La tragedia dei cooperanti uccisi a Gaza, scandalo mondiale per Israele
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Sette volontari dell'Ong World Central Kitchen sono stati uccisi in un raid aereo israeliano, dopo che avevano portato aiuti alimentari a Gaza. La reazione internazionale non si è fatta attendere. Condanna unanime da parte di tutti i governi occidentali. Mentre a Gerusalemme l'esecutivo Netanyahu è in crisi.
Erano sette volontari dell'organizzazione umanitaria World Central Kitchen: tre inglesi, un polacco, un australiano e un canadese. Con loro c'era anche un palestinese. Erano impegnati, insieme ad altri cooperanti, nella consegna di aiuti umanitari alla popolazione di Gaza. Viaggiavano a bordo di mezzi con l’iscrizione, ben in vista, della World Central Kitchen. A distanza di qualche minuto, le auto sono state colpite da un drone israeliano che per ben tre volte ha fatto fuoco centrandole in pieno.
Una strage. L'ennesima, assurda e inconcepibile strage contro dei volontari impegnati ad arginare la carestia che sta colpendo l'intera popolazione della Striscia di Gaza. Nei sei mesi di guerra, ben duecento lavoratori umanitari sono stati uccisi dai soldati o dai droni dell'esercito israeliano. Centosettantaquattro lavoravano per le Nazioni Unite, cinque per Medici senza Frontiere. Un bilancio drammatico, quasi tre volte il conteggio delle vittime registrato in un singolo conflitto, in un anno, in una qualsiasi altra guerra.
«Torno a rinnovare la mia ferma richiesta per un immediato cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Esprimo il mio profondo rammarico per i volontari uccisi mentre erano impegnati nella distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza. Prego per loro e per le loro famiglie, rinnovo l'appello a che sia permesso a quella popolazione civile, stremata e sofferente, l'accesso agli aiuti umanitari e che siano subito rilasciati gli ostaggi". Lo ha detto papa Francesco al termine dell'udienza generale di ieri.
L'Ong World Central Kitchen è stata fondata nel 2010 dallo chef José Andrés, con lo scopo di intervenire con la distribuzione di pasti in occasione di calamità naturali, ma non solo. Dopo la strage dei sette volontari, Andrés ha interrotto immediatamente la fornitura di generi di prima necessità alla popolazione di Gaza. Duro il suo commento su X: «Il Governo israeliano deve smetterla con queste indiscriminate uccisioni. Deve smettere di ostacolare gli aiuti umanitari; deve smettere di uccidere civili e lavoratori umanitari. Smettere di usare il cibo come un’arma».
Il cibo come arma da guerra. Costringere alla fame un intero popolo è un crimine di guerra, vietato dal diritto internazionale dal 1977. Che Israele voglia applicare questo sistema è lo stesso ministro della Difesa, Yoav Gallant, ad affermarlo: «Si sta imponendo un assedio totale su Gaza. Niente elettricità, niente cibo, niente acqua, niente carburante». E il Ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben-Gvir, ha aggiunto che «l’unica cosa che può entrare a Gaza sono centinaia di tonnellate di esplosivi, non un grammo di aiuti umanitari».
È sconvolto, per quanto accaduto, Xavier Joubert, direttore di Save the Children, organizzazione presente nei Territori Palestinesi Occupati: «La fame non deve mai essere usata come arma di guerra. Ventisette bambini - ha detto - sono già stati uccisi dalla fame e dalle malattie: se il mondo non agisce adesso, a quel numero se ne aggiungeranno innumerevoli altri. Così si rischia di cancellare un popolo intero».
Unanime la condanna di Stati Uniti, Gran Bretagna, Spagna, Emirati Arabi, Italia e Polonia. A guidare la "rivolta" contro Israele, nell'Unione Europea, è il premier spagnolo, Pedro Sánchez, impegnato in un tour in Medio Oriente con tappe in Giordania, Arabia Saudita e Qatar. «L'attacco ai cooperatori umanitari è stato brutale. Disumano. Faccio un appello che si ponga fine alle ostilità e si liberino tutti gli ostaggi. È urgente che si esegua il cessate il fuoco che ha reclamato il Consiglio di Sicurezza dell'Onu la scorsa settimana con un mandato obbligatorio». Sánchez ha anche aggiunto che la Spagna riconoscerà lo Stato della Palestina entro la fine del prossimo mese di giugno.
«I vertici dell'esercito israeliano stanno conducendo un’indagine rapida e trasparente e renderemo pubblici i nostri risultati», ha scritto su X il premier israeliano Benjamin Netanyahu, rispondendo indirettamente a tutte le critiche che gli sono piovute addosso in seguito alla morte dei sette operatori umanitari della World Central Kitchen.
Nel 180º giorno dall'inizio della guerra contro Hamas le strade israeliane si sono riempite di migliaia di manifestanti che hanno chiesto, oltre alle dimissioni del Governo guidato da Natanyahu, nuove elezioni e un accordo che possa riportare a casa gli ostaggi ancora detenuti nella Striscia. Ieri sono stati superati tutti i cordoni di sicurezza e i manifestanti hanno raggiunto l'ingresso della casa del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ad Aza Road, a Gerusalemme. A chiedere nuove elezioni anticipate è anche Benny Gantz, leader centrista e componente del Gabinetto di Guerra. È la prima volta che l'esponente politico, in testa a tutti i sondaggi, chiede di ritornare alle urne.
Sia in Israele che nel resto del Medio Oriente la tensione e la paura che il conflitto possa espandersi sono molto concrete. Non va sottovalutato l'annuncio fatto ieri, mercoledì 3 aprile, dal ministro della Difesa russo che ha annunciato di aver dispiegato ulteriori forze militari nelle aree controllate dalla Siria sulle alture del Golan, dove Israele avrebbe colpito a un ritmo preoccupante, negli ultimi mesi, le postazioni militari siriane. Mosca ha invitato lo Stato ebraico a cessare tali azioni "del tutto inaccettabili" e ha chiesto un incontro urgente al Consiglio di Sicurezza dell'ONU.