La strana guerra degli Stati Uniti in Siria
La denuncia da parte di Washington di preparativi dell'esercito siriano per un altro attacco con gas, e relative minacce di attacco, lascia pensare che l'amministrazione Trump abbia intenzione di fermare con la forza il ritorno delle truppe siriane, sostenute da Russia e Iran. È una strategia che ha immediatamente ricevuto una forte critica da Mosca.
Ma contro chi combattono gli Stati Uniti in Siria? Dopo aver condotto per tre anni una blanda guerra allo Stato Islamico, ora Washington minaccia di condurre nuovi attacchi contro le forze militari siriane. «Gli Stati Uniti hanno individuato potenziali preparativi per un altro attacco di armi chimiche da parte del regime di Assad, che probabilmente causerebbe l'uccisione di massa dei civili, inclusi i bambini innocenti - ha riferito martedì una nota della Casa Bianca - Le attività sono simili ai preparativi che il regime ha fatto prima dell'attacco di armi chimiche del 4 aprile 2017 a Khan Sheykoun. Come abbiamo già detto, gli Stati Uniti sono in Siria per eliminare lo Stato islamico dell'Iraq e della Siria ma se Assad conducesse un altro attacco di massa con armi chimiche, lui e le sue milizie pagheranno un prezzo pesante».
Le dichiarazioni sono basate sui rilevamenti satellitari effettuati sulla base aerea di Shayrat, colpita dai missili Tomahawk nell’aprile scorso. Il portavoce del Pentagono Jeff Davis ha parlato di attività di «specifici aerei in un preciso hangar, che in base alle nostre informazioni sono connessi all'utilizzo di armi chimiche».
La Casa Bianca però non ha mai dimostrato le responsabilità del regime siriano nell’impiego di gas a Khan Sheykoun, dove il numero limitato di vittime e le immagini di soccorritori privi di equipaggiamenti protettivi lasciano supporre che gli aggressivi chimici siano stati impiegati dai ribelli salafiti (li producono artigianalmente, forse grazie al supporto dei servizi segreti sauditi) per poter accusare Damasco e determinare una risposta militare statunitense.
Dubbi che riguardarono anche la strage di Ghouta, alla periferia di Damasco, in seguito alla quale l’intervento militare di Washington e alleati venne scongiurato dalla mediazione di Mosca che portò al disarmo degli arsenali chimici di Bashar Assad. Queste armi vennero smaltite a bordo di una nave speciale statunitense nel Mediterraneo, per questo il Pentagono conosce bene l’esatta composizione chimica dei gas nervini di Damasco e non avrebbe difficoltà a dimostrane l’impiego.
Inoltre Assad non avrebbe alcun interesse a impiegare armi chimiche che non offrirebbero alcun vantaggio tattico ma giustificherebbero l’intervento militare degli USA e susciterebbero la riprovazione internazionale. La Casa Bianca potrebbe invece preparare il terreno a un intervento militare su vasta scala contro le truppe siriane e i loro alleati iraniani ed hezbollah libanesi che stanno vincendo la guerra civile contro le diverse milizie ribelli.
«Consideriamo le insinuazioni a proposito dell'uso delle armi di distruzioni di massa da parte di Damasco un invito a terroristi, estremisti e opposizione armata operanti in Siria a fabbricare un'altra provocazione massiccia con l'uso delle armi chimiche», riportava ieri una nota del ministero degli Esteri russo. «Tale provocazione continua dovrà essere seguita da una punizione inevitabile nei confronti di Assad, ovvero uno scenario già visto in Iraq, Jugoslavia e Libia».
Che Usa e alleati abbiano in mente di contrastare Damasco lo fa intuire anche la fretta con cui il segretario alla Difesa britannico, Michael Fallon, ha affermato che Londra darebbe supporto a un'azione militare americana in caso di attacco chimico in Siria, mentre il presidente francese Emmanuel Macron si è già detto pronto, in tal caso, a “lavorare insieme” agli USA.
Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha condannato le "inaccettabili minacce" degli Stati Uniti contro il regime siriano che ha sempre negato l’uso di armi chimiche. A ribadire il supporto russo al suo regime, Assad ha incontrato martedì il capo di Stato maggiore russo, generale Valeri Gherasimov, nella base aerea russa in Siria di Hmeimim per discutere del «coordinamento tra le truppe siriane e le forze aeree russe nella lotta contro i gruppi terroristici internazionali».
Un messaggio chiaro che Mosca non si sottrarrà agli obblighi di difendere il suo alleato siriano, probabilmente recepito a Washington dove ieri il segretario alla Difesa, Jim Mattis, ha detto che il governo siriano «ha preso seriamente» l'avvertimento rinunciando all’attacco aereo con armi chimiche sta stava preparando. Ma a chi chiedeva se le forze armate siriane fossero nelle condizioni di preparare un attacco chimico, Mattis ha risposto: «Fareste meglio a chiederlo ad Assad».