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La sinistra perde il potere, ma ricicla i perdenti

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Cuperlo defenestrato per far posto a Zingaretti al vertice della Fondazione Pd. Letta “promosso” dall’Ue. Infine la convention della corrente di Bonaccini. Segnali di una sinistra a disagio per la perdita di potere.

Politica 25_07_2023

L’astinenza dal potere gioca brutti scherzi. Nella Prima Repubblica chi perdeva le elezioni combatteva per tornare a vincere, faceva opposizione sui programmi, insisteva su proposte alternative ma senza demonizzare l’avversario e senza puntare sull’odio e il rancore. La sinistra degli ultimi mesi, sconfitta sonoramente alle politiche del settembre scorso e anche alle tornate amministrative successive, sembra come un pugile suonato, incapace di rialzarsi e rassegnato all’idea di contenere i danni e di nutrire, come massima aspirazione, quella di impedire agli avversari di governare.

Lo specchio di questo sconfittismo della sinistra è il risultato delle elezioni spagnole, nelle quali i popolari non hanno stravinto ma hanno vinto, mentre i socialisti non sono crollati ma comunque hanno perso. Ma senza guardare oltre i confini nazionali basta analizzare le ultime performance del Pd-gestione Schlein per rendersi conto del cocktail micidiale al quale i leader della sinistra italiana si stanno assuefacendo e che si compone di vuoto di idee, riciclaggio degli sconfitti, laceranti divisioni interne, distanza siderale dagli elettori.

Gli ultimi segnali vanno tutti in questa direzione. Il primo: la neo segretaria del partito Elly Schlein nei giorni scorsi ha defenestrato Gianni Cuperlo e lo ha sostituito al vertice della Fondazione Pd con Nicola Zingaretti. La scelta nasce, almeno ufficialmente, dalla volontà di migliorare le relazioni europee e porre la struttura dem alla Foundation for European progressive studies (Feps), ovvero la fondazione dei partiti che aderiscono al Pse, di cui il Pd finora non fa parte. L'ex governatore del Lazio in realtà è già in campagna elettorale per le prossime europee come capolista nel Lazio e dunque ha bisogno della visibilità che un incarico del genere può dargli. Le reazioni di Cuperlo e dei suoi sono state furiose e pare che in una chat riservata di esponenti dem siano volati gli stracci.

Secondo episodio indicativo dell’agonia della sinistra, che ignora il giudizio degli elettori e lo aggira con manovre di palazzo: Enrico Letta, che di batoste ne ha prese più di una e che da segretario del partito non ha certo lasciato ricordi sensazionali, è stato “promosso” dal Consiglio dell’Unione europea, che lo ha incaricato di redigere un rapporto strategico sul mercato unico. Verrebbe da dire: bocciati a Roma, premiati a Bruxelles, sconfitti nelle urne premiati nel palazzo. Letta non è l’unico “miracolato” sul versante della sinistra. Il caso più eclatante è stato quello di Luigi Di Maio, passato da sessanta a zero parlamentari con il suo partitino da prefisso telefonico, punito dagli elettori per il suo disinvolto trasformismo, rimasto disoccupato (nel caso suo il termine è quanto mai pertinente) ma subito risarcito, grazie all’intercessione di Mario Draghi, come rappresentante ufficiale dell’Ue per la regione del Golfo. Davvero uno schiaffo al buon senso e alla meritocrazia.

Da ultimo la convention di Energia popolare, la corrente del governatore emiliano-romagnolo Stefano Bonaccini a Cesena, qualche giorno fa. Anzitutto un appunto: ma le correnti dem non dovevano essere tutte azzerate? No, forse i leader del Pd si erano sbagliati, volevano dire raddoppiate. Infatti ora Bonaccini ne ha creata una sua, dopo aver perso la corsa alla segreteria. Una corrente di rinnovamento? Non proprio, visto che per “battezzarla” è stato chiamato il “padre nobile” Romano Prodi, che ha lanciato più di qualche frecciata a Elly Schlein, auspicando «uno spirito unitario».

Il clima dentro il Pd è dunque sempre più pesante, perché un partito abituato a comandare si ritrova in forte disagio nel dover gestire le briciole di un potere che ormai è andato altrove. In più c’è la competizione con i Cinque Stelle da una parte e i centristi renziani e calendiani dall’altra, tutt’altro che disponibili a farsi fagocitare dall’oltranzismo massimalista della Schlein.

Fanno sorridere, infine, i cattolici democratici che solo ora si accorgono di essere stati ridotti all’insignificanza culturale, dopo essersi legati mani e piedi agli eredi del comunismo. Hanno pensato per trent’anni a fare la guerra a Berlusconi, considerandolo il demonio, ma ora finalmente si rendono conto che il vero abbraccio mortale per l’identità cattolica è stato proprio quello con D’Alema e soci. Meglio tardi che mai.