NOTA
La vacanza della politica non promette bene
Mentre il governo, senza dirlo, fa politica, i partiti tradizionali sembrano vittime di spinte centrifughe che non lasciano presagire nulla di buono.
Attualità
28_02_2012
La vacanza della politica nel nostro Paese non promette molto di buono. Il quadro dei partiti si sta decomponendo, anche se è stato messo in naftalina, forse perché ve lo hanno lasciato troppo a lungo. Non che la politica non la si faccia, la si fa però senza dare troppo a vedere, alla chetichella, fingendo di non farla. In altre parole la si fa di nascosto, senza tensione: una politica senza la politica.
Il governo tecnico di Monti fa politica, ma senza dirlo a nessuno. Il divorzio breve e l’Ici sui beni della Chiesa lo testimoniano, ma anche tutto il discorrere che si fa sulla necessità di ridurre i tempi per ottenere la cittadinanza per gli immigrati prelude a possibili scelte politiche. Il presidente Monti ha dichiarato che la riduzione dei tempi per la cittadinanza agli immigrati non è nella mission del governo, che è appunto solo un governo tecnico. Lo era forse la riduzione dei tempi per divorziare?
La trattativa con le parti sociali per la riforma del lavoro e, in particolare, quella dell’articolo 18, avrebbe dovuto procedere senza accordi al ribasso, proprio perché il governo, essendo tecnico e non politico, si impegna a trattare però poi si può permettere di procedere per la propria strada. Così, almeno, lasciavano capire il ministro Fornero e il premier Monti: riformeremo l’articolo 18 anche se non avremo raggiunto l’accordo con i sindacati, porteremo la riforma in parlamento anche se non avremo il consenso dei partiti. L’impressione è che, invece, si stia trattando e ritrattando.
La politica la si fa, quindi, ma con la paura e perfino la vergogna di dirlo. Anzi, si può dire che certe uscite politiche, o addirittura ideologiche, come il divorzio se non proprio breve almeno abbreviato, nascano da questa finta generalizzata sull’apnea della politica, una recita come quelle che si fanno a scuola, di cui approfittano però singoli e gruppi per percorrere strade proprie dato che i partiti sono in parcheggio.
Se guardiamo dentro i partiti, appunto, notiamo una tendenza preoccupante ad appoggiare ed appoggiarsi a Monti mentre intanto, però, lo smottamento interno ai partiti aumenta. Berlusconi invita Monti a procedere, Casini invita Monti a procedere, Fini invita Monti a procedere, Bersani invita Monti a procedere … ma intanto la tenuta interna di questi partiti di governo ma non al governo si fa problematica.
Qualcuno afferma che se domani Bossi dovesse lasciare, la Lega si disintegrerebbe in tanti frammenti, come una granata che scoppia. Rinascerebbe perfino la Liga Veneta. Il sindaco di Verona Tosi vuol fare una lista personale per le prossime amministrative. Bossi glielo vieta. E lui la farà lo stesso, magari chiamandola con il nome della cognata. Del resto abbiamo visto tutti che su Maroni Bossi ha dovuto fare marcia indietro e sono in molti a pensare che pezzi importanti di militanti li abbia ormai persi.
Dentro il Pdl si respira aria di maretta. Se non ci fosse la Fondazione Magna Carta a continuare a parlare di politica nonostante tutto, non si percepirebbe da quella parte più che un’esile voce. Tutto sembra fermo. Berlusconi ha incontrato Monti e all’opinione pubblica è arrivato il messaggio che il programma del 1994 ora il Cavaliere l’ha delegato a Monti. Nel frattempo sembra che Alfano si stia adoperando con successo per ricucire con Gianfranco Fini: la piccola politica del cuci e ricuci che prolifera all’ombra dell’assenza della grande politica.
Nel Pd, allentatosi per il momento il pericolo Renzi, altri casi testimoniano una insofferenza dei rami locali del partito per le posizioni centrali e centralistiche di Bersani. Il caso di Genova, dove un outsider estraneo all’apparato ha vinto le primarie rispetto ai due candidati di regime, è molto significativo. L’establishment è stato sconfitto. Non è impensabile un travaso di simpatie politiche dal Pd verso l’Italia dei Valori da un lato e verso l’Udc dall’altro. Bersani lancia avvertimenti a Monti – “il nostro assenso in parlamento alla riforma del lavoro non è scontato” – che sa però di non poter onorare. Vuol forse dar ragione a Di Pietro e a Vendola piuttosto che a se stesso?
Si diffonde una politica impolitica, una politica che non vuol più essere chiamata così e che però non rinuncia ad essere politica. Alle prossime amministrative ci sarà sostanzialmente un tutti contro tutti. Proliferazione di nuove liste e di liste cosiddette civiche. Dissociazione tra vecchi alleati. Accordi a macchia di leopardo. Scomposizioni e ricomposizioni. Desistenze. Almeno fino a quando non tornerà la politica.