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IL LIBRO

La strategia dell’impero americano

Lo storico svizzero Daniele Ganser ha appena pubblicato un libro per Fazi, Breve storia dell’impero americano. Una potenza senza scrupoli, in cui sostiene che chi comanda davvero negli Usa è un’oligarchia economica superiorem non recognoscens. Un libro utile e interessante, con qualche riserva...

Cultura 15_11_2021

Lo storico svizzero Daniele Ganser ha appena pubblicato un libro per Fazi, Breve storia dell’impero americano. Una potenza senza scrupoli (pp. 522, €.20), un cui sostiene che chi comanda davvero negli Usa è un’oligarchia economica superiorem non recognoscens. Dal 1945 «nessun’altra nazione ha bombardato così tanti stati stranieri e rovesciato così tanti governi quanto gli Usa. Nessun’altra nazione ha più avamposti militari, esporta più armi e possiede una quantità maggiore di armamenti». E questo si sapeva, visto che dell’impero americano facciamo parte.

Però il libro parte dall’inizio, da quel 1776 del Boston Tea Party, quando i coloni americani buttarono in mare le casse del tè inglese su cui non volevano pagare le tasse. Notare che si erano travestiti da indiani, per scaricare la colpa su questi ultimi e ben sapendo che gli inglesi li avrebbero massacrati senza neppure disturbarsi a indagare. Gli inglesi, almeno, le due guerre contro la Cina per costringere quest’ultima ad acquistare il loro oppio nepalese le avevano scatenate senza infingimenti. E l’accorata lettera dell’imperatore cinese alla regina Vittoria, in cui chiedeva se lei avrebbe sopportato una cosa simile in casa sua, restò senza risposta.

Il libro di Ganser, tuttavia, ha un limite ai miei occhi: la sperticata professione di pacifismo senza se senza ma dell’autore, accompagnata da una lode alla mindfullness, qualunque cosa sia, come soluzione di tutti i mali. Certe analisi storiche, poi sono affrettate e di parte, come quella riguardante il complotto della Cia per far vincere la Dc in Italia nelle elezioni del 1948. La Dc non era una creatura americana, né c’era bisogno di diffamare i comunisti italiani perché chi fossero lo sapevano tutti. Ecco, se il lettore terrà conto di queste riserve, senza dubbio potrà apprezzare il vademecum storico che descrive come è sorto l’impero americano, con quali metodi si è condotto e ancora si conduce a pro, tra l’altro, non del popolo americano ma di quell’oligarchia di cui si è detto e che nel denaro ha il suo solo e unico dio.

Il problema adesso è la Cina? Anche. Ma il problema eterno, per l’impero, è sempre e solo un altro, problema superiore a quello cinese: «impedire la creazione di uno spazio economico eurasiatico». In soldoni, «fondamentale per gli Usa è che Germania e Russia non collaborino, ma si scontrino tra loro». Il rischio fu forte col crollo dell’Urss. «Il segretario di stato americano, James Baker, il 9 febbraio 1990 promise al cospetto di Gorbacev che la Nato non si sarebbe espansa di un centimetro». Il presidente Clinton, democratico (l’oligarchia di cui sopra è rigorosamente bipartisan), se ne impipò subito e oggi la Russia è letteralmente circondata, con basi Nato (a conduzione sempre americana) fin sotto il naso della sua capitale.

Non tutte le ciambelle americane, però, riescono col buco, come dimostrano i falliti tentativi col  Nicaragua e il più recente caso della Siria. Ma la partita è sempre aperta. Uno per tutti, il Messico, la cui prossimità con gli Usa è diventata proverbiale: «Povero Messico, così lontano da Dio e così vicino agli Stati Uniti!», recita un ormai vecchio adagio. Fin da quel lontano 1843 quando, nazione cattolica, ebbe l’infelice idea di abolire la schiavitù. Già, peccato che i coloni texani di schiavi ne avevano tanti. Così, Remember the Alamo!, e il Messico perse metà (metà) del suo territorio, compresa quella California ai cui porti pacifici gli Usa agognavano. E poi, Remember the Maine!, Remember the Lusitania!, Remember Pearl Harbor! eccetera, per convincere un popolo restio a indossare l’elmetto per andare a morire chissà dove. Ah, se cercate puntuali riscontri su Wikipedia, ecco cosa ne pensa Ganser: «Wikipedia è attendibile nelle voci scientifiche o per i risultati delle partite di calcio, ma non quando si ha a che fare con denaro, geopolitica e visioni del mondo». Buona lettura (con le riserve che si è detto).