di casa, poteva continuare a sostenere che non esistono soluzioni militari al conflitto siriano.
Un concetto ribadito anche venerdì dal ministro degli esteri italiano, Paolo Gentiloni che ha dichiarato come quella militare "non è la soluzione" e non è possibile costruire un processo negoziale ne' una transizione "sulle macerie di Aleppo". Eppure la Storia ci dice che le grandi svolte nell’umanità sono scaturite proprio da vittorie e sconfitte militari e sono state le guerre a far cadere imperi a dare o togliere libertà ai popoli a stabilire aree d’influenza. Il fatto che Occidente e soprattutto Europa non siano più disposti a combattere non significa che la Storia abbia modificato le sue “linee guida”.
Infatti lo stesso Segretario di Stato statunitense John Kerry ha dovuto ammettere, a denti stretti, che in Siria hanno vinto i russi. Una vittoria che è essenzialmente militare, costruita in 14 mesi di intervento bellico a sostegno di Bashar Assad con 5 mila militari, migliaia di contractors o mercenari, una cinquantina di aerei ed elicotteri e una dozzina di navi. Un impegno diretto che ha consentito al ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, a margine del Forum Med 2016 a Roma, di “dettare” le condizioni della pace. Le uniche opposizioni riconosciute saranno quelle che non si sono mischiate ai terroristi delle milizie islamiste, ma non esistono gruppi “moderati” che non abbiano stipulato alleanze sul campo di battaglia con qaedisti (ex Fronte al-Nusra), salafiti e Fratelli Musulmani dell’Esercito della Conquista. Per questo parlare di transizione a Damasco non ha senso anche perché nell’attuale situazione siriana Assad potrebbe non avere rivali neppure in caso di libere elezioni.
Una realtà che il ministro degli esteri britannico, Boris Johnson, si rifiuta di vedere. "Onestamente, penso davvero sia un errore pensare che tutto ciò che accade ad Aleppo e in altre zone controllate dai ribelli in Siria possa essere considerato una vittoria per Assad o per Putin", ha detto alla BBC perché "è impossibile immaginare che il popolo siriano, che milioni di siriani, vogliano scendere a patti con un regime guidato da Assad. Ci sono milioni di siriani che non lo accetteranno, che continueranno a combattere, quindi la soluzione migliore per il presidente Putin e le marionette che sostiene è venire al tavolo dei negoziati e firmare un accordo che liberi la Siria dal regime di Assad". Per incapacità e incompetenza Johnson ha già più volte dimostrato di rappresentare il punto più basso mai raggiunto nella gloriosa storia del Foreign Office e ben simboleggia le ragioni per cui britannici ed europei non riescano ad esprimere nulla di rilevante in questa come in altre crisi dei nostri giorni.
Anche Kerry, e a ruota il “fedele” Gentiloni, continuano a utilizzare la questione degli aiuti umanitari alla popolazione di Aleppo Est per rallentare l’avanzata delle truppe governative ma fingono di non sapere che la gran parte dei civili nei quartieri in mano ai ribelli plaude all’avanzata dell’esercito e cerca scampo nelle zone controllate dai governativi a conferma di come la popolazione subisca il dominio dei jihadisti invece di sostenerlo. Lo conferma anche un dato proveniente dai sobborghi di Damasco. Sull’onda della sconfitta ad Aleppo i ribelli jihadisti si sono ritirati anche da Khan Alsheh a 15 chilometri da Damasco e da 13 villaggi circostanti. L’area è stata riconquistata dall’esercito in base a un accordo che ha consentito ai ribelli di ritirarsi a Idlib, unica città importante rimasta agli insorti nella Siria occidentale ma da ieri oggetto di pesanti incursioni aeree russe e siriane. Tra miliziani e loro famigliari se ne sono andati in appena 2 mila a conferma di quanto consenso popolare godessero.
Sul campo di battaglia la vittoria dei governativi ad Aleppo Est sta maturando rapidamente e l’esercito di Assad ha conquistato ormai i tre quarti della zona orientale dove i ribelli, appartenenti a una ventina di gruppi, si sono uniti sotto il nuovo organismo battezzato “Esercito di Aleppo”. L’avanzata ha offerto a Mosca un’altra occasione per ridicolizzare le critiche degli europei, in particolare dei britannici, che sottolineano le precarie condizioni umanitarie nei quartieri orientali di Aleppo. "Sembra che il governo britannico abbia perso la visione oggettiva di ciò che sta accadendo in Siria a causa della russofobia" ha detto Igor Konashenkov, portavoce del ministero della Difesa russo, notando che il Regno Unito non ha inviato "un grammo di farina, qualsiasi medicinale o coperte per aiutare la popolazione civile ad Aleppo nell'intero arco del conflitto siriano". Più di 90mila civili sono stati salvati in queste aree e gli abitanti dei quartieri orientali di Aleppo hanno ricevuto aiuti umanitari, medicine e vestiti caldi ogni giorno sia dal Centro Russo per la Riconciliazione che dal governo siriano" ha concluso Konashenkov.
Per affrontare l'ultima battaglia, che si preannuncia casa per casa, contro le milizie jihadiste, Damasco pare abbia inviato le forze d’élite della Quarta divisione della Guardia Repubblicana. L’obiettivo di Mosca e Damasco sembra essere quello di chiudere a battaglia di Aleppo al più presto per poter impiegare le ingenti forze qui concentrate su altri fronti: a Idlib e nel sud per ripulire dai ribelli tutto il territorio occidentale e meridionale inclusi i confini con Israele e Giordania. Inoltre il successo ad Aleppo consentirà di disporre di forze consistenti per affrontare l’Isis che controlla ancora parte dei territori orientali siriani. Le truppe di Damasco e i loro alleati potrebbero puntare su Raqqah (già minacciata dalle milizie curdo-cristiano-sunnite delle Forze Democratiche Siriane) e liberare la base aerea di Deir Ez Zor sotto assedio da tre anni.
Quando Donald Trump si insedierà alla Casa Bianca, il 20 gennaio 2017, la guerra siriana potrebbe aver preso una piega ormai definita creando così le migliori condizioni per un’intesa tra Russia e Usa che garantirà soprattutto gli interessi di Mosca e Damasco, cioè di coloro che la guerra contro i jihadisti l’hanno combattuta sul campo di battaglia non a suon di chiacchiere e ambiguità strizzando l’occhio ai terroristi islamici.