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lotta al 41 bis

La sinistra usa il caso Cospito per seminare zizzania

Il caso Cospito sta diventando un grimaldello nelle mani di una sinistra sempre più anemica e priva di idee che cerca solo di destabilizzare il Governo e di seminare zizzania tra le componenti della maggioranza.

Editoriali 01_02_2023

La battaglia per la legalità non dovrebbe avere colore politico e invece ieri alla Camera si è sfiorata la rissa perché lo scarso senso delle istituzioni di alcuni attori politici impedisce quasi sempre di mettere da parte gli interessi particolari per guardare al tanto sbandierato bene comune. Il caso Cospito sta diventando un grimaldello nelle mani di una sinistra sempre più anemica e priva di idee che cerca solo di destabilizzare il Governo e di seminare zizzania tra le componenti della maggioranza.

Per carità, fa parte del gioco politico che tutti hanno sempre sfruttato, anche a parti invertite, ma in questo caso sulle condotte del Pd e di alcune componenti della sinistra si allungano ombre fosche in relazione a possibili dolosi tentativi di strumentalizzazione di un caso che dovrebbe essere gestito con spirito di granitica unità nazionale.

I fatti sono noti. Alfredo Cospito, 55 anni, detenuto, ha scontato nel carcere di alta di sicurezza di Sassari una parte dei 10 anni e otto mesi cui è stato condannato per aver gambizzato il dirigente di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi a Genova il 7 maggio del 2012. 

La situazione di Cospito si è complicata nel 2016 quando, nell’ambito di un’indagine della Procura di Torino, è stato accusato dell’esplosione di due ordigni avvenuta nel 2006 alla scuola Allievi di Fossano. Reato per il quale la Corte d’Appello di Torino lo ha condannato a 20 anni, contestandogli il fatto di essere il capo di un’organizzazione terroristica. Invece la Corte di Cassazione ha ritenuto che lo scopo di quegli atti non fosse uccidere o ferire bensì “attentare alla sicurezza dello Stato” e dunque il reato da contestare dovesse essere quello previsto dall’articolo 285 del Codice penale, reato di strage più grave perché con finalità eversive, quindi punito con l’ergastolo ostativo che non permette di godere di alcun beneficio.

Cospito è il primo anarchico sottoposto a regime di 41 bis, misura che sta scontando per 4 anni a partire dal maggio scorso. Da ottobre 2022 l’uomo è in sciopero della fame e le sue condizioni di salute stanno peggiorando per sua stessa scelta. A dicembre il Tribunale di sorveglianza aveva respinto il reclamo avanzato dagli avvocati del terrorista contro il regime di carcere duro. Anche perché va ricordato che dal carcere Cospito ha continuato a incoraggiare i propri compagni anarchici attraverso messaggi che incitavano alla prosecuzione della lotta armata.

Per motivi di salute in questi giorni è stato traferito, sempre in regime di 41 bis, nel carcere di Opera a Milano dove è presente una struttura sanitaria adatta ad intervenire in caso di emergenza.

Ma la questione non è tanto quella di contemperare il dovere dello Stato di tutelare la salute del detenuto con la necessità di disinnescare la dinamica ricattatoria di persone come Cospito, che usano azioni dimostrative come arma di pressione sulle istituzioni. Qui c’è da evidenziare che il 12 gennaio quattro parlamentari del Pd sono andati a trovare l’anarchico in carcere, insinuando il dubbio che i dem possano strizzare l’occhio ai terroristi piuttosto che difendere le sacrosanti ragioni dello Stato. È l’accusa che ieri alla Camera è stata mossa al partito di Letta da un accalorato Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia. Secondo l’esponente del partito di Giorgia Meloni, la mafia starebbe usando Cospito come influencer per costringere lo Stato a cedere sul 41 bis. «E la sinistra – si è chiesto provocatoriamente Donzelli – sta dalla parte dello Stato o dei terroristi e della mafia?».

Il Governo peraltro ha ribadito la linea dura, durante una conferenza stampa ieri, alla quale hanno partecipato i ministri degli esteri Antonio Tajani, della giustizia Carlo Nordio e degli interni Matteo Piantedosi.

La vicenda presenta, infatti, anche risvolti inquietanti legati agli attacchi alle ambasciate italiane all’estero e alle violente manifestazioni non autorizzate. Nessuna trattativa con mafia e terrorismo, hanno ribadito i tre ministri, che rifiutano con sdegno ogni tentativo di intimidazione e condizionamento. E allora perché il Pd fa il doppio gioco, rivendicando meriti nella lotta alla legalità, ma alimentando nel contempo ambiguità rispetto al trattamento riservato a Cospito?

Che figura farebbe il Governo se, dopo le celebrazioni per la cattura di Matteo Messina Denaro, allentasse le maglie del 41 bis, scendendo di fatto a patti con la mafia? Peraltro, come ricorda in un suo editoriale ieri su Libero il direttore Alessandro Sallusti, ci sono dei precedenti che andrebbero riportati alla memoria collettiva, anche se di quasi 45 anni fa: «Non è vero – scrive Sallusti – che lo Stato sta uccidendo questo signore, questo signore si vuole suicidare e lo Stato sta facendo di tutto per impedirlo. Le leggi le decide lo Stato. Questi anarchici trovano conforto in una parte dell’opinione pubblica quindi si sentono giustificati. Questo Stato ha sacrificato Moro per non cedere ai ricatti, quindi spero non lo faccia ora».

Ma non tutti i direttori sono schierati a favore del 41 bis. Ad esempio Piero Sansonetti, che dirige il Riformista, ribadisce il carattere «illegale e anticostituzionale, oltre che crudele» del carcere duro e ne chiede la cancellazione, anche per anarchici, terroristi e mafiosi.

Questa discussione su un tema così delicato come la lotta alla mafia sta dunque degenerando, perché c’è chi vuole buttarla in caciara per avvelenare i pozzi e provare a destabilizzare l’esecutivo. Ma per fortuna anche su questo fronte il Governo ha una linea molto dura e intransigente che rafforza la credibilità dello Stato e non offende nessuno, anzi rispetta la dignità delle vittime di terrorismo e mafia e dei loro famigliari.