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VISITA IN USA E CUBA

La scommessa più difficile e rischiosa di Francesco: diventare il Papa delle due Americhe

Quello a Cuba e negli Usa è il viaggio più difficile di Francesco. Il Papa dovrà mettere insieme le esigenze di giustizia economica e sociale che giungono dall'isola caraibica, dove il regime comunista continua a calpestare la libertà, e la cultura relativista e dello "scarto" che umilia la dignità delle persona e delle famiglie. Messe in pericolo ancora di più dall'ideologia gender e abortista, diventate dittatura con Obama. 

Ecclesia 18_09_2015
Papa Francesco

Durante la dittatura militare argentina, Esther Ballestrino de Careaga, una delle leader delle “Madri di Plaza de Mayo” che chiedevano a gran voce notizie dei loro figli fatti sparire dalla polizia politica, fu arrestata e caricata su un aereo insieme con due suore francesi. Arrivato in alto mare, l'aereo aprì la portiera e la Ballestrino e le due suore furono gettate nell'Oceano. Il cadavere di Esther fu recuperato mesi dopo su una spiaggia argentina. Sua figlia e suo genero, che erano fra i desaparecidos, non furono mai ritrovati. Esther Ballestrino era una storica militante comunista di Buenos Aires, e la sua storia è una buona introduzione al viaggio di papa Francesco a Cuba e negli Stati Uniti che inizia sabato. 

A sedici anni, mentre frequentava l'Istituto Tecnico per diventare perito chimico, Jorge Mario Bergoglio andò a lavorare, nei periodi di vacanza, nel laboratorio chimico di cui Esther Ballestrino era direttrice. Nell'intervista concessa per il libro di Javier Cámara e Sebastián Pfaffen Aquel Francisco, che ricostruisce i suoi anni a Córdoba, il Papa la definisce un «capo straordinario» e la ricorda con affetto come la persona che lo introdusse al significato del lavoro - e alla politica. Che cosa pensa Papa Francesco dei militanti comunisti latino-americani? Lo ha spiegato diverse volte in termini teorici, ma il suo ricordo di Esther Ballestrino ci permette di cogliere l'atteggiamento del Papa in un modo vivo e concreto. Il Pontefice definisce la donna come una lavoratrice esemplare: comunista sì, ma devotissima al suo laboratorio dove lavorava dalle sette del mattino alle otto di sera. Verso di lei, come verso tanti altri militanti rivoluzionari latino-americani, il primo moto dell'attuale Pontefice è di simpatia. Non solo simpatia umana, ma condivisione della reazione critica a un certo capitalismo e soprattutto alla presenza del capitalismo degli Stati Uniti in America Latina. 

Di questo anti-americanismo giovanile, riletto alla luce di un'analisi politica più vicina al peronismo, che Bergoglio fiancheggerà in anni successivi legandosi ad alcune sue correnti specifiche - come abbiamo a suo tempo illustrato su queste colonne (clicca qui) - rimarranno sempre tracce nel pensiero del Papa. Ancora da vescovo e da cardinale, scriverà prefazioni a opere di pensatori di area peronista estremamente critiche nei confronti dell'american way of life e del ruolo del grande capitalismo statunitense in America Latina. A una di queste pensatrici peroniste, Amelia Podetti, appena eletto Papa, Francesco farà dare spazio dall'Osservatore Romano. L'anti-americanismo è tipico della cultura politica latino-americana. Di recente ho trascorso un periodo di tempo in Costa Rica e ho constatato quanto radicata sia l'antipatia per gli yanquis, fondata sulla memoria di multinazionali venute come sfruttatrici implacabili dei terreni e delle persone. Di recente qualcosa è cambiato: sono arrivati tanti pensionati statunitensi, che passano gli ultimi anni in Costa Rica dove la vita è meno cara e il clima migliore. Sono persone in gran parte affabili, religiose, generose, molto lontane dallo stereotipo del funzionario di qualche multinazionale delle banane o degli ananas. 

Ma gli stereotipi sono duri a morire. Mi diceva un intellettuale messicano che al massimo i latino-americani con gli Stati Uniti potranno essere buoni vicini, «nel senso che noi siamo buoni e loro, purtroppo, sono vicini». Si deve sempre tenere conto di questa mentalità nel leggere la storia e la politica di Papa Francesco. Con una Esther Ballestrino, il giovane Bergoglio aveva in comune l'anti-americanismo è un certo populismo appresi a scuola e in famiglia. La simpatia, mai venuta meno, si indirizzava a rivoluzionari che certamente non si arricchivano con la rivoluzione o il partito, ma lavoravano duramente e pagavano di persona: e la povera Esther alla fine pagherà con la vita. Ma non c'è nei ricordi di Papa Francesco nessun romanticismo della revolución e nessuna accondiscendenza all'ideologia comunista. Nello stesso libro di Cámara e Pfaffen vediamo Jorge Mario Bergoglio sviluppare una critica dei comunisti latino-americani, che finiscono per infeudarsi all'Unione Sovietica e a una ideologia estranea all'ethos latino e cattolico, cadendo dalla padella degli Stati Uniti nella brace dell'Urss. Questa critica non rimane solo teorica. Negli anni in cui tra i Gesuiti sudamericani va di moda una teologia della liberazione di impronta marxista, la sua opposizione a questa teologia porterà padre Bergoglio, che era stato provinciale, a essere “esiliato” a Córdoba come semplice confessore. Anche lui pagherà di persona.

Queste vicende spiegano perché quello a Cuba e negli Stati Uniti è il viaggio più difficile di Francesco. Il regime cubano lo manipolerà? Non è probabile: è certo. Non si può dimenticare che la propaganda del regime castrista riuscì a manipolare persino la visita di Benedetto XVI a Cuba, presentandola come una benedizione del regime. Farà certamente lo stesso, o di peggio, per Francesco. Ma il Papa pensa dei comunisti cubani, almeno di quelli «di base» e delle origini, quello che pensa di Esther Ballestrino: persone in parte sincere, idealiste, in buona fede, con cui condividere certi spunti critici sugli Stati Uniti e un certo capitalismo, che però legandosi al l'ideologia marxista e accettando l'appoggio sovietico, che non ê stato gratuito da nessun punto di vista, sono diventati parte del problema latino-americano e non della sua soluzione. Quanto di questo Francesco riuscirà a far passare nel corso della visita rimane da vedere.

Più difficile ancora sarà l'impatto con gli Stati Uniti di chi, prima di essere Papa, è stato un intellettuale latino-americano che ha indossato senza scusarsene l'anti-americanismo tipico del suo ambiente culturale di riferimento. Un po' come per i costaricani che incontrano i pensionati del Midwest, così diversi dagli amministratori delegati di una multinazionale, per questo ambiente lo sforzo più difficile è distinguere Wall Street e Hollywood da un'America delle classi medie, delle città più piccole, del vasto mondo rurale, che ha valori opposti a quelli del turbo-capitalismo e del politicamente corretto ed è anzi in prima linea nella critica di certi “poteri forti” statunitensi. Nei discorsi di papa Francesco abbiamo spesso colto la critica, molto dura, di questi poteri forti. Alla scoperta dell'altra America Francesco andrà forse in questo viaggio.

Anche con il mondo cattolico statunitense, almeno con quello più conservatore che ancora esprime una parte importante dei vescovi, Francesco ha un oggettivo terreno di difficoltà. Questo mondo si è battuto con notevole e ammirevole coraggio sui temi della vita e della famiglia. Non è che Francesco non condivida queste battaglie: ha denunciato più volte la «colonizzazione ideologica» del gender e ha mandato regolari messaggi di incoraggiamento alle marce per la vita di Washington. Ma ha un timore, espresso in diverse interviste: che i “poteri forti” alla fine preferiscano una Chiesa che si occupa solo di vita e di famiglia, trascurando i temi della giustizia economica e della critica alla dittatura del profitto e del denaro. I “padroni del mondo” sono disposti a tollerare, per quanto a fatica, e non sempre, una Chiesa rinchiusa nel ridotto pro family, con un'attenzione quasi monotematica al gender, purché non disturbi i manovratori quando si parla di economia e di finanza. 

Un certo mondo cattolico americano critica Francesco perché parla molto di etica economica e un po' meno di etica familiare, e teme che le sue critiche al capitalismo americano, comprese quelle in nome dell'ecologia, siano un assist al socialismo, magari a quello in salsa latino-americana che va di moda in Ecuador o in Bolivia. Questa posizione nei confronti del Papa è, da un certo punto di vista, tipicamente statunitense. Qualche volta tradisce una fiducia ingenua nei confronti del capitalismo e del mercato, che portò gli stessi ambienti ad aggredire papa Benedetto XVI dopo l'enciclica Caritas in veritate, che denunciava - lo si dimentica troppo spesso - gli eccessi del capitalismo finanziario con accenti non troppo dissimili da quelli del Pontefice attuale. Non si può neppure fare finta che nel 2008 non sia successo nulla. La crisi finanziaria mondiale ha mostrato che al capitalismo di Wall Street e dintorni non si può dare fiducia quando afferma di sapersi dare le sue regole da solo.

Quanto alla famiglia, al gender e all'aborto, non sempre questi ambienti americani comprendono esattamente la posizione di Papa Francesco. Il Pontefice l'ha espressa ancora una volta alla vigilia del viaggio, nell'udienza generale dello scorso mercoledì (clicca qui). Sembrava un'udienza di routine, il cui scopo era concludere il lungo ciclo di catechesi sulla famiglia prima del Sinodo. Non lo è stata. Il Papa ha spiegato che la sua triplice battaglia contro la «tecnocrazia economica», contro chi provoca disastri ecologici in nome del profitto e contro le «colonizzazioni ideologiche» che aggrediscono la famiglia, in realtà è una, è la stessa. Gli stessi poteri forti internazionali impongono la dittatura di una finanza senza regole, rovinano l'ambiente e promuovono con ogni mezzo l'ideologia del gender. Sono gli stessi poteri forti: non sono poteri diversi. Criticarli solo sul versante del gender e della famiglia, non andando al cuore del loro dominio, che è economico e finanziario, è riduttivo. 

Naturalmente, è riduttivo - il Papa lo ha ricordato ai “movimenti popolari” latino-americani nei due incontri che ha avuto con loro - anche criticare soltanto le colonizzazioni economiche, dimenticando quelle “ideologiche” del gender e delle politiche anti-familiari. È uno schema certamente diverso da quello dei vescovi e cardinali statunitensi più attivi nel fronte pro family, e non è facile da far capire negli Stati Uniti. È questa la sfida che attende papa Francesco.