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DOPO IL COVID

La tentazione dei bonus del governo (che non ci sono)

Piccola storia personale che dimostra le trappole di tutte le promesse di Conte sui bonus e gli sconti per le spese essenziali, da quelli sulla casa a quelli sulla scuola. Ma la realtà bussa alla porta, con professionisti che non ci credono e banche che alzano le commissioni. 

Politica 13_07_2020
Euro

Ammaliato dalla politica degli annunci governativa, mi sono precipitato a convocare idraulici & muratori per la mia casa. La quale è sita in una zona gradevolissima d’estate, specialmente quando l’anticiclone africano (ma dall’Africa è mai venuto qualcosa di buono?) soffoca Milano con le sue reiterate bombe di calore. D’inverno, però, ci nevica (mentre a Milano no). Da qui bollette spaventose di gas. Ci vorrebbe una caldaia di ultima generazione, mentre quella trovata quando comprai la casa risale ai tempi del boom economico e prima dello choc energetico del 1973, allorché la serrata dell’Opec, in ritorsione alla vittoria israeliana dello Yom Kippur, ci mandò tutti in bicicletta e a cavallo (e non per motivi ecologici).

Così, allettato dalla promessa di Giuseppi dello sconto del 110%, corsi a informarmi. Appresi che il restauro edilizio praticamente gratuito veniva erogato solo se, dopo la ristrutturazione, l’edificio avesse guadagnato due gradi nella scala energetica. Insomma, ci voleva anche quello che in gergo edilizio viene chiamato «cappotto» e che consiste in un completo e totale rivestimento termico esterno dell’intera casa. Cominciamo con l’idraulico, il quale mi dice che non se ne parla. La faccio breve: tutti gli idraulici da me di seguito interpellati mi dicono che non si fidano né del governo né delle banche. Perciò, se voglio il lavoro devo pagare cash io. In effetti, la cosa dovrebbe funzionare così: l’artigiano e/o imprenditore esegue l’opera, poi la banca lo salderà. Seeeh… campa cavallo, dicono in coro. Vediamo per il «cappotto». Innanzitutto, mi si risponde, la casa incappottata sale, sì, di grado energetico. Ma l’isolamento esterno totale produce all’interno muffa. Perciò ogni stanza dovrà essere munita di ventola elettrica speciale, tale da garantire l’areazione ma non la dispersione di calore. E quanto costa? Eh, un po’. Vabbè, tanto paga Giuseppi. E se mentre sono via si interrompe, magari per un temporale (evento qui frequentissimo), l’erogazione elettrica? Braccia allargate e muffa garantita. Vabbè, ripeto, tanto paga lo Stato.

E a questo punto l’imprenditore mi rivela, con tanto di esempi tratti da esperienze personali, che lui non crede né a Giuseppi né alle banche. E giù racconti di rapporti imprenditore-banche che mi lasciano perplesso. In effetti, io non sono imprenditore, ma qualche esempio ce l’ho anch’io. Ormai tanti anni fa, trasferitomi a Milano, aprii un conto sull’Antoniano Veneto perché mi piaceva mettermi sotto la protezione del Santo padovano. Dopo qualche tempo, però, Antonveneta fu fagocitata dal Monte dei Paschi di Siena. Era la banca di riferimento dell’allora Partito comunista, ma tant’è: pecunia non olet. Poi ci fu il tracollo con annessa caduta dalla finestra. E chissenefrega, i soldi sono neutri. Ma la banca in questione cominciò a chiudere sportelli uno dietro l’altro. E io non ebbi più bancomat praticabili a disposizione. Ciò significava che, utilizzando i bancomat di altre banche, dovevo pagare la commissione per ogni prelievo. E pazienza, ancora. Prendere il tram costava più della commissione. Infine, durante l’emergenza Covid, scoprii che detta commissione era stata portata unilateralmente a 2,50 €. Sì, quasi equivalente al prezzo del biglietto della metropolitana, peccato che io, per scappare dall’epicentro Covid, mi ero trasferito in un posto senza banche e bancomat. Voi direte: usa l’auto. E io risponderò: il parcheggio nella cittadina più vicina, turistica, costa sui 2,00 l’ora. Più la benzina.

Morale: durante l’emergenza Covid le banche sono venute incontro ai disagi della popolazione aumentando i costi. Perché mai dovrebbero fare un favore a Giuseppi per non fargli perdere la faccia? L’imprenditore del fantomatico «cappotto» aggiunse un aneddoto personale: ha un figlio iscritto a una scuola privata, il quale gli ha portato la scheda da compilare per avere le detrazioni statali; qualche tempo dopo aver eseguito, il fisco lo ha perseguitato in base al seguente ragionamento: se puoi permetterti una scuola privata, allora sei ricco. Da qui un insegnamento per me (niente cappotti e caldaie) e per suor Monia (nostra firma): attenti al lupo.