La "sondaggite" che illude Pd e Cinque Stelle
Davvero la Lega rischia il sorpasso del Pd? Improbabile: per emotività dei sondaggi, incertezza sul sistema elettorale e elevata percentuale di indecisi. La “sondaggite” sembra ormai la malattia numero uno della politica italiana. Contamina la dialettica tra i partiti e rende ogni dichiarazione viziata da finalità elettoralistiche. Una patologia che inquina sempre più il funzionamento della democrazia.
Nei giorni scorsi è circolato un sondaggio ripreso da tutti i media e che segnalava un doppio sorpasso ai danni della Lega di Salvini. Il Carroccio, per lungo tempo primo partito, sarebbe scivolato al terzo posto, sopravanzato dal Pd, ora partito di maggioranza di relativa, e da Fratelli d’Italia, che avrebbe terminato con successo il suo inseguimento alla Lega.
Il condizionale è d’obbligo per almeno tre ragioni. La prima è che ogni settimana vengono raccolte queste rilevazioni, che risentono fortemente dell’emotività legata agli eventi contingenti e che dunque, lontano da appuntamenti elettorali, sono semplici sondaggi d’opinione ma non misurano più di tanto le reali intenzioni di voto. Si sa, infatti, che quando la gente non deve decidere per chi votare non si focalizza su candidati e partiti ed esprime giudizi in libertà sulla base di umori altalenanti.
La seconda ragione è che non si sa ancora con quale sistema elettorale si andrà a votare fra due anni. Le forze politiche sono alla ricerca di una quadra sul sistema di voto, che andrà ripensato anche alla luce della riduzione del numero di parlamentari che sarà operativa a partire dalla prossima legislatura. Quindi un conto sarebbe votare con il sistema proporzionale, che consente a ogni partito di raccogliere un numero di seggi proporzionale alla percentuale di voti raccolta. Altro sarebbe se si optasse con il maggioritario, che spinge verso le aggregazioni e costringe le diverse coalizioni, tendenzialmente due, a compattarsi sul candidato con maggiori probabilità di essere eletto e quindi a spartirsi preventivamente i seggi a disposizione.
La terza ragione è ancora più rilevante e riguarda la percentuale di elettori che, interpellati per i sondaggi, non esprimono alcuna opinione. Pare, infatti, che il 40% di essi non abbia ancora deciso per chi votare. E’ una percentuale in crescita, che risente della confusione creatasi sotto il cielo della politica e che rende volatile ogni valutazione su vincitori e sconfitti. Se, infatti, quasi un elettore su due non sa ancora se andrà a votare e come voterà, che senso ha parlare di sorpasso di un partito sull’altro, considerato che si tratta peraltro di decimali di differenza e che le oscillazioni sono costanti, di settimana in settimana?
Il discorso riguarda in particolar modo il Pd, che da tempo è inchiodato al 20% o addirittura non lo raggiunge neppure. Con la segreteria Letta si è appiattito sempre più sulle battaglie identitarie di sinistra, tra cui quella sullo ius soli, la legge Zan e la patrimoniale in favore dei più giovani, lasciando al Movimento Cinque Stelle a trazione contiana la rappresentanza dei ceti medi. I risultati, però, non sembrano incoraggianti, al di là degli ingannevoli sondaggi. Alle primarie per la scelta del candidato sindaco di Torino si è registrato un vero e proprio flop. Davvero tanta desolazione tra i dem e i pentastellati per la scarsa affluenza alle urne. Poca partecipazione e tanta disaffezione. Pure i Cinque Stelle, nonostante la guida assunta dall’ex Presidente del Consiglio, sono dilaniati da lotte interne e veleggiano attorno a percentuali pari al 15%, meno della metà del bottino raccolto alle politiche di tre anni fa.
Dunque, inutile esultare per un decimale in più o in meno o per aver sopravanzato la Lega di Salvini se poi i contenitori partitici mostrano in generale di non essere più attrattivi e se le proposte politiche somigliano a slogan vuoti e di difficile realizzazione. Non sfugge infatti agli osservatori più attenti che tutto ciò che finora ha detto Enrico Letta da quando ha assunto la guida del Pd è stato praticamente ignorato dal premier Draghi, intento ad assicurare ritmi spediti alla vaccinazione e slancio creativo alla ripresa economica, senza andare troppo per il sottile ma cercando invece di far ripartire le attività economiche e produttive e i consumi. Nulla di tutto questo invece compare nelle priorità del Pd, un partito che ha sempre più smarrito il suo legame con la società civile, le categorie produttive, il ceto medio e che è costretto a consolarsi con i sondaggi.
La “sondaggite” sembra ormai la malattia numero uno della politica italiana. Contamina la dialettica tra i partiti e rende ogni dichiarazione viziata da finalità elettoralistiche. Una patologia che inquina sempre più il funzionamento della democrazia.