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Ora di dottrina / 148 – La trascrizione

La Verginità di Maria (II parte) – Il testo del video

La verità del concepimento verginale di Gesù nel seno di Maria e poi del suo parto verginale è già evidente nelle Sacre Scritture. Come per il concepimento, anche per il parto verginale san Tommaso offre delle ragioni di convenienza intimamente legate al disegno divino dell’Incarnazione del Verbo.

Catechismo 26_01_2025

Proseguiamo la nostra riflessione sulla verginità di Maria Santissima, la Sempre Vergine. Questa brevissima formula esprime la sua verginità nel concepimento, nel parto e dopo il parto. Abbiamo visto, nella catechesi precedente, le formulazioni dogmatiche in proposito: ne ho lette solo alcune, abbiamo fatto particolare riferimento al Sinodo Lateranense del 649 e alle condanne da parte di Pio IV riportate nel n. 1880 del Denzinger. E poi abbiamo citato qualche altro testo per comprovare la presenza costante di questa verità nell’insegnamento della Chiesa, nonostante le numerose eresie che si sono proposte e riproposte su questo tema, in particolare eresie legate alla negazione della vera divinità del Figlio di Dio.

Poi abbiamo affrontato l’articolo 1 della quæstio 28 della III parte della Summa Theologiæ dedicata alla verità del concepimento verginale del Signore nel grembo della Vergine.

Oggi vorrei mostrarvi che abbiamo conferma di ciò anche nelle Sacre Scritture: non è un’invenzione della Chiesa. Abbiamo alcuni testi, molto espliciti, nel Vangelo di san Matteo. Quando leggiamo che Maria «si trovò incinta per opera dello Spirito Santo» (Mt 1, 18), ciò indica una condizione nella quale la Madonna si ritrova incinta senza concorso umano; sempre nel Vangelo di Matteo, nella cosiddetta “annunciazione a san Giuseppe”, abbiamo l’espressione «quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1, 20); non è scritto “quel che tu hai generato in lei”. Ancora, esplicitamente, la Madonna partorì «senza che egli [riferito a Giuseppe] la conoscesse» (Mt 1,25); si parla della conoscenza in senso biblico, cioè dell’atto coniugale in senso proprio.

Ma ci sono altri elementi che fondano questa verità del concepimento verginale e, in particolare, lo troviamo nell’uso di due verbi, sia in Luca che in Matteo: il verbo, ghennáō (γεννάω), che in greco indica la procreazione, dunque include propriamente il padre in questa generazione e nella forma attiva ghennáō indica proprio il procreare; e il verbo tiktō (τίκτω), che indica il partorire e che dunque si riferisce alla sola madre.

Generalmente in Matteo e in Luca il verbo utilizzato, in riferimento alla Madonna, è τίκτω, quindi il riferimento non è alla generazione intesa come procreazione, ma alla generazione intesa come parto. Invece, quelle volte che troviamo il verbo γεννάω, come per esempio nella genealogia di Matteo, vediamo che quando viene riferito a Maria Santissima assume la forma passiva, non attiva. Faccio un esempio. Nel Vangelo di Matteo è presente la famosa genealogia del Signore: «Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe», eccetera. Cioè, abbiamo questa forma: X generò Y, c’è un padre che genera un figlio (forma attiva). Ma quando arriviamo a Gesù, abbiamo un cambiamento in questa sequenza ripetuta di 14 generazioni (14 +14 + 14): cioè non abbiamo che Giuseppe generò Gesù, secondo quello che è lo schema di tutte le generazioni precedenti; e nemmeno troviamo che Maria generò Gesù, ma leggiamo: «Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria dalla quale fu generato [è nato] Gesù chiamato Cristo». Il verbo è egennēthē (ἐγεννήθη), quindi abbiamo la forma passiva: non abbiamo “Maria generò Gesù” e tantomeno “Giuseppe generò Gesù”, ma Giuseppe, lo sposo di Maria dalla quale fu generato… Questo cambiamento è fortemente significativo, perché indica che qui siamo di fronte a una generazione tramite madre ma non tramite padre: da Maria viene generato, ma non è Giuseppe che genera. Importantissimi dettagli, ma dettagli che poi diventano decisivi, in queste questioni.

Forse ancora più esplicito è il parallelo che troviamo nel Vangelo di Luca, nel primo capitolo, tra la generazione e nascita di Giovanni Battista – dove si usa sempre il verbo ghennáō, ma all’attivo, perché san Giovanni Battista è stato generato da Zaccaria e da Elisabetta – e quella di Gesù. L’annunciazione di san Giovanni Battista e la sua nascita hanno sempre questo verbo, ghennáō, all’attivo, che è il verbo che si utilizza per tutte le generazioni umane: il padre che genera un figlio. Invece, quando ci spostiamo sul versante del concepimento e della nascita di Gesù, il verbo che viene utilizzato è tiktō, che indica il parto, come dicevo prima, quindi è legato a Maria. Non si parla di una generazione per via paterna e materna, ma solo di un essere partorito da una madre, Maria, che partorisce, che dà alla luce o nella quale fu generato Gesù, senza riferimento al padre.

Si tratta di dettagli importantissimi perché ci mostrano l’attenzione con cui gli evangelisti hanno voluto trasmettere non un’idea ma la verità delle cose, e cioè che Gesù non è stato generato da Giuseppe: la generazione del Signore non è avvenuta secondo la linea di tutte le altre generazioni straordinarie, come quella di san Giovanni Battista per esempio, ma secondo una linea nuova; una linea – come dicevamo la volta scorsa, secondo una felicissima espressione – di Colui che nell’eternità è stato generato da un Padre senza una madre, e nel tempo nasce da una Madre senza un padre. Verità, ancora una volta fondamentale perché legata alla divinità di Cristo. Ricordiamo il grande dogma cristologico: due nature integre, vere – quella divina e quella umana –, unite nell’unica persona del Verbo. Questo significa che la generazione del Verbo nella carne non può eliminare una di queste polarità assorbendola nell’altra.

Cerco di spiegare. Se la generazione di Gesù fosse stata la generazione di un semplice uomo, avremmo avuto racconti di concepimenti straordinari e nascite straordinarie: la sterile che ha un figlio, come fu per Sara nel caso di Isacco, per Elisabetta nel caso di san Giovanni Battista, per Anna, nel caso di Samuele; ma non avremmo avuto la Vergine che concepisce e partorisce. Avendo solo la polarità umana non serviva qualche cosa che eccedesse la natura, che fosse un segno di una provenienza da altro, quindi un principio divino che entra in una natura umana, per generare una natura umana. Dall’altra parte, se fosse stato solo Dio, non avremmo avuto bisogno di una madre vera, terrena. Dio, per essere “solo” vero Dio, poteva semplicemente travestirsi – come sosteneva un’eresia, il docetismo –, apparire in una natura umana, ma senza assumerla realmente. Dunque, vedete l’importanza di questo dogma legato proprio alla cristologia. Invece, la generazione e il parto di Cristo sono da una vera madre, a difesa della sua vera natura umana, ma senza un padre umano, a difesa della sua natura e persona divina.

Vediamo adesso l’art. 2 della quæstio 28, che san Tommaso dedica alla verginità della Madonna nel parto. Ricordiamo che il dogma completo di Maria Sempre Vergine ci indica proprio i tre aspetti di questa verginità perpetua: ante partum (prima del parto, incluso il concepimento), in partu (un parto verginale) e post partum. San Tommaso ci dice: «Senza alcun dubbio dobbiamo affermare che la madre di Cristo fu vergine anche nel parto, poiché il Profeta [il riferimento è sempre a Isaia 7, 14] non dice solo: “Ecco, la vergine concepirà”, ma aggiunge: “e partorirà un figlio”» (III, q. 28, a. 2). Vi ricordo che “concepirà” e “partorirà”, qui, non vanno visti come verbi al futuro, ma come participi presenti: la vergine concepente, la vergine partoriente; vergine mentre concepisce, vergine mentre partorisce.

E di nuovo san Tommaso offre delle ragioni di convenienza, di ragionevolezza, di sapienza di questo disegno divino, che appunto ha disposto un parto verginale. Cosa vuol dire “parto verginale”? Un parto che non ha leso l’integrità fisica di Maria Santissima, un parto senza le doglie, senza la perdita di sangue. Tra queste ragioni di convenienza, in particolare vediamo le prime due: «Primo, perché si addiceva alla proprietà personale del Verbo di Dio che nasceva. Infatti il verbo mentale non solo viene concepito senza alterazione della mente, ma anche esce da essa senza corromperla. Per dimostrare quindi che quel corpo apparteneva allo stesso Verbo di Dio era conveniente che nascesse dal seno incorrotto della Vergine. Così si legge infatti in proposito in un sermone del Concilio di Efeso: “La donna che dà alla luce una carne comune perde la verginità, ma quando nasce nella carne il Verbo, allora Dio custodisce la verginità rivelandosi così come Verbo. Come infatti il nostro verbo mentale non corrompe la mente quando viene proferito, così neppure il Verbo sostanziale che è Dio, volendo nascere, viola la verginità”» (ibidem).

Se ricordate, abbiamo trovato questo tipo di argomentazione già per il concepimento verginale. Colui che viene partorito, chiaramente, è lo stesso che viene concepito ed è il Verbo eterno del Padre; dunque, il Concilio di Efeso ci spiega che la caratteristica del Verbo è proprio quella di essere concepito senza corruzione sia, evidentemente, nella sua generazione eterna, sia nella sua impronta creata. Che cos’è l’impronta creata del Verbo divino? È il verbo mentale, è il logos mentale. E che caratteristica ha in noi la parola del nostro pensiero? Il fatto che viene emessa senza corrompere la nostra carne, senza corrompere la nostra natura. È la “traccia” creata del Verbo increato.

Posto questo principio, il Concilio di Efeso dice: «Quando nasce nella carne il Verbo, allora Dio custodisce la verginità rivelandosi così come Verbo». Perché il Verbo è Colui che nella sua generazione eterna, nel suo concepimento umano come verbo dell’uomo, e, sul versante del segno, come parola della mente dell’uomo, non corrompe la natura dell’uomo, non corrompe la nostra corporeità: il verbo mentale non corrompe la mente. Il Verbo eterno, di cui il verbo mentale è solo un’immagine, non corrompe la corporeità di Maria non solo nel suo concepimento, ma anche nel suo parto, nella sua venuta al mondo.

Dunque, il parto verginale è la conseguenza, la manifestazione del concepimento verginale, perché è lo stesso Verbo ad essere concepito e partorito. Riflettiamoci: non siamo più abituati a pensare in questi termini le proprietà delle persone della Santissima Trinità, ma noi sappiamo che tutta la creazione porta l’impronta trinitaria. Dunque, non è un’invenzione umana o un mero esempio per farci capire questo parallelo tra il Verbo eterno e il verbo concepito nella mente umana. Il Concilio di Efeso ce lo porta addirittura come argomento a sostegno della ragionevolezza di questo parto verginale.

Il secondo motivo di convenienza riportato da san Tommaso è questo: «Ciò era conveniente dalla parte del fine dell’incarnazione di Cristo. Infatti egli venne a togliere la nostra corruzione. Non era quindi opportuno che nascendo corrompesse la verginità della madre. Dice infatti sant’Agostino: “Non era giusto che violasse l’integrità con la sua nascita colui che veniva a sanare la corruzione”» (ibidem). Questa affermazione è anche molto interessante perché ci troviamo di fronte a una convenienza dovuta al fatto che Cristo, Colui che s’incarna nel grembo della Vergine, è il Redentore, è il Salvatore per eccellenza. Cioè, il parto verginale è il segno della missione che il Signore è venuto a compiere, ossia la missione di salvare dalla corruzione del peccato e della morte. Dunque, per dirla in modo più semplice: non era conveniente che Colui che veniva a salvarci dalla corruzione, Colui che era venuto addirittura a dare un segno di questa sua missione profonda e radicale, cioè salvare l’uomo dalla corruzione del peccato e della morte, «nascendo corrompesse la verginità della madre». Che segno aveva dato? Il segno delle guarigioni. Guarisce dalle infermità che sono la conseguenza del peccato originale; guarisce dalla cecità, dalla sordità, dall’essere storpi e dall’essere lebbrosi. Colui che ha dato questi segni per indicare questa sua costitutiva identità di Dio che salva (Gesù sta per “Dio salva”), doveva dare questo segno fin dall’inizio nel corpo di sua madre, non corrompendo, non provocando le doglie del corpo materno. Non era conveniente che colui che operava miracoli attorno a sé, come segno della sua missione di Salvatore, provocasse ferite, dolore, lacerazione, corruzione nel corpo materno.

È molto bello perché questo spiega anche l’azione divina nell’uomo. Faccio un contrasto molto acceso per spiegarmi, per rendere meglio l’idea. Il demonio, quando prende piede nella vita dell’uomo, cosa fa? Per eccellenza lo corrompe, cioè lo getta nel vizio. All’inizio tutto sembra roseo, bello, ma in realtà lo corrompe nell’anima, nel corpo, come conseguenza del vizio e spesso addirittura anche con delle manifestazioni straordinarie, ma purtroppo non così rare, come le possessioni. Quando il demonio s’impossessa di un uomo gli fa fare le cose più disumane che si possano pensare. Il Verbo divino, Dio, quando invece entra nella vita di un’anima, di una persona, non solo non la corrompe, ma la eleva, la rende più perfetta. E questo si è avverato pienamente nella Vergine Santissima, non solo nella pienezza della grazia ma anche nella sua corporeità. L’onnipotenza divina non è l’“onnipotenza” umana, che è distruttiva (un delirio di onnipotenza); l’onnipotenza divina custodisce, preserva ed eleva. E questo lo vediamo anche nella realtà bellissima del parto verginale. Sono molto belli questi motivi di convenienza che troviamo nella tradizione della Chiesa, condensati da san Tommaso nei testi della Summa.

Degna di nota, nell’art. 2, è la risposta alla seconda obiezione, dove san Tommaso dice: «Cristo volle dimostrare la realtà del suo corpo in modo da manifestare insieme la propria divinità. Perciò mescolò insieme meraviglie e umiliazioni. Per mostrare la verità del suo corpo nacque da una donna. E per mostrare la sua divinità nacque da una vergine» (ibidem, ad 2). Uno potrebbe dire: “Così però non è propriamente uomo”. No, così è veramente uomo, ma non è, potremmo dire, totalmente uomo: in questo mistero del concepimento e del parto verginale, noi abbiamo in equilibrio queste due dimensioni: 1) una vera umanità, altrimenti non c’era bisogno di una madre e di un parto; 2) essendo Dio, questo parto doveva essere un parto particolare, che doveva manifestare chi era Colui che veniva partorito, cioè Dio e in particolare il Verbo di Dio.

Vediamo anche la risposta alla terza obiezione. In sostanza la terza obiezione dice: com’è possibile che avvenga un parto verginale? Che è in fondo la domanda di chi si chiede: com’è possibile che avvenga un concepimento verginale? San Tommaso in entrambi i casi dice che fu la potenza divina a intervenire. Nel caso del concepimento, il parallelo richiamato è la creazione dal nulla di Adamo ed Eva. San Tommaso dice: non si capisce perché Colui che ha creato dal nulla Adamo ed Eva non dovesse trovare il modo di realizzare un concepimento verginale.

Nel caso del parto, alcuni dicevano: il parto è verginale perché il corpo del Signore è un corpo glorioso. Ma san Tommaso dice “no”, perché il corpo glorioso il Signore lo avrà con la sua resurrezione, non nel parto. Ricordate che abbiamo parlato dei meriti di Cristo e abbiamo detto che il Signore ha meritato anche per Sé. Che cosa ha meritato per Sé? La sua glorificazione e, in particolare, il corpo glorioso. Qui, nel parto, non c’era ancora il corpo glorioso. San Tommaso perciò dice: «(…) Dobbiamo quindi affermare che tutti questi fatti [qui parla del parto verginale] furono compiuti dalla potenza divina miracolosamente. Da cui le parole di sant’Agostino: “Dove interveniva la divinità, il corpo non si arrestava di fronte a porte sprangate. Poteva ben entrare senza aprirle colui che nacque lasciando inviolata la verginità della madre”» (ibidem, ad 3). Qui si fa un parallelo tra Gesù che entra nel Cenacolo a porte chiuse con la sua resurrezione e il suo concepimento. San Tommaso, come detto, distingue: nella resurrezione c’era un corpo glorioso, prima no. E tuttavia in entrambi i casi si tratta di una manifestazione della potenza divina.

Molti Padri hanno visto nel parto verginale il segno della resurrezione di Cristo che con il suo corpo avrebbe oltrepassato le porte chiuse del sepolcro come anche le porte chiuse del Cenacolo. Ma secondo alcuni teologi è soprattutto alla luce della resurrezione che si è compreso il parto verginale come segno di questo, piuttosto che il contrario. Ma questo lo si può liberamente dibattere.

La prossima volta chiudiamo la trattazione della quæstio 28 con gli articoli 3 e 4, cioè la verginità della Madonna dopo il parto e la questione del cosiddetto voto di verginità di Maria Santissima.



Ora di dottrina / 148 – Il video

La Verginità di Maria (II parte)

26_01_2025 Luisella Scrosati

La verità del concepimento verginale di Gesù nel seno di Maria e poi del suo parto verginale è già evidente nelle Sacre Scritture. Come per il concepimento, anche per il parto verginale san Tommaso offre delle ragioni di convenienza intimamente legate al disegno divino dell’Incarnazione del Verbo.

Ora di dottrina / 147 – La trascrizione

La Verginità di Maria – Il testo del video

19_01_2025 Luisella Scrosati

Il titolo di «Maria sempre vergine» è diffuso nella Chiesa sia prima che dopo il Sinodo Lateranense del 649, che offre una definizione dogmatica completa della verginità di Maria prima, durante e dopo il parto. Dal “teologumeno” slegato dal fatto storico alla “giovane donna”: risposte alle obiezioni più comuni.