La tradizione della Dottrina sociale
Sempre più di frequente a presentare la Dottrina sociale della Chiesa come corpus dottrinale che contiene principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive d’azione si è considerati “tradizionalisti”. Ma le cose non stanno così.
Sempre più di frequente a presentare la Dottrina sociale della Chiesa come corpus dottrinale che contiene principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive d’azione si è considerati “tradizionalisti”. Questo lo sperimento continuamente in occasione di contatti che abbiamo per la presentazione delle Scuole di Dottrina sociale della Chiesa dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân. La cosa succede ancor di più nei contesti ecclesiali piuttosto che in ambienti laici. Ma cosa vuol dire essere o non essere tradizionalisti nel campo della Dottrina sociale della Chiesa? E cosa significa l’accusa di “tradizionalismo”?
Innanzitutto bisogna riconoscere che la Dottrina sociale della Chiesa si inserisce nella tradizione della Chiesa. Lo dice espressamente la Laborem exercens (1981) di Giovanni Paolo II. Quindi non si può fare un servizio alla Dottrina sociale della Chiesa senza essere “tradizionalisti”, vale a dire senza inserirsi nel flusso della tradizione della Chiesa, da Cristo agli Apostoli e a noi. Questo vuol dire che la tradizione illumina anche i documenti della Dottrina sociale della Chiesa e le encicliche sociali, lette alla luce, per esempio, dei Padri e dei Dottori della Chiesa, esprimono verità ancora più brillanti.
Come è noto gli insegnamenti della Dottrina sociale della Chiesa hanno qualcosa che permane e qualcosa che cambia. Ciò che cambia, però, non è da considerarsi solo come conseguenza dei fatti nuovi della storia umana, ma anche come luce nuova che la tradizione esprime, a partire dal Vangelo. Per questo le novità della storia non vanno intese come portatrici di senso in quanto tali, bensì in quanto illuminate e rese espressive dalla fede apostolica espressa dalla e nella tradizione.
Non si capisce allora perché esporre la Dottrina sociale della Chiesa nei suoi principi perenni possa suscitare l’accusa di essere “tradizionalisti” in senso spregiativo. D’altro canto, che valore avrebbe un insegnamento sociale della Chiesa svincolato o addirittura contraddittorio rispetto a quanto insegnato da sempre? Quanti bramano le novità in quanto novità dove attingeranno i criteri per valutarle se non nella tradizione?
Eppure quando si ripropongono concetti come “l’autorità viene da Dio”, che sono contenuti nella rivelazione e nella Dottrina sociale della Chiesa, si sperimenta una nota di rigetto e una condanna ad essere “tradizionalisti”. Quando poi si dice che “la politica ha dei doveri verso la religione vera”… apriti cielo. Capita anche che prima di accogliere la proposta di una Scuola di Dottrina sociale della Chiesa i possibili partecipanti chiedano garanzie che essa non venga svolta in senso “tradizionalista”.
Oltre a questo, c’è poi un altro discorso da fare: esiste una tradizione anche interna alla Dottrina sociale della Chiesa. Non si può prendere la Laudato Si’ di Papa Francesco o la Caritas in veritate di Benedetto XVI e considerarle come delle novità assolute, magari rallegrandosi di una presunta cesura da esse segnata rispetto al passato. Sarebbe la “ideologia delle prive volte” applicata alla Dottrina sociale. E questo va detto non solo per le precedenti encicliche postconciliari ma anche per quelle preconciliari. La tradizione della Dottrina sociale della Chiesa non si ferma alla Pacem in terris ma risale molto più indietro. Il cattolico che si vergona di quanto i Pontefici hanno scritto nell’Ottocento non è in grado di fare un buon servizio alla Dottrina sociale della Chiesa perché pone le basi affinché tra cento anni i cattolici si vergognino dei Pontefici di adesso.
Infine va anche segnalato l’atteggiamento di chi solo a sentire l’espressione “Dottrina sociale della Chiesa” pensa di trovarsi di fronte a dei non meglio precisati “tradizionalisti”. Solo il fatto di pensare che ci sia una Dottrina e non solo una prassi pastorale, solo pensare che la Chiesa possa avere una Dottrina e non solo curare le ferite e favorire l’integrazione per molti è segno di una mentalità vecchia, non adatta ai tempi, “tradizionalista” appunto.
È per tutti questi motivi che è importante continuare a proporre la tradizione della Dottrina sociale della Chiesa.