Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Graziano a cura di Ermes Dovico
RIFLESSIONI SUL DOLORE

La vita che sbuca tra le macerie

Uno Scalfari nichilista guida la pattuglia di chi vede il buio dopo il sisma di Amatrice e descrive il caos per cui “vivere è del tutto inutile”. Però il terremoto non nega, ma testimonia l’esistenza di Dio. E la storia di Ramon e Martina, freschi sposi nonostante la devastazione, è la caparra di felicità che cerchiamo. 

Editoriali 30_08_2016
Ramon e Martina, freschi sposi nonostante il sisma

“Macerie”. E’ il titolo sullo sfondo completamente nero della copertina dell’Espresso di venerdì dedicata al terremoto, che con un lungo servizio prova a elencare tutti gli errori della prevenzione e incolpare la speculazione edilizia. Lo stesso sottolineano i grandi giornali. Dopo lo sgomento iniziale la tentazione è la solita, quella di trovare il responsabile per rassicurarsi e convincersi del fatto che forse la tragedia si poteva evitare. Che l’uomo, se vuole, può controllare gli eventi.

Ma non è lontana da questa presunzione la posizione di chi indica l’ineluttabilità del male, quale essenza della struttura umana e della natura, come commentava domenica scorsa su Repubblica Eugenio Scalfari. Parlando del sisma, e di “tutti gli altri mali del mondo”, descrive il caos per cui “vivere è del tutto inutile” perché al “desiderio costante degli uomini d’essere felici” si contrappone “l’inesistenza della felicità. Può durare un attimo la felicità, ma non più tanto”.  L’unica soluzione a questa costante delusione e finitezza delle cose e dei piaceri sarebbe quindi l’attesa della morte, non perché porti felicità, ma solo perché eliminerebbe l’infelicità terrena. E’ un elogio al nichilismo ateo, quello del fondatore di Repubblica, che sbeffeggia come un povero illuso chi “si contenta, ride, motteggia, magia l’amatriciana…”. 

Anche questo sguardo distruttivo è figlio di un ultimo tentativo di ribellione orgogliosa di fronte a un dramma che rievidenza che se non siamo noi i padroni e che se le cose ci sono e finiscono significa che ne esiste uno di padrone da cui dipendiamo, volenti o nolenti. I danni di tale ribellione nichilista sono sotto gli occhi di tutti, basti pensare alla depressione del mondo occidentale incapace di guardare la realtà nella sua profondità infinita. Scalfari, infatti, elimina irrazionalmente l’evidenza che ogni pulviscolo esistente è misteriosamente fatto da qualcuno, quindi dato ed eterno, perché l’essere non può contraddirsi. E’ questa percezione innata che riesce a far reagire gli uomini di fronte ai drammi peggiori. Sebbene dal ragionamento di Scalfari si dedurrebbe la stupidità di Ramon e Martina che, nonostante la chiesa di Acquasanta Terme sia crollata per il sisma, hanno deciso di sposarsi comunque a cielo aperto per condividere il dolore dei paesani sfollati e perché “in mezzo a questi dolori abbiamo la gioia di sperare ancora nel futuro”, come ha sottolineato il sacerdote durante l’omelia. 

Pazzo anche il falegname in pensione Carmine Montefoche, di 74 anni, che si è rimesso al lavoro perché “questo posto rinasca e voglio essere protagonista”. Illuso pure il ristoratore Franco Serafini, per cui “fa niente se il ristorante ha le crepe, se dentro e fuori è tutto tritato, lo rifaremo”. Fra le accuse e la depressione alimentata da giornalisti e intellettuali c’è dunque chi spera. E come spesso accade a farlo non solo le persone che guardano la tragedia dagli schermi dei loro comodi salotti ma chi è vittima della sciagura. Sono questi a rendersi conto che il terremoto non nega, ma testimonia l’esistenza di Dio. Perché, come diceva Einstein, il male esiste solo come mancanza e negazione di un bene presente, che spesso si dimentica ma che il dramma rammenta necessario. Questa gente, smossa dalle scosse, cerca quindi di affermare, consciamente o meno, questo eterno, rintracciabile in ogni dato esistente, che lo salva anche dalla sua finitezza. Ricordando che non sono le cose a deluderci e a non bastare, ma l'occhio monco con cui le riduciamo.

Lo diceva così Oriana Fallaci, affetta dal cancro: “Sono troppo convinta che la vita sia bella anche quando è brutta, che nascere sia il miracolo dei miracoli, vivere: il regalo dei regali. Anche se si tratta d’un regalo molto complicato, molto faticoso, a volte doloroso. E con la stessa passione odio la morte. La odio più di una persona da odiare e verso chi ne ha il culto provo un profondo disprezzo. Io non la capisco la morte, capisco soltanto che fa parte della vita, e che senza lo spreco che chiamo morte…non ci sarebbe la vita”.

Basta un minimo di onestà per ammettere che il cuore umano aderisce più facilmente alla posizione della giornalista atea che a quella dell'ateo Scalfari. Ma se la ragione dice che ogni cosa e persona che è fatta non può finire nel nulla, può risultare davvero difficile reggere a lungo mantenendosi in questo slancio originale. Per questo il mistero che ha fatto ogni cosa, è nato, morto e risorto, donandosi come caparra della felicità eterna attraverso l’incarnazione di cui l’unione sponsale è segno. Sarebbe altrimenti difficile continuare a sperare in qualcosa che non si possa già cominciare a vedere, toccare e chiamare per nome. Per questo non l’irrazionalità nichilista ma il matrimonio di Ramon e Martina resta la risposta più intelligente alla tragedia del sisma.