La road map Usa per il mondialismo omosessualista
In USA giugno è il Lesbian, Gay, Bisexual and Transgender Pride Month, il mese dell’orgoglio lesbico, gay, bisessuale e transgender. Il presidente Obama ha però fatto capire che si spingerà oltre. Per distruggere a tappe la famiglia naturale...
Negli Stati Uniti, ormai da più di un decennio, giugno è il Lesbian, Gay, Bisexual and Transgender Pride Month, il mese dell’orgoglio lesbico, gay, bisessuale e transgender.
Era il 2000 quando l’allora Presidente Bill Clinton, con la Proclamazione numero 7316, indisse il mese dell’orgoglio gay e lesbico.
Nove anni dopo è stato Obama ad aggiornare le celebrazioni, aggiungendo i bisessuali e i trans: quando il sesso non è biologicamente determinato, ma una scelta individuale, le istituzioni pubbliche devono continuamente inseguire le fantasie dei più creativi nell’ambito della sessualità. Ma nella Proclamazione 8387 di Obama non c’è solo la totale apertura all’ideologia del “gender” (parola che nel documento di Clinton non compariva mai).
L’attuale Presidente, infatti, si è spinto fino a declinare nel dettaglio quei “diritti” che sancirebbero la non discriminazione delle persone in base al loro orientamento sessuale: in particolare la possibilità di adottare figli e il riconoscimento delle unioni civili, che sappiamo bene essere l’antipasto in attesa del piatto forte, il matrimonio omosessuale.
Non è un caso, quindi, che nella Proclamazione del mese dell’orgoglio lesbico, gay, bisessuale e transgender pubblicata dalla Casa Bianca nel 2010, Obama parlasse del molto lavoro ancora necessario per garantire l’uguaglianza delle persone Lgbt: riconoscimento degli stessi diritti delle coppie sposate, abolizione del Defense of marriage act, la legge federale che definisce il matrimonio come l’unione tra un uomo e una donna, e, ancora, via libera all’adozione, per tutelare quelle che testualmente venivano definite le «famiglie Lgbt».
Arriviamo così all’anno scorso, quando nella Proclamazione Obama afferma esplicitamente: «Credo personalmente nell’equiparazione del matrimonio per coppie dello stesso sesso». Un impegno ben preciso dunque, una distruzione a tappe della famiglia naturale iniziata nel 2009 e per la quale Obama ha a disposizione altri tre anni.
Il paziente lavoro non si esaurisce solo all’interno dei confini statunitensi, ma assume l’aspetto di un vero e proprio mondialismo omosessualista.
L’8 giugno del 2012, in un video, l’allora Segretario di Stato Hillary Clinton, proprio in occasione del cosiddetto Pride Month, affermava: «Le ambasciate e le missioni degli Stati Uniti in tutto il Mondo stanno lavorando per difendere i diritti delle persone Lgbt di tutte le razze, le religioni e le nazionalità, come parte della nostra politica globale in tema di diritti umani e come priorità della nostra politica estera».
Hillary Clinton citava, a testimonianza di tutto ciò, gli ambasciatori americani che sfilarono a Riga durante il Baltic Pride e il ruolo degli Usa nell’organizzazione della prima conferenza sul Gay Pride in Albania.
Tra gli altri, si potrebbe citare poi il caso dell’adesione ufficiale di Norman Eisen, ambasciatore Usa in Repubblica Ceca, al Praga Pride del 2012.
La Clinton nel dicembre 2011, parlando a Ginevra in occasione della Giornata dei diritti umani durante un meeting dell’Onu, si espresse nei seguenti termini: «I diritti dei gay sono diritti umani e i diritti umani sono diritti dei gay».
Nel marzo di quest’anno, poi, l’ex Segretario di Stato ha aderito a una campagna per i diritti Lgbt – che viene chiamata Human Rights Campaign, campagna per i diritti umani – per la quale ha espresso il proprio favore per il matrimonio omosessuale.
Ancora nel 2011, poi, Obama sottolineava come gli Stati Uniti avessero guidato una campagna internazionale in seno alle Nazioni Unite affinché il concetto di «orientamento sessuale» fosse introdotto nella risoluzione Onu che sanziona le esecuzioni capitali di omosessuali negli Stati che la prevedono. Sanzioni indiscutibili per la difesa che ogni persona merita in quanto tale, ma che diventano troppo spesso il cavallo di Troia col quale si intende esercitare pressioni internazionali affinché le legislazioni in tutto il mondo riconoscano il matrimonio omosessuale.
In ogni provvedimento, in ogni atto, in ogni parola dell’Amministrazione Obama è presente la voluta confusione tra la necessaria tutela di ogni persona, che scaturisce dalla legge naturale, e l’ideologia del gender, che si nutre di un relativismo che giunge a negare l’identità sessuale.
Un relativismo che inghiotte chiunque lo ostacoli, se si pensa che lo stesso Bill Clinton, che nel 1996 firmò il Defense of marriage act, si è espresso nel marzo scorso a favore della sua cancellazione in un editoriale sul Washington Post. Una confusione nella quale è vietato fare ordine, pena l’essere additati come omofobi.