La strana festa di una Repubblica a pezzi
Una singolare Festa della Repubblica quella vissuta ieri, con il centrodestra che ha organizzato manifestazioni contro l'esecutivo protestando per le misure che hanno messo in ginocchio intere categorie produttive. La pandemia ha di fatto acuito le divisioni nel Paese, sia tra maggioranza e opposizione, sia tra Stato e Regioni.
Ieri si è celebrata la Festa della Repubblica, ma la pandemia ha di fatto acuito le divisioni nel Paese, sia tra forze politiche di maggioranza e di opposizione, sia tra territori. Non si era mai visto nella storia della Repubblica uno scontro così acceso tra Stato centrale e Regioni e tra alcune Regioni. La miccia è stata quella dei differenti gradi di contagio tra varie aree geografiche, ma la diversità di vedute tra alcuni governatori ha di fatto diviso il popolo italiano in fazioni, con vere e proprie tifoserie schierate in favore del virologo x o del virologo y, del governatore x o del governatore y. Altro che unità nazionale!
Se a ciò si aggiunge che il centrodestra per la prima volta il 2 giugno ha organizzato una manifestazione contro il governo, ce n’è abbastanza per concludere che il clima di concordia auspicato dal Capo dello Stato sembra al momento irrealizzabile. Nonostante i proclami ufficiali sulla disponibilità al dialogo.
Sergio Mattarella ieri ha vissuto una giornata particolarmente intensa, iniziata a Roma, dove ha deposto la corona di alloro all’Altare della Patria, incontrando anche i rappresentanti del mondo sanitario, le più alte cariche istituzionali e i vertici militari. Subito dopo si è trasferito a Codogno, in Lombardia, nel cuore della Bassa Lodigiana e nell’epicentro dell’epidemia, dove ora non ci sono contagi ma nella notte tra il 20 e il 21 febbraio venne individuato il cosiddetto paziente zero. «Qui nella casa comunale di Codogno oggi, come poche ore fa a Roma all’Altare della Patria - ha detto il presidente della Repubblica - è presente l’Italia della solidarietà, della civiltà, del coraggio. In una continuità ideale in cui celebriamo ciò che tiene unito il nostro Paese: la sua forza morale. Da qui vogliamo ripartire. Con la più grande speranza per il futuro». Nelle ore precedenti Mattarella aveva invitato le forze politiche a spegnere le polemiche e a marciare unite verso la ricostruzione del nostro Paese.
Ma in Piazza del Popolo, a Roma, in piazza Duomo, a Milano, e in altre decine di piazze, il centrodestra si è ritrovato unito per manifestare contro il governo Conte. Nella capitale, dove erano presenti in prima linea Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani (assente Silvio Berlusconi), una bandiera tricolore di oltre 500 metri è stata srotolata lungo via del Corso, mentre marciavano migliaia di attivisti di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, intonando l’inno di Mameli. Molti gli slogan contro il premier, colpevole, secondo i manifestanti, di aver promesso tanto e fatto poco per le categorie produttive, sempre più in ginocchio.
A Milano, invece, all’ombra della Madunina, erano presenti i rappresentanti regionali lombardi dei tre partiti di centrodestra e l’assessore lombardo al welfare, Giulio Gallera, che ha definito assurdi e inaccettabili gli attacchi subiti dalla Lombardia in questi mesi di emergenza da Covid-19. «Questo è un popolo che con orgoglio difende il proprio sistema sanitario, economico, che con orgoglio difende le cose che ha fatto e quello che vuole fare, cioè ripartire e tornare ad essere la locomotiva del Paese», ha sottolineato l’assessore.
Si è polemizzato sui presunti assembramenti creati dai cortei promossi dal centrodestra, ma la Meloni ha prontamente replicato che non ce ne sono stati e che tutto si è svolto nel rispetto delle regole. Peraltro, il precedente della manifestazione del 25 aprile, durante la quale certamente non furono rispettate le misure di distanziamento, pesa come un macigno sulla coscienza delle forze di governo. Così come le immagini del rientro a Milano di Silvia Romano, la volontaria liberata dopo un anno e mezzo, sono rimaste ben impresse nella memoria collettiva per la ressa di giornalisti, amici e curiosi sotto casa della ragazza.
Due gli effetti della mobilitazione del centrodestra. Da una parte aver offerto una dimostrazione di compattezza agli occhi dei propri elettori, dopo i numerosi distinguo di Forza Italia, che più volte nelle ultime settimane ha strizzato l’occhio al premier e si è detta aperta a una sorta di solidarietà nazionale. Dall’altra, aver di fatto allungato l’elenco degli oppositori al governo, che sono soprattutto le forze imprenditoriali (in primis Confindustria) e sociali (alcuni sindacati di categoria, in particolare quelli del settore turistico).
Non tira aria di spallata all’esecutivo, ma è certo che queste iniziative di protesta, sempre più numerose e uniformi sul territorio nazionale, danno la dimensione del malcontento che serpeggia in ampie fasce di popolazione e che è pronto ad esplodere se trova un filone di rappresentanza nel quale incanalarsi. Non saranno le “sardine”, non saranno i “gilet arancioni” a catalizzare il dilagante dissenso anti-sistema, ma non è detto che la protesta popolare non monti davvero in modo imponente e non si coaguli in forme organizzate fuori dai partiti.